Nasce Procura Ue antifrode, Italia tra primi 20 aderenti

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Il ministro della Giustizia Andrea Orlando: riserve ma pronti a partecipare con alcune migliorie. Per ora non si occuperà di questioni direttamente connesse col terrorismo

Sembra un miracolo, ma dopo anni di gestazione e di contrasti fra i Ventisette, nasce l’ufficio del procuratore europeo antifrode: Eppo, dall’acronimo inglese European public prosecutor office. Venti Stati membri dell’Ue – tra cui l’Italia che però ha ancora alcune “riserve” – hanno raggiunto l’intesa politica per lanciare la cosiddetta “cooperazione rafforzata” per istituire la struttura che avrà il potere di indagare e perseguire crimini contro il bilancio dell’Unione, come frodi nell’utilizzo dei fondi europei, corruzione e frodi transfrontaliere sull’Iva, un fenomeno quest’ultimo che da solo «costa 50 miliardi di euro l’anno» agli Stati membri secondo le stime della Commissione.

L’accordo è stato trovato nella riunione dei ministri della Giustizia in Lussemburgo a cui ha partecipato per l’Italia il responsabile Andrea Orlando. Il Parlamento europeo dovrà dare il suo consenso prima che il regolamento della cooperazione rafforzata possa essere adottato definitivamente. Ufficialmente sono 18 i Paesi che ne fanno parte (Belgio, Bulgaria, Cipro, Croazia, Estonia, Germania, Grecia, Finlandia, Francia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia e Spagna), con Italia e Austria che – secondo quanto indicato in una nota del Consiglio Ue – «hanno espresso la loro intenzione di unirsi alla cooperazione rafforzata».

«Il percorso per la costruzione della procura europea ha avuto un consistente miglioramento, ma a nostro avviso non ancora sufficiente a dire che abbiamo colto tutte le potenzialità contenute nel Trattato di Lisbona» ha osservato Orlando nel suo intervento, annunciando che «l’Italia conserva delle riserve, il testo non è ancora come lo vorremmo, ma siamo pronti a partecipare alla cooperazione rafforzata» e nei prossimi giorni arriverà la comunicazione. «Riteniamo che nella cooperazione rafforzata si possano fare degli ulteriori passi avanti» – ha aggiunto – «e nella lettera espliciteremo esattamente quali sono i nostri obiettivi».

Andrea Orlando

Anche se l’Ufficio del procuratore europeo non si occuperà di questioni direttamente connesse col terrorismo, tuttavia «è un primo passo» – spiega il guardasigilli – «perché indirettamente si occuperà di frodi contro l’Ue. Sappiamo che molte organizzazioni criminali agiscono in questo campo e sappiamo che il Trattato di Lisbona prevedeva la possibilità di andare verso una struttura che avesse piene competenze nell’ambito della criminalità organizzata e del terrorismo. Come sappiamo che spesso le istituzioni europee sono partite con competenze più limitate e via via hanno saputo espandere il loro ruolo. Mi auguro che questo sia uno di quei casi, anche perché abbiamo davvero bisogno di un soggetto che sappia rispondere come Europa a chi ci attacca come europei».

L’Ufficio del procuratore europeo funzionerà come una struttura collegiale composta da due livelli. Al centro ci sarà il procuratore capo, con il compito di dirigere e supervisionare tutte le indagini dei procuratori europei delegati che avranno sede negli Stati membri partecipanti. L’Ufficio del procuratore europeo avrà il potere di indagare e perseguire crimini contro il bilancio dell’Unione, come frodi, corruzione, e frodi sull’Iva transfrontaliera superiori ai dieci milioni di euro.

Vĕra Jourová

Grande soddisfazione viene espressa dalla Commissione europea. «Abbiamo lavorato duro per avere l’accordo di 20 Paesi» – afferma il commissario europeo alla Giustizia Vĕra Jourová in una nota – «Questa intesa è un grande successo che ci garantisce come l’ufficio del procuratore europeo inizierà a funzionare fin dal primo giorno». Ma non manca la polemica per un’intervista della stessa commissaria in cui aveva ipotizzato che l’erogazione dei fondi di coesione dovrebbe essere condizionata all’adesione all’Eppo.

L’intervista è stata smentita dalla Jourová («sono stata male interpretata»), ma lascia aperta l’ipotesi che in futuro possa esserci una evoluzione in tal senso. D’altronde il portavoce della Commissione europea, Margaritis Schinas, ieri ha ricordato che in un’altra intervista lo stesso presidente Jean-Claude Juncker ritiene che ora non sia il momento di rivedere le condizionalità, visto che tale discussione è già aperta nel dibattito tra i Ventisette e l’esecutivo comunitario per il bilancio pluriennale dei 7 anni successivi al 2020.

 

Ludovico Stella

Foto © European Union e governo.it

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