Clima altera tempi di inondazioni causate da fiumi in Europa

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Studio di un team internazionale di ricercatori su Science, ripercussioni su raccolti e sicurezza. In un altro su Scientific Reports estati bollenti saranno normalità

I cambiamenti climatici stanno stravolgendo anche la tempistica delle inondazioni primaverili causate dallo straripamento dei fiumi: in molte parti d’Europa arriveranno in anticipo. Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica americana Science, è frutto del lavoro di un team internazionale di ricercatori che comprende anche diverse università italiane. La capacità di prevedere questi fenomeni è importante perché le inondazioni, spiegano i ricercatori, colpiscono nel mondo un numero di persone maggiore di ogni altro pericolo naturale e si calcola che le perdite economiche annue connesse siano di oltre 100 miliardi di dollari.

Analizzando i dati raccolti da oltre 4.200 stazioni idrometriche in 38 Paesi europei tra il 1960 e il 2010, il team è giunto alla conclusione che i cambiamenti climatici stanno alterando anche le dinamiche di straripamento dei fiumi. Dai risultati è emerso che i fiumi straripano in anticipo in primavera nelle regioni occidentali e nord-orientali del Vecchio Continente, e in ritardo intorno al Mare del Nord e in alcuni settori della costa mediterranea. I cambiamenti più significativi finora si sono registrati sulla costa del Nord Atlantico, dal Portogallo al Regno Unito, dove il 50% delle stazioni ha registrato inondazioni in anticipo di almeno 15 giorni nel giro di mezzo secolo. Cambiamenti non da poco perché in grado di «incidere pesantemente su raccolti, sicurezza delle infrastrutture, produzione idroelettrica, fornitura e gestione idrica».

Non bastasse questo, come abbiamo anticipato in questi giorni (vedi link) le estati bollenti saranno la normalità nei prossimi anni. Ora che anche in Italia la morsa del caldo rovente si sta allentando – e si spera anche i record di questi giorni per i roghi –  prepariamoci perché si potrà solo andare ad aumentare. Senza un freno deciso al riscaldamento globale, in futuro l’Europa potrà subire regolarmente ondate di caldo che arriveranno a toccare punte di 55 gradi percepiti. A suggerirlo è uno studio guidato dal  ricercatore italiano Simone Russo, dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), pubblicato dal Joint Research Centre della Commissione europea su Scientific Reports.

Lo scenario scaturisce da un’analisi sull’interazione tra umidità e calore: le proiezioni sviluppate, a seconda di vari modelli climatici, non riguardano quindi la sola temperatura, ma anche quella percepita in base all’umidità. Secondo i ricercatori ondate di caldo oltre 40 gradi, amplificate da un’alta umidità, potrebbero verificarsi anche ogni due anni, con seri rischi per la salute dell’uomo, soprattutto nell’Asia orientale e nella costa orientale americana. Questo è lo scenario previsto con un aumento di 2 gradi della temperatura del globo rispetto ai livelli preindustriali, obiettivo dell’accordo sul clima di Parigi. Ma se la “febbre” del pianeta continuasse a galoppare, i ricercatori stimano che con un aumento di 4 gradi potrebbero verificarsi regolarmente in molte parti del mondo, Europa compresa, delle super ondate di calore anche oltre i 55 gradi percepiti. Una soglia che i ricercatori considerano “criticaper la sopravvivenza umana.

Combinato con la forte umidità il caldo può essere, infatti, molto pericoloso: impedisce al corpo umano di “raffreddarsi” con la sudorazione e può portare a ipertermia. Di conseguenza col riscaldamento globale (“global warming“) senza freni saranno moltissime le persone a rischio di colpi di calore, soprattutto nelle aree densamente popolate di Cina, India e Stati Uniti. In questi giorni, Oltreoceano, le condizioni climatiche stanno mettendo le basi per una stagione da record di uragani. La tempesta “Franklin”, toccando le coste del Messico, è stata appena riclassificata uragano. il primo di una stagione che si prospetta particolarmente intensa. Secondo le previsioni della Noaa, l’agenzia meteo statunitense, quest’anno sono attese dalle 14 alle 19 tempeste tropicali, di cui da 5 a 9 potrebbero trasformarsi in uragani e da 2 a 5 in forti uragani. La stagione, spiega l’agenzia, potrebbe essere «estremamente attiva», anzi, potrebbe rivelarsi «la più attiva dal 2010». C’è infatti il 60% di possibilità che si verifichino eventi «sopra la media».

 

Klivia Böhm

Foto © Daily Mail

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