Sono costati miliardi di euro al made in Italy l’embargo deciso da Mosca in risposta alle misure di restrizione o blocco dei rapporti d’affari e commerciali deliberate il 28/06
Dallo scoppio della crisi Ucraina il braccio di ferro tra la Federazione russa e l’Unione europea si è fatto sempre più intenso e ha travalicato gli aspetti politici, è stato interessato anche il piano economico con ripercussioni negative per i vari Paesi europei interessati. L’agroalimentare è uno dei settori colpito maggiormente dall’embargo voluto dalla Russia con il decreto che risale al 7 agosto del 2014 come ritorsione alle sanzioni europee. Proprio ieri la Coldiretti ha dato notizia del decreto firmato in questi giorni (in risposta alle sanzioni europee di cui abbiamo scritto recentemente) dal presidente russo Vladimir Putin che proroga l’embargo su prodotti agricoli, lattiero caseari, carni e altri alimenti fino al 31 dicembre del 2018. Anche altri comparti sono stati colpiti dall’embargo come macchinari medici, farmaci salvavita, prodotti dell’industria leggera, veicoli di produzione straniera questi in maggioranza provenienti dalla Germania.
L’Italia paga un prezzo molto alto per le controsanzioni russe e si classifica al secondo posto in Europa per le perdite complessive stimate a 8 miliardi di euro l’anno. Prima del peggioramento delle relazioni Russia-Ue l’Italia era il secondo esportatore verso la Russia con un interscambio pari a 40 miliardi di euro e una crescita dell’8% annuo. Le sanzioni hanno danneggiato il made in Italy da quello alimentare come accennato, alla meccanica, ai mobili. Secondo una analisi del Wifo il Belpaese ha perso, a causa delle controsanzioni, 80.000 posti di lavoro con un -36 (meno trentasei) nel comparto del metallo, -34 nel settore alimentare e -31 nei prodotti di abbigliamento. Secondo dati della Banca d’Italia anche il turismo ne ha subito conseguenze in quanto in questi anni l’Italia ha avuto una contrazione di turisti russi superiore al 27%. Oltre ai danni diretti, ci sono da quantificare anche i danni indiretti, dovuti alla perdita di immagine di nostri prodotti e di mercato provocato dalla diffusione in Russia di prodotti di imitazione, provenienti da altri Paesi del mondo quali Argentina, Armenia, Cile, Cina, Egitto, Israele, Marocco Sudafrica. Turchia e Uzbekistan. Così in Russia si stanno affermando nell’agroalimentare “prodotti Made in Italy taroccati” dal salame Italia alla mozzarella “Casa Italia” alla Robiola “Buona Italia” ma anche la mortadella “Milano”, il “Parmesan” o la burrata tutti rigorosamente realizzati in Russia.
Coinvolta anche la ristorazione italiana riconosciuta a livello mondiale come una “eccellenza”. Dopo una rapida esplosione nelle grandi città come Mosca o San Pietroburgo di ristoranti ove si “cucina con prodotti italiani” la ristorazione del Belpaese rischia di essere frenata per la mancanza di ingredienti principali. I nostri piatti tradizionali sono spariti dai menù sostituiti da prodotti locali o esteri. Nell’Unione europea stanno sorgendo molti movimenti politici e governi che chiedono una interruzione delle sanzioni alla Russia minacciando di agire unilateralmente. La Commissione europea, da parte sua ha annunciato da sabato 1° luglio misure eccezionali a favore dei produttori di frutti deperibili colpiti dall’embargo russo. La misura riguarda 12 Paesi membri dell’Ue a cui verranno applicati sostegni finanziari ai produttori che ne hanno più bisogno. Si tratta di 165.000 tonnellate di frutta suddivise in quattro categorie di specie, mele e pere, prugne, agrumi, pesche e pesche noci. Ancora una volta il settore agroalimentare è divenuto merce di scambio nelle trattative internazionali «senza alcuna considerazione del pesante impatto che ciò comporta sul piano economico e occupazionale» ha affermato il presidente della Coldiretti italiana Roberto Moncalvo, che ha sottolineato che «si tratta di un costo insostenibile per l’Italia e l’Unione europea ed è importante che si riprenda al più presto la via del dialogo».
Giancarlo Cocco
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