Riforma del Terzo Settore in Italia, obiettivo semplificazione

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Riforma del Terzo Settore

Possibile prestare il servizio civile universale anche fuori dall’Ue, se le iniziative sono riconducibili alla promozione della pace, della nonviolenza e alla cooperazione e sviluppo

Definire il Terzo Settore non è cosa facile, ma si può sintetizzare che comprende tutte quelle associazioni, organizzazioni non governative, onlus, cooperative che, senza scopo di lucro e basandosi prevalentemente sul volontariato, si sostituiscono al pubblico e al privato per fornire servizi in cui, appunto, c’è carenza di intervento. Gli ambiti d’azione possono essere i più disparati, come istruzione, assistenza sociale e sanitaria e in Italia coinvolgono, secondo le ultime indagini dell’Istat datate 2011, 6 milioni di persone, appartenenti a circa 300 mila enti che generano entrate per 64 miliardi di euro.

Riforma del Terzo SettoreDopo due anni di dibattito e di iter parlamentare, si è concretizzato lo scorso giugno il disegno di legge delega al Governo per la riforma del Terzo Settore, riorganizzazione voluta dall’esecutivo Renzi. Il codice contiene le disposizioni generali e le tipicità fra le differenti tipologie di enti, le loro modalità di organizzazione, amministrazione e controllo, il divieto della redistribuzione degli utili. Le associazioni di promozione sociale e l’Osservatorio del Volontariato confluiscono nel Consiglio nazionale del Terzo Settore. Novità anche per il servizio civile universale, aperto agli stranieri regolarmente residenti in Italia e riconosciuto a fini formativi e lavorativi. Sarà inoltre possibile prestarlo anche fuori dall’Unione europea, a patto che riguardi iniziative riconducibili alla promozione della pace, della nonviolenza e alla cooperazione e sviluppo. In materia fiscale, si semplifica la normativa, agevolando le donazioni, con misure di supporto e istituendo un fondo presso il ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Riforma del Terzo SettoreDodici gli articoli del disegno di legge. I primi due prevedono, oltre alla definizione univoca del Terzo Settore, i criteri generali che il Governo dovrà adottare nei primi dodici mesi. Dal 3 al 5 si entra nel merito delle semplificazioni e revisione dei procedimenti, con regole per la trasparenza, l’informazione, limiti ai rimborsi spese dei volontari e controllo dei Centri di Servizio per il Volontariato (Csv). Snellita anche la registrazione, con il Registro Unico nazionale, suddiviso nelle specifiche sezioni. L’articolo 6 disciplina le imprese sociali e le loro finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, che potranno distribuire gli utili, pur destinandoli prevalentemente al conseguimento dell’oggetto sociale.

L’articolo 7 parla di monitoraggio e vigilanza dell’operato, interministeriale, a guida del dicastero del Lavoro, con la collaborazione dell’Agenzia delle Entrate. L’ottavo punto è sul già citato servizio civile universale, il nono sulle agevolazioni fiscali, le regole per ottenere finanziamenti e la possibilità di ricevere l’assegnazione di immobili pubblici inutilizzati. Gli ultimi due si occupano delle coperture finanziarie, ma è il 10 ad aver alimentato i maggiori dibattiti e polemiche.

Riforma del Terzo SettoreAssente nel testo iniziale e inserito in corso d’opera, l’articolo riguarda la nascita della Fondazione Italia Sociale, paragonata da Vincenzo Manes, imprenditore e investitore vicino a Matteo Renzi, a un “Iri per il sociale”, in riferimento all’Istituto per la Ricostruzione Industriale, nato durante il fascismo e abolito agli albori del Ventunesimo Secolo. Questo ente avrà il compito di riorganizzare i finanziamenti destinati a interventi innovativi e alla produzione di beni e servizi senza scopo di lucro per conseguire un elevato impatto sociale e occupazionale.

Di avviso opposto gli esponenti del MoVimento 5 Stelle, schierati contro la Fis e contro Manes, a loro giudizio già “presidente designato”, proprio per la sua amicizia con il premier Renzi, che nel 2014 lo aveva nominato consigliere per la riforma. «Un poltronificio» che «spende soldi pubblici per scopi privati», attaccano i pentastellati, anche se Manes ribalta la prospettiva dell’ultima affermazione. Cioè i soldi sarebbero «prevalentemente privati» e gli «scopi di interesse pubblico».

Riforma del Terzo SettoreSe la maggioranza applaude alla riforma, «che introduce discontinuità e novità rispetto al passato» in quello che in realtà non è il terzo ma il «primo settore, non marginale, che concorre alla rinascita e riqualificazione del Paese», per usare le parole di Luigi Bobba del Pd, le opposizioni unite hanno votato contro. «Dubbi sul senso della Fondazione Italia Sociale, sull’utilizzo della modalità della legge delega, la carenza di finanziamenti e i sospetti di approvazione a scopi elettorali» per Antonio Palmieri di Forza Italia. Detto del M5S, Sel ha trovato sì aspetti positivi, come sul servizio civile universale e sul volontariato, ma soprattutto criticità per «l’apertura del welfare a una dimensione di mercato dominata dalle imprese sociali e a creazione di una fondazione (sempre la Fis, ndr) come strumento centrale del finanziamento», commenta Giulio Marcon.

