La Gran Bretagna esce dalla Ue. La fine di un’utopia

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Discussion between David Cameron, British Prime Minister, on the right, and Jean-Claude Juncker

Borse nel panico e sterlina a picco. Scozia e Irlanda del Nord vorrebbero uscire dal Regno Unito. Si preannunciano mesi difficili, sia in UK che in altri Paesi a rischio referendum

Quel cappio di cui parlavamo in un recente articolo, nel quale il premier David Cameron ha volontariamente infilato il collo per arginare il malcontento all’interno del proprio partito, si è definitivamente stretto. La Gran Bretagna esce dalla Ue dopo una notte tesa, caratterizzata da continui ribaltamenti di fronte. Il vantaggio dell’una e dell’altra parte si è alla fine concretizzato in un sorpasso della maggioranza euroscettica. I sondaggi, che davano in vantaggio il partito del Remain, sono stati clamorosamente smentiti. L’inquilino di Downing Street, sconfitto senza appello, appare prossimo alle dimissioni.

Dal punto di vista concreto, il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi prepara le contromisure per affrontare l’instabilità dei mercati. Riguardo le ripercussioni politiche, i vertici della Ue si riuniranno lunedì prossimo per valutare la situazione. Il rischio ora è quello di una reazione a catena dalle conseguenze imprevedibili. L’esultanza dei leader anti europei lascia infatti presagire un’ondata referendaria di ampie proporzioni. In un momento in cui la sfiducia dei cittadini verso l’Europa è in continua crescita, occorre mettere in campo politiche concrete, che riducano il disagio sociale e le diseguaglianze, fornendo nel contempo soluzioni alle crisi migratorie, vero ago della bilancia elettorale.

Alcune riflessioni sono d’obbligo in un momento tanto drammatico per il futuro dell’Unione.  L’uscita della Gran Bretagna era già implicita nelle condizioni della sua adesione. Quella sorta di statuto speciale del quale ha sempre goduto, che le ha permesso ad esempio di mantenere la propria moneta nazionale, rappresentava un’anomalia all’interno della Ue. I recenti trattati di febbraio, con i quali si doveva convincere l’elettorato che la Gran Bretagna, anche nel caso di vittoria del Remain, avrebbe seguitato a fruire di determinate autonomie e privilegi, erano sbagliati. Una vera unione, pur tenendo conto della specificità dei diversi casi nazionali, si costruisce solo sulla parità dei suoi membri. Accordando alcuni privilegi speciali, paradossalmente, si è favorito il fronte del no.

Anni di crisi finanziaria hanno lacerato l’Europa e la Gran Bretagna. Quest’ultima si è presentata al voto con un tessuto sociale profondamente diviso. La violenza, non solo verbale, della campagna referendaria ne è la prova concreta. La rabbia e le frustrazioni hanno avuto la meglio, i vantaggi dell’Europa unita sono affondati dietro le paure e i populismi. Ora il pericolo è che questa ondata di euroscetticismo travolga le nostre democrazie, precipitando il Vecchio Continente in un abisso ignoto.

«L’unione fa la forza», recitava un vecchio adagio. Se questo principio è ancora valido saranno i prossimi avvenimenti a deciderlo. La cosa certa è che l’Unione europea dovrà registrare un cambio di passo radicale nelle proprie politiche, pena la sua progressiva disgregazione.

 

Riccardo Cenci

Foto EC Audiovisual Service – Photo

© European Union , 2016  
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Riccardo Cenci
Riccardo Cenci. Laureato in Lingue e letterature straniere moderne ed in Lettere presso l’Università La Sapienza. Giornalista pubblicista, ha iniziato come critico nel campo della musica classica, per estendere in seguito la propria attività all’intero ambito culturale. Ha collaborato con numerosi quotidiani, periodici, radio e siti web. All’intensa attività giornalistica ha affiancato quella di docente e di scrittore. Ha pubblicato vari libri (raccolte di racconti e romanzi). Attualmente lavora come Dirigente presso l’Enpam.

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