Banche Venete, dalla Commissione critiche. Ma per Bce, tutto regolare

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Due esponenti della “linea dura” si accodano alle polemiche ed esprimono perplessità. Ma da Francoforte si ribadisce: «Non è stata fatta alcuna eccezione alle norme» per l’Italia

Non si placano le polemiche dopo la decisione dei giorni scorsi che autorizzavano lo Stato italiano a intervenire per il salvataggio di Veneto banca e Popolare di Vicenza (BPVI). Da Francoforte la Banca centrale europea (Bce) ha provato a respingere le critiche che, da più parti, come Eurocomunicazione ha riportato nei giorni scorsi, sono state sollevate contro la soluzione adottata per le banche venete.

   Gunther Oettinger

Le ultime, in ordine di tempo, ma di valore ben diverso come importanza, sono quelle di due dei cosiddetti “falchi” della Commissione europea, il tedesco Guenther Oettinger, responsabile del bilancio Ue, e il finlandese Jyrki Katainen, titolare della crescita. Il vicepresidente della Bce, Vitor Constancio, ha però ribadito: «Non è stata fatta alcuna eccezione alle regole e non è stato concesso alcun privilegio» all’Italia.

Inutile dire che i dubbi, come sempre, che si vogliono diffondere sono che il presidente italiano della Bce, Mario Draghi, stia facendo di tutto per privilegiare l’economia del Belpaese, altrimenti destinata al tracollo. Non va giù, soprattutto ai “nordici”, che da Francoforte s’insista a proseguire con il quantitative easing e a tenere bassi i tassi d’interesse. E ora la liquidazione degli istituti veneti non è stata è proprio digerita.

Il punto più controverso, ovviamente, è stato l’intervento dello Stato, che si è accollato i costi (bad bank) dei due, mettendo subito sul piatto più di 5 miliardi di euro, mentre la parte sana (good bank) è stata ceduta a un solo euro a Intesa Sanpaolo. Il più duro è stato il commissario Oettinger, che ha criticato Bankitalia e le autorità nazionali per come hanno gestito l’operazione.

   Jyrki Katainen

Secondo Katainen, invece, l’opinione pubblica l’ha percepita come un aiuto di Stato, nonostante le norme sul bail-in lo vietino. Proprio perché temeva questo tipo di attacchi, nei giorni scorsi, la commissaria alla concorrenza, Margrethe Vestager, aveva tentato di prevenirli: la decisione sulle banche venete «non ha aggirato le regole», aveva spiegato (come avevamo riportato). Un concetto ripetuto anche dal presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker. La spesa sarà trattata come «una tantum» e «non avrà impatto sulle nostre discussioni sullo sforzo strutturale che l’Italia deve fare per il 2018» ha fatto sapere il vicepresidente Valdis Dombrovskis.

Il fatto che anche due membri dell’esecutivo comunitario abbiano espresso malumori, anche se inascoltati al momento di prendere la decisione dopo mesi che la trattativa con il governo italiano andava avanti, ha costretto a interventi concilianti di buona parte dell’entourage draghiano. Ignazio Angeloni, che fa parte del consiglio di vigilanza della Bce, ha invitato a valutare “seriamente” le critiche. «Una riflessione sistematica su questa esperienza da parte della Commissione può senz’altro essere utile», ha dichiarato, per evitare che sia considerata un «precedente per favorire aggiramenti delle regole in futuro».

Banca Intesa, intanto, va avanti. In un incontro con i sindacati, i vertici dell’istituto hanno comunicato che le circa 600 filiali da dismettere (su un totale di oltre seimila) saranno chiuse entro il 30 giugno 2019. La banca ha anche confermato che non ci saranno licenziamenti, ma solo uscite volontarie: gli esuberi sono circa 3.900 su un totale di quasi 100mila dipendenti. Resta l’amarezza degli ex amministratori, come riporta l’agenzia Ansa.

«Per me c’è il rammarico per un’occasione persa per il Veneto» – ha commentato l’ex presidente di Banca Popolare di Vicenza, Gianni Mion – «che non è stato capace di trovare una sua linea autonoma, rispettosa delle norme e del mondo che cambiava». Per Mion, comunque, «un’operazione così», come quella che ha portato alla liquidazione di Veneto Banca e Popolare di Vicenza, «non si fa in 24 ore. Quindi vuol dire che l’avevano studiata, penso. Ma non c’è niente di male».

   Gianni Mion

In ogni caso, come sostiene l’ex presidente Bpvi, per le banche venete ora sarà più semplice trovare una soluzione sulle sofferenze: «prima c’era quest’ansia di venderle» – ha spiegato Mion – «adesso possono muoversi con una maggiore flessibilità e tranquillità, creeranno anche meno traumi a livello locale». Anche il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha spiegato che «non c’è» alcuna preoccupazione per lo Stato «perché le risorse saranno tratte dal fondo» di 20 miliardi per le banche in crisi. «Siamo molto fiduciosi» di recuperare i miliardi spesi con la gestione della “bad bank“, valutata dal Tesoro 11,6 miliardi in base alle stime di Bankitalia.

Dalle colonne del settimanale tedesco Wirtschaft Woche, infine, Padoan ha poi replicato ai malumori circolati in Europa per le modalità di liquidazione di Veneto Banca e Popolare di Vicenza, letta da qualcuno come un aggiramento delle regole sul bail in. Ai tedeschi Padoan ha ricordato che le norme sulle risoluzioni bancarie sono state approntate «dopo che molti Paesi hanno affrontato la crisi finanziaria del 2008 usando enormi quantità di denaro pubblico». Precisamente «centinaia di miliardi in Germania e nel Regno Unito», ha dichiarato, mentre «la spesa pubblica per le nostre banche è limitata finora a circa un miliardo di euro». «Senza l’intervento del governo le banche avrebbero immediatamente sospeso tutti i servizi» con «gravi danni all’economia di una regione con un Pil pari a quello di Estonia, Lituania, Lettonia e Slovacchia sommati insieme».

 

Margit Szucs

Foto © Financial Tribune, European Union, MF Fashion

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