Libia e Unione europea, cosa fare? Emergenza immigrazione e terrorismo

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Tagliare i cordoni finanziari per costringere le fazioni a un accordo nel Paese nordafricano, decisioni da prendere con urgenza per gli Stati membri dell’Ue

Grande è il caos europeo a una settimana dal vertice straordinario di lunedì 14 settembre a Bruxelles quando si parlerà dell’emergenza profughi. Il presidente della Repubblica Ceca Milos Zeman chiede l’intervento delle forze armate a difesa dei confini nazionali dai clandestini, il governo di Budapest ha innalzato una barriera di filo spinato e bloccato alla stazione della capitale migliaia di profughi che cercavano di salire su treni diretti in Germania, centinaia di disperati cercano di intrufolarsi nell’Eurotunnel che unisce il continente a Londra. Ed è stato proprio il Regno Unito ad aver infranto un altro luogo comune secondo cui basta potenziare la vigilanza sulle frontiere esterne dell’Unione europea per risolvere il problema.

1223221696_0f6464a7e0_qNon è così. Bisogna prendere atto che l’Unione europea si trova a dover gestire un incendio che divampa alle porte di casa: in Libia. L’Ue, l’Italia e la Grecia in primis, stanno pagando di tasca propria la lunga inerzia internazionale che ha permesso un terribile pantano di lotta tra fazioni. Le diplomazie in questi mesi hanno giocato una sterile partita di ping-pong fra il governo di Tobruk e quello di Tripoli impegnati a rinfacciarsi accuse e responsabilità. L’iniziativa delle Nazioni Unite che ha affidato a un bravo diplomatico spagnolo la risoluzione della crisi libica, non ha sortito gli effetti sperati.

1257323230_881edd54fa_zL’instabilità in Libia si è anzi complicata con l’avanzata del terrorismo di matrice jihadista. Nella metà di agosto il gruppo terrorista dello Stato islamico si è gradualmente impadronito della città libica di Sirte. Sempre a metà agosto il valico di Musaid tra Egitto e Libia è rimasto sguarnito delle guardie di frontiera libiche ed ha consentito a numerosi combattenti nigeriani di accrescere le fila dello Stato islamico. Questo afflusso dovuto alle porose frontiere tra Nigeria e Niger e tra quest’ultimo e la Libia dà l’idea come il controllo delle frontiere, nell’eventualità di un intervento occidentale in Libia assuma una importanza decisiva per bloccare i migranti e creare i presupposti per centri di accoglienza e smistamento verso i Paesi europei.

unhcr2Un eventuale sforzo di intervento in Libia dovrebbe muoversi sotto tre bandiere: le Nazioni Unite, la Nato e la Ue e dovrebbe essere messa in piedi indipendentemente dall’assenso congiunto di Tobruk e di Tripoli. Il tutto potrebbe concretizzarsi nell’invio in area di un totale di 15mila uomini ben addestrati. Nel contempo altri Paesi dell’area mediterranea, come Egitto e Algeria minacciati quanto noi, potrebbero intervenire con una forza di peacekeeping. E’ quindi tempo che l’Europa si imponga per la sua sicurezza e per contrastare le minacce dell’Isis specialmente a Roma ove a dicembre avrà inizio il Giubileo della Misericordia con il previsto arrivo di milioni di pellegrini. Occorre altresì tagliare i cordoni finanziari – vendita del petrolio libico – che ancora alimentano le fazioni in lotta costringendo l’Eni, che ha scoperto in Egitto un importante giacimento di petrolio e gas a interrompere quel flusso di valuta che dall’Italia raggiunge la Banca Centrale Libica, organismo preposto a smistarlo fra tutte le parti in lotta.

UnhcrAggiornamenti: l’Italia si prepara a operare in Libia con l’apporto di 13 Paesi europei. Con la cattura degli scafisti in alto mare e l’eliminazione dei barconi dovrebbero essere 900 i militari impegnati. Il presidente russo Putin ha rilasciato una dichiarazione in cui chiede una coalizione internazionale per sconfiggere l’Isis in Libia, in Siria e dove si sta espandendo con una operazione a molteplici livelli. Questo intervento, però, se non coordinato potrebbe portare a ulteriori espansioni della situazione instabile. Ban Ki Moon traccheggia a dare il via libera perché vuole una richiesta formale della Libia. Qualsiasi sia la decisione il tempo stringe…

Giancarlo Cocco

Foto © UNHCR, Wiki e Creative Commons

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Giancarlo Cocco
Laureato in Scienze Sociali ad indirizzo psicologico opera da oltre trenta anni come operatore della comunicazione. Ha iniziato la sua attività giornalistica presso l’area Comunicazione di Telecom Italia monitorando i summit europei, vanta collaborazioni con articoli sul mensile di Esperienza organo dell’associazione Seniores d’Azienda, è inserito nella redazione di News Continuare insieme dei Seniores di Telecom Italia ed è titolare della rubrica “Europa”, collabora con il mensile 50ePiù ed è accreditato per conto di questa rivista presso la Sala stampa Vaticana, l’ufficio stampa del Parlamento europeo e l’ufficio stampa del Ministero degli Affari Esteri. Dal 2010 è corrispondente da Roma del quotidiano on-line delle Marche Picusonline.

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