Grecia, Tribunale Ue: «Bce non deve risarcire banche per perdite subite»

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Gli istituti di credito chiedevano rimborso dopo svalutazione titoli debito ellenico. Ma hanno accettato un rischio elevato per fini di lucro e ora non possono rivalersi contro Francoforte

La Banca centrale europea (Bce) non deve alcun risarcimento alle banche commerciali che hanno comprato titoli del debito greco, poi svalutati: è quanto ha sancito il Tribunale dell’Unione europea. Respinto il ricorso di una società e di un istituto di credito con sede in Francia, la Nausicaa Anadyomene Sas e la Banque d’escompte, che avevano chiesto un rimborso di 11 milioni di euro.

L’iter perseguito dalla Bce nell’ambito della ristrutturazione del debito greco e in particolare nel suo programma di scambio dei titoli di Stato ellenici avviato nel 2012 non comportava, secondo il Tribunale, garanzie sull’assenza di un eventuale insolvenza (default) della Grecia, «né tantomeno un invito, anche solo implicito, ad acquistare o a conservare titoli di Stato greci».

Le banche commerciali «dovevano presumersi a conoscenza della situazione economica altamente instabile che determinava la fluttuazione del valore dei titoli di Stato greci». Esse, dunque, hanno accettato un rischio elevato per fini di lucro e ora non possono rivalersi contro Francoforte.

A fronte della crisi finanziaria e del rischio di default di pagamento della Grecia, la Banca centrale europea (Bce) e le banche centrali nazionali (Bcn) degli Stati membri dell’Eurozona (o Eurosistema), da una parte, e la Grecia, dall’altra, hanno concluso un accordo il 15 febbraio 2012 secondo il quale i titoli di Stato greci detenuti dalla Bce e dalle Bcn sarebbero stati scambiati contro nuovi titoli aventi valore nominale, tasso di interesse e date di scadenza e di pagamento degli interessi identici a quelli dei titoli scambiati, ma con numeri di serie e date di emissione diversi.

Contemporaneamente, le autorità greche e il settore privato hanno concordato uno scambio volontario e uno scarto di garanzia del 53,5 % dei titoli detenuti dagli investitori privati [Private Sector Involvement (PSI)]. L’Eurogruppo contava su una massiccia partecipazione degli investitori privati a tale scambio volontario di titoli (Dichiarazione dell’Eurogruppo del 21 febbraio 2012). Con legge del 23 febbraio 2012, la Grecia ha proceduto a scambiare l’insieme di tali titoli – compresi quelli detenuti da investitori che avevano rifiutato l’offerta di scambio volontario – grazie all’applicazione di una «clausola di azione collettiva» (Cac). I detentori privati hanno allora visto il valore nominale dei titoli scambiati ridursi del 53,5% rispetto a quello dei titoli iniziali.

Inoltre, con decisione del 5 marzo 2012 [Decisione 2012/153/UE sull’idoneità degli strumenti di debito negoziabili emessi o integralmente garantiti dalla Repubblica ellenica nell’ambito dell’offerta di scambio del debito della Repubblica ellenica (BCE/2012/3) (GU L 77, pag. 19)], la Bce ha stabilito, come garanzia per le operazioni creditizie dell’Eurosistema, di subordinare l’utilizzo dei titoli di Stato greci non soddisfacenti i requisiti minimi dell’Eurozona in materia di soglie di qualità creditizia alla concessione, da parte della Grecia a favore delle Bcn, di un rafforzamento creditizio, sotto forma di programma di riacquisto.

Una società e un istituto creditizio detentrici di titoli di Stato greci, entrambe con sede in Francia, chiesero al Tribunale dell’Ue di condannare la Bce a risarcire i danni che le misure da essa adottate, e, in particolare, la decisione del 5 marzo 2012, avrebbero loro cagionato, quantificabili in 11 milioni di euro. Esse accusavano la Bce di aver violato il legittimo affidamento dei detentori privati, il principio della certezza del diritto e il principio della parità di trattamento degli investitori privati. Con l’odierna sentenza, il Tribunale respinge il ricorso ed esclude in tal modo ogni responsabilità della Banca centrale europea, confermando quanto già dichiarato in relazione alle persone fisiche detentrici di titoli di Stato greci (Sentenza del 7 ottobre 2015, Accorinti e a./BCE (T-79/13, v. comunicato stampa n. 119/15).

Il Tribunale osserva che le banche commerciali non possono avvalersi del principio di tutela del legittimo affidamento né del principio della certezza del diritto in un settore, come quello della politica monetaria, il cui oggetto comporta un costante adeguamento in funzione delle variazioni della situazione economica. Ad avviso del Tribunale, nessuna dichiarazione e nessun atto della Bce può essere interpretato come un incoraggiamento rivolto agli investitori ad acquistare o a conservare dei titoli di Stato greci, dato che la Bce si è limitata a ristabilire la qualità di garanzia di tali titoli al fine di conservare provvisoriamente la stabilità e il buon funzionamento dell’Eurosistema a fronte delle circostanze eccezionali esistenti sul mercato finanziario nonché della perturbazione della normale valutazione dei titoli di Stato greci. La politica della Bce non comportava, dunque, assicurazioni precise, incondizionate e concordanti intese a garantire l’assenza di un eventuale default della Grecia, né tantomeno un invito, anche solo implicito, ad acquistare o a conservare titoli di Stato greci. Inoltre, in quanto operatori diligenti e avveduti, le banche commerciali dovevano presumersi a conoscenza della situazione economica altamente instabile che determinava la fluttuazione del valore dei titoli di Stato greci, nonché del rischio non trascurabile di un default della Grecia. Pertanto, esse non potevano riporre affidamento su un mantenimento provvisorio, da parte della Bce, dell’idoneità di detti titoli, cosicché hanno effettuato investimenti con un rischio elevato.

Il Tribunale afferma, poi, che il principio generale della parità di trattamento non può trovare applicazione nel caso di specie, poiché le banche commerciali che hanno acquistato titoli di Stato greci, da un lato, e la Bce e le Bcn, dall’altro, non si trovavano in situazioni paragonabili: infatti, procedendo all’acquisto di titoli di Stato greci, la Bce e le banche centrali nazionali hanno agito nell’esercizio dei loro compiti fondamentali, con l’obiettivo del mantenimento della stabilità dei prezzi e della corretta gestione della politica monetaria. L’obbligo imposto alla Grecia di fornire un supporto di credito a beneficio delle banche centrali nazionali sotto forma di programma di riacquisto assicurava il mantenimento del margine di manovra delle banche centrali dell’Eurosistema e aveva dunque ad oggetto una situazione che non era paragonabile a quella in cui si trovavano gli investitori privati. Queste considerazioni valgono anche rispetto alla situazione delle banche o delle società commerciali che hanno acquistato e detenuto titoli di Stato greci perseguendo finalità di lucro (vale a dire, con lo scopo di ottenere il rendimento massimo dai loro investimenti).

 

Pierfrancesco Mailli

Foto © Corte di Giustizia dell’Unione europea

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