Come il fallito golpe ha cambiato la politica estera della Turchia

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Da fedelissima alleata degli Usa e in procinto di entrare nell’Ue, ora Ankara ammicca a Mosca e potrebbe sterzare verso il mercato euroasiatico

Il tentato golpe del 16 luglio in Turchia è fallito forse per via di una “soffiata” russa all’intelligence di Ankara: media arabi ed iraniani citano anonime fonti diplomatiche turche, secondo le quali il presidente Recep Tayyip Erdogan sarebbe stato informato dai servizi di Mosca dell’imminenza di un colpo di stato per mano dell’esercito, poche ore prima che effettivamente avesse luogo. Comunicazioni-radio tra alti vertici militari sarebbero state intercettate e decodificate da una stazione di ascolto russa non identificata: potrebbe tuttavia trattarsi di quella dislocata dal GRU (il servizio segreto militare russo) nella vicina Siria, presso la base militare di Hmeimim, dove da settembre sono di stanza i Sukhoj di Mosca impegnati nella lotta contro lo Stato islamico.

Il barometro delle relazioni tra Ankara e Mosca, dopo mesi tumultuosi seguiti all’abbattimento di un bombardiere russo da parte di due caccia turchi al confine con turco-siriano ma anche sulle divergenze relative al futuro di Bashar al-Assad in Siria, da alcune settimane sembra – un po’a sorpresa – essersi assestato sul bello: Erdogan si è scusato dell’incidente, dicendosi pronto a risarcire le vittime, e un vertice a Mosca con Vladimir Putin è stato fissato in agenda per inizio agosto.

Vladimir PutinGià, ma perché la Turchia si è riavvicinata così repentinamente alla Russia? E perché Putin si è mostrato così disponibile verso Erdogan? L’ipotesi più probabile è quella che il presidente turco, resosi conto dei pesanti danni conseguiti alle ritorsioni economiche russe attuate subito dopo l’incidente aereo (che sono andate a colpire in pieno l’agroalimentare turco e il settore turistico, ma anche quello energetico-nucleare), abbia voluto sanare lo “strappo”. Ma c’è anche una seconda ipotesi, più di fantapolitica, ma neppure tanto. Da vari rapporti di intelligence è emerso che in Turchia fin da marzo si erano fatte più insistenti le voci di un possibile golpe, la cui origine il MIT (il controspionaggio turco) imputava a manovre di nazioni straniere, non necessariamente nemiche. E gli strali lanciati all’indomani del fallito putsch fanno intendere che i servizi di Ankara non si fidavano affatto nè della CIA né di altre intelligence “amiche”. Di qui Erdogan potrebbe aver deciso di normalizzare i suoi rapporti con Mosca per avere dai servizi russi delle informazioni sulle attività di quelli occidentali, utili a prendere le dovute contromosse.

Dopo il prossimo vertice russo-turco di Mosca vedremo se, come contropartita, Putin potrebbe aver ottenuto il via libera di Erdogan al gasdotto Turkish Stream, “congelato” dopo le note vicende siriane. Se così fosse, sarebbe uno smacco non da poco agli Usa, che negli ultimi mesi avevano più volte fatto intendere il loro sostegno alla realizzazione del TAP, il gasdotto euro-azero che collegherà il Mar Caspio alla Puglia, ritenuto da Washington strategico per spezzare il dominio russo sulle forniture di gas all’Europa.

FULE TURKEYNon solo: considerato che la repressione post-golpe e il successivo congelamento della Convenzione per i Diritti Umani ha allontanato, di molto, l’ingresso di Ankara nell’Ue, non ci sarebbe poi tanto da meravigliarsi anche di un invito alla Turchia ad entrare nell’ Unione Economica Eurasiatica, lo spazio doganale che vige attualmente tra Russia, Bielorussia (che Erdogan potrebbe visitare prima di recarsi nella capitale russa), Kazakhstan (che con la Turchia condivide già l’appartenenza al Consiglio di Cooperazione dei Stati turcofoni) e Armenia, anche se quest’ultima potrebbe opporsi, per le note vicende che vanno dal genocidio del 1915 alla questione del Nagorno Karabakh.

Se queste sono solo ipotesi, al momento però Putin qualcosa di concreto l’ha già ottenuto, eccome: è riuscito a incrinare l’ “Asse del Mar Nero”, ovvero la partnership politico-militare tra Ucraina e Turchia nata lo scorso inverno in ottica anti-russa, con la benedizione della NATO.

Alessandro Ronga

Foto © Wikicommons

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Alessandro Ronga
Giornalista e blogger, si occupa di Russia e dei Paesi dell'ex Urss. Scrive per il quotidiano "L'Opinione" e per la rivista online di geopolitica "Affari Internazionali". Ha collaborato per il settimanale "Il Punto". Nel 2007 ha pubblicato un saggio storico sull’Unione Sovietica del dopo-Stalin.

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