L’esposizione romana indaga il gusto per il meraviglioso che percorse un’intera epoca, ed ebbe notevoli influenze sull’arte dei secoli successivi
Intrisa di sostanza onirica, colma di magici artifici, pervasa dall’essenza stessa del meraviglioso, questa è l’arte di Giuseppe Arcimboldo (1527-1593), pittore fantastico le cui opere vivono nella passione per tutto ciò che è curioso, nella pazienza certosina con la quale cesella le minuzie che costituiscono la forma del proprio universo. Figura peculiare ma tutt’altro che isolata, come dimostra l’esposizione romana di Palazzo Barberini.
Il percorso della mostra è infatti costruito per esplorare la fascinazione di un’intera epoca per i bestiari e le bizzarrie, dalla derivazione comunque scientifica. Non a caso, nell’autoritratto cartaceo che apre l’esposizione, Arcimboldo si presenta come scienziato, filosofo e inventore, non lontano dal modello leonardesco. Uno studio oggettivo delle cose, in particolare della flora e della fauna, è infatti alla base delle sue creazioni.
Personaggio eccentrico, precursore delle traiettorie surrealiste secondo il giudizio di Kokoschka, Arcimboldo sorprende ancor oggi per l’arguzia del dettato visivo, per la capacità di coinvolgere le nostre menti in un gioco sottile. Nell’invenzione delle figure reversibili, un semplice cesto di frutta si trasforma in un ortolano, così come un piatto di arrosto diviene l’immagine di un cuoco. Nei famosi ritratti, l’uomo diviene un inventario di oggetti, di animali o piante, un insieme composito che è marionetta e robot al tempo stesso.
Non a caso il Maestro si trovò a proprio agio in particolar modo nella corte praghese di Rodolfo II, il sovrano saturnino appassionato d’alchimia, alla disperata ricerca della pietra filosofale in grado di rendere la vita eterna. Sotto il suo regno il manierismo impazza. Nelle nebbie che avvolgono le sbilenche architetture di Praga si scorge la sagoma del Golem, l’uomo d’argilla della tradizione ebraica.
Le figure di Arcimboldo appaiono proprio come uomini artificiali, automi ante-litteram che perturbano le coscienze aprendo l’orizzonte su mondi dominati dal meraviglioso. L’impressione ironica di questi volti inerti si mescola a un fascino stregonesco, una lezione che attecchisce e influenza numerosi artisti praghesi, e trova inoltre corrispondenze inaspettate in luoghi remoti (si pensi alle arguzie visive del giapponese Kuniyoshi, il quale con innocue figure di gattini confezionava teschi spaventosi).
La mostra, dicevamo, non si ferma all’eredità pittorica di Arcimboldo, ma aspira fornire suggestioni più ampie. Ecco allora il Ritratto di Antonietta Gonzales di Lavinia Fontana, ecco l’oggettistica degna delle più fornite wunderkammern imperiali, e ancora gli erbari, i bestiari, le monete, insieme a tutto quello che contribuisce a restituire il clima di un’epoca che voleva indagare il visibile per andare oltre. Il naturale sfocia nell’artificiale, con un senso ludico che non smette di sorprendere e stupire.
Riccardo Cenci
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Arcimboldo
Galleria Nazionale di Arte Antica – Palazzo Barberini
A cura di Sylvia Ferino-Pagden
Orari: martedì-domenica 9.00 – 19.00
Biglietti: intero € 15,00 ridotto € 13
Catalogo: Skyra
www.barberinicorsini.org
www.arcimboldoroma.it
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Immagini
In evidenza:
Giuseppe Arcimboldo
La Terra
1566
Olio su tavola, 70,2×48,7 cm
Vienna, Lichtenstein – The PrincelyCollec- tions
All’interno dell’articolo:
Giuseppe Arcimboldo
Il Giurista
1566
Olio su tela, 64×51 cm Stoccolma, Nationalmuseum
Lavinia Fontana
Ritratto di Antonietta Gonzalez 1595 circa
Olio su tela, 57×46 cm MuséeduChateau de Blois