Le tensioni interne sull’adesione di Podgorica alla Nato hanno provocato una guerra di dichiarazioni tra il premier Djukanovic e la Russia
L’ex repubblica jugoslava del Montenegro è da metà ottobre teatro di violente proteste antigovernative da parte dell’opposizione del Fronte Democratico, rivolte in particolare alla decisione dell’esecutivo di aderire alla Nato: gli incidenti più cruenti si sono verificati sabato scorso nella capitale Podgorica, dove manifestanti dell’opposizione, riunitisi davanti al parlamento per chiedere le dimissioni del premier Milo Djukanovic e nuove elezioni, sono stati dispersi a fatica dalle forze di polizia con l’ausilio di lacrimogeni. Intervenendo sulla vicenda, Djukanovic ha addossato le responsabilità delle violenze a gruppi nazionalisti serbi, accusando la Russia di dar loro sostegno nel tentativo di provocare un cambio di regime in Montenegro.
«Non ci sono dubbi che la Russia abbia, e continui a giocare, un ruolo attivo nell’organizzazione delle proteste antigovernative a Podgorica»: queste le dure affermazioni del primo ministro montenegrino, riferite in particolare al comunicato stampa apparso a inizio ottobre sul sito del Ministero degli Esteri russo, secondo cui il processo d’integrazione euro-atlantica del Montenegro avrebbe provocato «un’esacerbazione dei problemi socio-economici» del Paese.
Secca la replica da Mosca: attraverso una nota il Ministero degli Esteri russo ha accusato Djukanovic di rilasciare dichiarazioni prive di un qualsiasi riscontro, poichè non esiste alcuna prova atta a dimostrare un coinvolgimento russo. «Accuse inconsistenti che non meritano risposta», è stato il commento del portavoce di Putin, Dmitrij Peskov.
Salvo scossoni politici, il processo d’ingresso di Podgorica nella Nato dovrebbe partire alla fine del 2016.
Alessandro Ronga
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