Riforma del Terzo SettoreQuesta la politica, ma vediamo le reazioni dei diretti interessati, cioè gli attori del Terzo Settore. Pietro Barbieri, portavoce del Forum nazionale sottolinea i «molti aspetti positivi, dal tentativo di superare la frammentazione alle agevolazioni fiscali, dal riordino del servizio civile alla rappresentanza unica istituzionale (il Consiglio nazionale, ndr)». «È una tappa importante per tutto il mondo del Terzo Settore e del volontariato», spiega Maurizio Giordano, presidente dell’Unione nazionale Enti Beneficenza e Assistenza (Uneba), anche se «data l’ampiezza dei criteri di delega c’è spazio per ulteriori miglioramenti e precisazioni, particolarmente in tema di procedure costitutive delle associazioni e fondazioni, garantendo autonomia e semplificazioni».

Edoardo Patriarca, presidente del Centro nazionale del Volontariato (ma anche deputato Pd), dà importanza alla riforma come se fosse «costituzionale. Un vero processo di pubblicizzazione, per il bene comune, con opere di utilità sociale e di cittadinanza attiva». Soddisfazione espressa anche dal Csv tramite il presidente Stefano Tabò, per tre motivi: «Sguardo con cui sono considerati i volontari e impegno a sostenerne ruoli e funzioni; trasparenza nell’azione e nella struttura delle organizzazioni; chiarezza nel definire chi deve far parte del Terzo Settore».

Riforma del Terzo SettoreOvviamente, permangono delle perplessità. «Sulla revisione dei Csv per il volontariato, si teme che vengano diminuite le già scarse risorse e su Fondazione Italia Sociale, di cui non si sentiva necessità», i dubbi della Conferenza permanente delle Associazioni, delle Reti e delle Federazioni di Volontariato (Convol). «Zone d’ombra come Fis» anche per Maria Teresa Bellucci, presidentessa del Movimento delle Associazioni di Volontariato Italiano (Modavi), «non vorremmo che possa celarsi il rischio di non garantire ciò di cui il Terzo Settore ha particolarmente bisogno, ovvero onestà, trasparenza e garanzia del bene comune». Riforma gradita nel complesso dalla Consulta Ecclesiale degli Organismi Socio-Assistenziali, ma con una lacuna denunciata da tempo. «L’obbligatorietà dell’iscrizione al Registro Unico per le organizzazioni che intrattengono rapporti con enti pubblici potrebbe portare diffidenza verso le libere iniziative assunte dai cittadini, dovrebbe essere già sufficiente la registrazione regionale o presso la Camera di Commercio».

Riforma del Terzo SettorePiù diviso il mondo sindacale. Maurizio Bernava, segretario confederale della Cisl, è favorevole con riserva, «è opportuno aspettare l’approvazione dei decreti attuativi», nel complesso la riforma può «diventare motore propulsivo di una più generale riforma del welfare italiano». «Importanti linee strategiche che ci auguriamo attuate», afferma Ornella Petillo, segretaria confederale dell’Ugl. «La riforma deve essere improntata su trasparenza, partecipazione e sussidiarietà, superando nodi come il confine tra associazioni di volontariato e quelle che tra le pieghe della legge operano come società commerciali ma con benefici riconosciuti alle associazioni sociali».

Riforma del Terzo SettorePer Stefano Cecconi, responsabile Politiche della Salute per la Cgil, invece «il testo mantiene contraddizioni, come la nascita della Fis, che rischia di incentivare un welfare filantropico senza diritti sociali esigibili. Manca un disegno più complessivo in cui inserire la riforma, uno sviluppo dell’economia sociale e del volontariato, come questo contribuisca all’evoluzione del welfare in senso più universalista ed equo sugli strumenti di partecipazione democratica dei corpi intermedi».

La palla passa ora al Governo per l’attuazione dei decreti attuativi, come richiesto ovviamente da tutte le parti coinvolte. Il primo, sul servizio civile universale, è passato da pochi giorni, si aspetta un intervento complessivo che valorizzi le competenze e un welfare realmente inclusivo.

Raisa Ambros

Foto © Protezione Civile; Assoraider; disMappa; L’Arena.it; parcolandia.com; Piccolo Rifugio; csv-vicenza.org

 

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Raisa Ambros
Giornalista pubblicista specializzata in geopolitica, migrazioni, intercultura e politiche sociali. Vive tra l’Italia e l’Inghilterra. Sceneggiatrice, autrice televisiva e conduttrice di programmi TV con un’esperienza decennale in televisione, Raisa è stata parte del team di docenti nel corso di giornalismo “Infomigranti” a Piuculture, il settimanale dove ha pubblicato e svolto volontariato di traduzione. Parla cinque lingue e viene spesso invitata nelle conferenze come relatrice sulle politiche di integrazione.

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