Oltre settanta pregevoli opere provenienti dal Patrimonio Nacional in mostra a Roma. Nei giorni di Pasqua c’è già stato il record di visitatori
Il volto di Salomè, leggermente inclinato sulla destra, e quello della madre Erodiade, piegato sul lato opposto, emergono dalle tenebre profonde della psiche come se appartenessero al medesimo corpo. Un volto di giovane e uno di vecchia paiono scaturire da un unico ceppo di malvagità. La testa del Battista, nella sua ineluttabile evidenza, giace nel vassoio, mentre il carnefice si presenta di spalle, diversamente dall’altra nota declinazione del medesimo soggetto, conservata a Londra, nella quale mostra l’orrendo trofeo con tronfia protervia.
Lo spettatore non può non restare impressionato da questa manifestazione del genio caravaggesco, posta ad apertura della mostra Da Caravaggio a Bernini: capolavori del Seicento italiano nelle collezioni di Spagna, ospitata presso le Scuderie del Quirinale. La Salomè con la testa del Battista di Madrid, dipinta durante il primo soggiorno del Merisi a Napoli, ha tutta la cruda evidenza delle sue più note narrazioni. E pensare che, a lungo, fu declassata come opera di seguaci, dipinta nello stile del Maestro. Il recente restauro le ha restituito tutta la leggibilità e la forza di un segno formidabilmente intenso.
Anche la gigantesca personalità di Velázquez trova spazio nell’esposizione. La tunica di Giuseppe, dipinta dopo il rientro del Maestro dall’Italia, intorno al 1631, incarna ugualmente un’esigenza di veridicità concreta. L’inganno perpetrato ai danni del proprio genitore dai figli di Giacobbe, i quali recano la falsa notizia della morte del prediletto Giuseppe, ha un’intensità emotiva devastante. Come nel mito di Ulisse, solo il cane si rende conto di quanto sta accadendo, solo l’animale è consapevole dell’inganno. Il suo vano abbaiare contribuisce ad accentuare il carattere drammatico della scena.
L’ombra del Caravaggio segue da presso il Guercino. In Lot e le figlie il vecchio, sfuggito alla distruzione della peccaminosa Sodoma ma rimasto privo della moglie, trasformata in una statua di sale per non aver resistito alla tentazione di guardarsi indietro, viene reso ebbro e sedotto dalla propria progenie per seguitare la stirpe. Mentre sullo sfondo ardono ancora le fiamme, il pittore mostra l’intreccio dei tre protagonisti, il sottile vortice di sguardi e di gesti che, di lì a breve, sfocerà nell’incesto.
Di un’aspra rivalità ci parla poi Giovanni Baglione, denigrato dal Caravaggio e per ciò denunciato per diffamazione. Eppure i due Profili di giovani non possono non incuriosire per il gusto arcaico della composizione, nonché affascinare per la loro somma maestria pittorica. In un ambito ben diverso ci trasporta invece Federico Barocci, che nella Vocazione di San Pietro e Sant’Andrea sfoggia i suoi tipici colori vaporosi e sfumati.
Una esposizione che testimonia le intense dinamiche fra il nostro Paese e la Spagna nel XVI° secolo. Le acquisizioni degli alti dignitari della monarchia iberica, quanto i doni diplomatici, tracciano le linee di un collezionismo estremamente vivo e prezioso. La monarchia di Carlo II sceglie addirittura il napoletano Luca Giordano per celebrare i fasti del proprio regno. La sua velocità esecutiva diviene proverbiale, così come la capacità di assecondare il gusto della committenza. Si pensi alla Cattura di Cristo, non immemore delle grandi composizioni scenografiche e delle impervie prospettive create dal Tintoretto, o dalla vocazione barocca di un Lanfranco o dello stesso Bernini. L’avvitamento delle figure innesca un inarrestabile dinamismo, orchestrato da una sapiente intelligenza luministica.
L’eredità di Luca Giordano presso la corte spagnola verrà raccolta da Francesco Solimena, come testimonia l’Ecce homo conservato presso il Palacio Real de Aranjuez, opera forse non immune da interventi di bottega, causa la cecità incipiente dell’artista, comunque colma di un toccante patetismo.
Dinamiche opposte portano invece José de Ribera a Roma e, successivamente, a Napoli. Spirito indipendente, ancorché nella fase romana consapevole degli esiti caravaggeschi. La sua grandezza consiste proprio nell’aver raccolto l’esigenza di realtà introdotta dal Merisi, declinandola alla propria maniera. Si pensi al Giacobbe con il gregge di Labano dell’Escorial, alla sua intrinseca e peculiare drammaticità.
Da Ribera a Guido Reni, perché fra i due ci fu reciproca ammirazione, pur negli esiti pittorici profondamente dissimili. La conversione di Saulo, riconquistata al catalogo del pittore bolognese, parla di una maniera del tutto estranea al pensiero caravaggesco. Qui non siamo di fronte alla ricerca del reale, ma alla somma idealizzazione. La torsione del destriero presenta vaghe suggestioni del Parmigianino, mentre la figura del santo non ha nulla del tormento presente nel medesimo soggetto trattato dal Merisi. Qui siamo già oltre, totalmente al di fuori del vissuto.
Non solo pittura. Il magnifico crocifisso di Bernini proveniente dall’Escorial, di rado esposto al pubblico, è solo uno dei preziosi pezzi di scultura presenti in mostra.
Riccardo Cenci
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TITOLO Da Caravaggio a Bernini. Capolavori del Seicento italiano nelle Collezioni Reali di Spagna
SEDE Scuderie del Quirinale, Via XXIV Maggio 16, Roma
PERIODO 14 aprile – 30 luglio 2017
A CURA DI Gonzalo Redín Michaus
ORARI Domenica – giovedì dalle 10.00 alle 20.00; Venerdì e sabato dalle 10.00 alle 22.30 Non si effettua chiusura settimanale; La biglietteria chiude un’ora prima
INGRESSO Intero € 12,00 – Ridotto € 9,50
PRENOTAZIONI, VISITE GUIDATE, SITO INTERNET Tel. +39.06.39967500 – www.scuderiequirinale.it
CATALOGO: Skira
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