Il problema immigrazione prioritario per l’Europa

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La sfida più difficile di fronte alla quale è posta l’Ue è mettere in pratica il principio solidaristico mantenendo alto il livello della sicurezza

A tutti è chiaro quanto il problema migratorio sia cruciale per i destini dell’Unione europea. Due anni e mezzo fa, all’inizio del suo mandato, la Commissione europea aveva identificato la necessità di una nuova politica in materia, proponendo una strategia per affrontare quanto prima la crisi in corso e dotare l’Unione europea degli strumenti adatti per gestire meglio le frontiere, la migrazione clandestina, l’asilo e la migrazione legale. Una urgenza che non può più aspettare, incalzata dai continui e massicci arrivi sulle sponde sud dell’Unione.

Le priorità dell’Europa si sono ridotte attorno ai temi più sensibili per i suoi cittadini: sicurezza, lotta al terrorismo, misure per l’occupazione e gestione migratoria. Sono queste le sfide sulle quali si misurerà la tenuta dell’Europa del dopo Brexit.

Prima a Roma al Sessantesimo anniversario dei Trattati poi al Vertice europeo del 22-23 giugno a Bruxelles, sia la Commissione europea che il Parlamento europeo hanno ricordato ancora una volta agli Stati membri l’importanza di ritrovare un’Unione di responsabilità e solidarietà, condividendo l’onere dell’accoglienza, con controlli comuni alle frontiere e azioni virtuose per un maggior sviluppo economico del Vecchio Continente. La procedura d’infrazione contro Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca aperta poche settimane fa dalla Commissione europea per la mancata ricollocazione dei profughi da Italia e Grecia rappresenta un segnale importante in merito.

Un’altra misura concreta avviata dalla Commissione europea è il processo di riforma del sistema europeo comune di asilo e misure per garantire percorsi più sicuri e organizzati di migrazione legale verso l’Europa. Un altro tema legato a doppio filo è la questione dell’integrazione attraverso il lavoro, con il Piano d’azione sull’integrazione dei cittadini di Paesi terzi, presentato dalla Commissione a giugno.

E proprio in questa direzione che va l’impegno di un player centrale per l’Ue come la Germania di ricollocare i migranti con un’accoglienza aldilà dei calcoli aritmetici, con oltre un milione di persone richiedenti asilo. Un compito al quale nessuno Stato membro, pur considerando la specificità e le diverse esigenze, non dovrebbe più sottrarsi.

Resta la questione di gestire al meglio le politiche di accoglienza, ricollocazione e rimpatri, con un occhio vigile alla sicurezza che allarma i cittadini. La doverosa accoglienza verso chi fugge dalle guerre non può significare, comunque, un’apertura generalizzata. Ecco perché bisogna in primis gestire nella maniera migliore il controllo delle frontiere esterne, mantenendo il caposaldo della libera circolazione dei cittadini all’interno dell’Ue.

L’Agenda europea sulla migrazione, varata nel maggio 2015, risponde all’esigenza di agire di fronte al dramma umano che si sta consumando nel Mediterraneo, contrastando nel contempo la rete criminale dei trafficanti di esseri umani. Collaborazione con i Paesi terzi, funzionamento delle procedure di rimpatrio, ricollocazione dei migranti, gestione delle frontiere e partecipazione equa di tutti gli Stati membri allo sforzo comune sono i caposaldi del documento. Queste le premesse teoriche, la cui attuazione concreta si è rivelata più ardua del previsto.

La sfida più difficile di fronte alla quale è posta l’Europa è mettere in pratica il principio solidaristico mantenendo alto il livello della sicurezza. Un obiettivo ancora in alto mare perché il bilancio, dopo poco più di un anno, mostra tutte le criticità dell’onere della condivisione, con meno del 5% dei migranti, arrivati sulle coste greche e italiane, ricollocati negli altri Stati membri. Una cifra lontana dall’obiettivo della completa ricollocazione entro quest’anno. Lo stesso dicasi per le richieste di rafforzamento del fronte sud con personale specializzato di frontiera o esperti in materia di procedure d’asilo. Proprio lo scorso aprile la Commissione aveva avviato il processo di riforma dell’attuale sistema comune d’asilo creando una vera Agenzia europea che renda più veloci le procedure di richiesta e il suo processo decisionale, favorendo nel contempo l’integrazione di coloro che hanno diritto alla protezione internazionale, scoraggiando i non aventi diritto. Ad oggi sembrano affondate nel Mediterraneo le richieste del commissario europeo Dimitris Avramopoulos, che la scorsa estate aveva esortato i ministri dell’Interno dei 27 a soddisfare i loro obblighi d’accoglienza.

Ma ci sono anche passi in avanti importanti. Dalla Guardia costiera Ue per vigilare le nostre frontiere più sensibili, Italia, Grecia, Bulgaria e Spagna al rafforzamento dell’Agenzia europea per il controllo delle frontiere esterne (Frontex) – da ottobre operativa anche con compiti di guardia costiera e di frontiera assieme alle autorità nazionali. Poi l’operazione di contrasto dei trafficanti e contrabbando di esseri umani (EUNAVFOR-MED), alla quale hanno aderito sinora venticinque Paesi, eSophia” – operazione avviata nel giugno 2015 sulla scia di Mare Nostrum e che ha già salvato oltre 30.000 persone, oltre ad aver contribuito all’arresto di 103 scafisti e neutralizzato oltre 400 imbarcazioni, al lavoro di Europol e dell’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (EASO), che stanno aiutando l’Italia per le imbarcazioni di salvataggio, nei porti e nei centri di accoglienza e di trattamento.

O al miliardo di euro mobilitato a fine anno del Fondo fiduciario di emergenza per l’Africa per la lotta contro la migrazione irregolare.  L’Italia ha inoltre ricevuto più di 24 milioni di euro di aiuti d’emergenza, oltre ai quasi 600 milioni di assistenza previsti per la gestione delle frontiere e della migrazione per il periodo 2014-2020.

Fra i nuovi obiettivi previsti, in linea con la risoluzione 2292 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, l’addestramento della guardia costiera libica per rafforzare il controllo delle proprie coste e contrastare il traffico di armi dirette ai terroristi del sedicente Stato Islamico. Un altro tassello importante è l’accordo sui migranti raggiunto con la Turchia che dopo un anno sembra dare i primi risultati concreti, con riduzione significativa di vittime e arrivi e con rientro di migranti irregolari in Turchia.

Si tratta di un delicato lavoro diplomatico che ha bisogno di tempo, mentre l’emergenza è già arrivata al nervo scoperto dei cittadini europei, ancora alle prese con l’onda lunga della crisi economica. Ecco perché la crisi migratoria ha bisogno di risposte immediate e deve essere risolta il prima possibile. Un accordo dei 27 sarebbe fondamentale non solo per affrontare l’emergenza ma soprattutto per mettere le basi per gestire al meglio un flusso che non si fermerà nei prossimi anni. Inazione o divisione significherebbe regalare il nostro Continente ai movimenti populisti e alle derive nazionalistiche. Pur se Francia e Paesi Bassi hanno risposto con l’elezione di candidati pro europei alle verifiche politiche nazionali, il rischio di dissoluzione rimane alto. Il cantiere Europa saprà sopravvivere solo fornendo risposte concrete ai problemi concreti dei cittadini che singoli Stati non possono affrontare da soli. E una di queste è la gestione condivisa dei fenomeni migratori.

 

Andrea Maresi & Riccardo Cenci

Foto © Daily Express

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