Calcio & politica: gli dèi del pallone veglino su Macedonia-Albania

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Il calendario delle qualificazioni ai Mondiali di Russia mette contro due nazioni i cui rapporti negli ultimi mesi sono peggiorati per via di forti tensioni etniche

Ancora una volta lo sport rischia di essere sopraffatto da vicende che di sportivo non hanno nulla. Ancora una volta la paura di possibili scontri a carattere etnico tra tifosi fa da contorno a una gara. Ancora una volta nei turbolenti Balcani. A 27 anni dagli incidenti tra nazionalisti serbi e croati alla “partita maledetta”, quel Dinamo Zagabria–Stella Rossa che di fatto anticipò di un anno la guerra in Jugoslavia, e a tre dai violenti fatti di Belgrado, quando un drone inneggiante all’Albania etnica scatenò una maxirissa tra ultras serbi e giocatori albanesi, un’altra partita fa correre brividi lungo la schiena, e non per motivi agonistici: è Macedonia-Albania, in calendario il 5 settembre per le qualificazioni al mondiale di Russia del prossimo anno. Una gara che poco o nulla inciderà sul destino sportivo delle due nazionali (i padroni di casa sono ormai fuori, gli ospiti hanno scarse possibilità di qualificarsi), ma rischia di accentuare invece le tensioni tra le due nazioni e in particolare tra abitanti di etnia macedone e quella albanese dell’ex repubblica jugoslava, proprio perché giunge alla fine di un anno che la Macedonia ha vissuto pericolosamente.

A inizio gennaio tra il premier socialista Zoran Zaev (foto a sinistra), al governo con il sostegno dei partiti albanesi, e il presidente della Repubblica Gjorgi Ivanov, appoggiato da conservatori e nazionalisti che accusano Zaev di voler destabilizzare la Macedonia per compiacere i suoi alleati, si è aperta una frattura istituzionale ricomposta a fatica nella tarda primavera. Ma nei confini della FYROM il clima di astio nei confronti di quel 20 per cento di abitanti di etnia albanese è rimasto, per via di una convivenza che i tanti motivi di attrito hanno reso incandescente: dalle accuse verso Tirana di ingerenza negli affari interni alla pessima decisione del neo-presidente del Parlamento di Skopje di farsi ritrarre, il primo giorno di incarico, accanto a una bandiera macedone e una albanese; dalla richiesta di modificare la costituzione per avere due lingue nazionali, alle frequenti uscite del premier albanese Edi Rama in favore di una riunificazione dell’Albania con il Kosovo, che fanno paventare ai macedoni un analogo disegno geopolitico per quel terzo di territorio nazionale a maggioranza albanese.

Fiutato il vento di tempesta, l’UEFA è corsa ai ripari, concordando con la FFM (la federazione calcistica macedone) un cambio di campo: la gara tra i giallorossi capitanati da Goran Pandev e i rossoneri allenati dal nostro Christian Panucci non si disputerà nel moderno stadio “Filippo II” di Skopje, dove finora la nazionale ha giocato le gare casalinghe, ma in un piccolo impianto a Strumica (foto a destra), cittadina al confine con la Bulgaria. I motivi della scelta sono legati all’ordine pubblico: a Skopje vivono circa 100mila abitanti di etnia albanese e il massimo organismo calcistico europeo teme che provocazioni da ambo le parti siano in grado di infiammare ancor di più gli animi e trasformare la capitale in un campo di battaglia tra i due gruppi etnici, a cui potrebbero unirsi frange violente della tifoseria di casa e gruppi politicizzati di ultras provenienti dalla vicina Albania.

A Nyon, in Svizzera, non è sfuggito quanto accaduto lo scorso aprile durante il derby di Skopje, quando i tifosi dello Shkupi (la squadra dei quartieri albanesi della città) hanno provocato i rivali del FC Vardar facendo volteggiare sul campo, come accaduto in Serbia-Albania di tre anni fa (foto), un drone con la bandiera della Grande Albania. E anche se stavolta la maxirissa non c’è stata, per l’UEFA ce n’era abbastanza per considerare il match del 5 settembre prossimo una gara ad alto rischio incidenti. Meglio dunque una località più piccola, più distante e soprattutto etnicamente omogenea: la popolazione di Strumica è infatti composta quasi per la totalità da macedoni. Ma proprio per questo a Tirana non ci stanno. Per la federazione albanese lo stadio “Mladost” ha una capienza troppo limitata (6.500 posti) per ospitare una gara valida per la Coppa del Mondo, che sommata alla distanza, alle poche centinaia di biglietti messi a disposizione dell’Albania e all’assenza residenti di etnia albanese tra i potenziali tifosi locali significa un evidente svantaggio per le Aquile rossonere. «Proprio perché si tratta di un match delicato, l’Uefa non doveva autorizzarlo in uno stadio che non rispetta minimamente i requisiti per una gara internazionale», fanno sapere dalla FSHF.

La speranza, a questo punto, è che si sia trattato solo di un eccesso di prudenza e che in campo si giochi solo a calcio: in tal senso fa bene sapere che il difensore Žuta, il centrocampista Hasani e l’attaccante Ibraimi della nazionale giallorossa sono di etnia albanese, e che il difensore di quella rossonera Naser Aliji è nato in Macedonia.

Alessandro Ronga
Foto © Twitter/Wikicommons/YouTube

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Alessandro Ronga
Giornalista e blogger, si occupa di Russia e dei Paesi dell'ex Urss. Scrive per il quotidiano "L'Opinione" e per la rivista online di geopolitica "Affari Internazionali". Ha collaborato per il settimanale "Il Punto". Nel 2007 ha pubblicato un saggio storico sull’Unione Sovietica del dopo-Stalin.

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