Il dialogo come chiave di coesistenza multiculturale per il progresso. L’Europa, casa dei diritti umani, fondata su questi, può essere da traino e fare di più
Si celebra oggi in tutto il mondo la Giornata internazionale della diversità culturale per il dialogo e lo sviluppo, appuntamento che acquisisce sempre maggiore rilevanza in specie alla luce delle crescenti criticità connesse all’instabilità politica del Medio Oriente e dei livelli sempre crescenti dei flussi migratori verso l’area mediterranea. Il 2 novembre 2011 è adottata a Parigi all’unanimità, durante la 31esima sessione della Conferenza Generale dell’Unesco, la Dichiarazione Universale sulla diversità culturale. Una stella polare nel mondo della cooperazione internazionale per lo sviluppo e la crescita culturale, documento fondamentale per l’affermazione dei principi di identità, diversità e pluralismo. Strumento democratico, questa dichiarazione, che può costituire oggi la chiave di volta per una interpretazione positiva ed autentica degli attuali scenari internazionali e per l’orientamento fermo e deciso, delle azioni rivolte alla risoluzione delle crisi umanitarie che attanagliano questa difficile epoca storica.
Il significato della cultura. “La cultura deve essere considerata come l’insieme dei tratti distintivi spirituali e materiali, intellettuali e affettivi che caratterizzano una società o un gruppo sociale e che essa include, oltre alle arti e alle lettere, modi di vita di convivenza, sistemi di valori, tradizioni e credenze”. Questa la definizione base, riproposta dall’Unesco nella Dichiarazione di Parigi, in un’ottica di inclusività sociale e civile e costante integrazione e dialogo tra i popoli ed i territori. Dall’altra parte, ma in soluzione di continuità con il concetto di cultura, troviamo quello di “diversità culturale”, cioè quella forma di “interazione armoniosa” e “sollecitazione a vivere insieme di persone e gruppi dalle identità culturali insieme molteplici, varie e dinamiche”.
Il pluralismo culturale è il prodotto, la conseguenza, della diversità culturale che coesiste all’interno di un unico sistema civile e sociale fondato su regole democratiche. Il pluralismo può in questo senso costituire la risposta politica alla realtà del multiculturalismo religioso, etnico, filosofico ed esistenziale. Una diversità culturale che non è scindibile da un quadro democratico, e in tal senso può rappresentare il volano per lo sviluppo delle “capacità creative” a partire dall’interazione tra diverse culture e dalla “contaminazione positiva” dei migliori elementi delle tradizioni e dei popoli, nel rispetto dell’identità culturale e senza distaccarsi dalle proprie radici storiche.
In tal senso la diversità culturale può davvero rappresentare un’opportunità di crescita sociale, politica ed economica, nonché di integrazione anche per il rafforzamento e “riempimento semantico” di quel concetto di Unione europea, ancora non ben delineato. L’Europa, nella misura in cui i sistemi democratici si rivelino all’altezza della situazione e riescano a bilanciare correttamente gli interessi dell’integrazione tra i popoli, e del rispetto della sovranità popolare e del principio di autonomia territoriale, può riappropriarsi del proprio originario significato, oggi in crisi per effetto di un sistema regolatorio considerato troppo rigido ed eccessivamente macchinoso e burocratico e per questo lontano dalle esigenze dei cittadini europei.
Ma multiculturalismo e democrazia oggi vanno insieme: ce lo insegna la storia contemporanea. La più efficiente sperimentazione civile che ha portato alla conversione della disomogeneità sociale in modello di integrazione, è quella del melting pot statunitense, a partire dal principio in base al quale le democrazie non si combattono a vicenda, ma sviluppano relazioni all’interno di una comunità internazionale organizzata che osserva il principio di legalità. Questo sino a questo momento il segreto del successo della democrazia americana, interpretata secondo i canoni dell’inclusione sociale e civile. Inclusione, legalità, condivisione delle regole e rispetto delle stesse. E soprattutto: un punto fermo, quello del perseguimento e dell’implementazione di politiche culturali che assicurino la libera circolazione delle idee.
L’Europa, casa dei diritti umani, su questi fondata, può fare ancora meglio.
Francesca Agostino
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