Rivoluzione “colorata”: prossima fermata Macedonia?

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La crisi politica recentemente esplosa nell’ex repubblica jugoslava ha già assunto aspetti simili ai precedenti ucraino e georgiano

Migliaia di manifestanti anti-governativi hanno riempito domenica scorsa le strade di Skopje, capitale dell’Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia, chiedendo le dimissioni del Primo Ministro Nikola Gruevski: sotto la spinta dell’Unione Socialista Democratica della Macedonia (USDM), il principale partito di opposizione del Paese, almeno ventimila persone si sono radunate fuori dal Palazzo del Governo, da dove hanno chiesto ripetutamente le dimissioni del premier, mentre un maxi-schermo installato sulla piazza ha mostrato immagini di cittadini macedoni che si lamentavano degli alti livelli di disoccupazione e della corruzione, e di esponenti dell’opposizione che criticavano il governo per la sua inefficacia nel risolvere questi problemi.

Parlando ai manifestanti, il leader della USDM Zoran Zaev ha promesso che la protesta andrà avanti fino a quando il Primo Ministro  non risponderà alle richieste della piazza, dimettendosi. «Se Gruevski non se ne andrà, la Macedonia vedrà la guerra, come in Ucraina», ha poi minacciato il capo dell’opposizione. L’Unione Socialista Democratica della Macedonia sta già boicottando le attività del Parlamento, che Zaev accusa di essere frutto di brogli alle elezioni parlamentari dello scorso anno: oltre alle dimissioni di Gruevski, l’opposizione macedone sta chiedendo a gran voce  la formazione di un governo di transizione e la convocazione di nuove elezioni. anticipate. Tuttavia, già da prima della manifestazione, il premier aveva ribadito la sua intenzione di restare al suo posto.

Zoran ZaevLa crisi politica nell’ex Repubblica jugoslava ha avuto inizio quando Zaev (foto a lato), a gennaio, ha accusato Gruevski (in basso) di occultare le prove riguardanti la morte di un giovane contestatore, picchiato a morte da una sua guardia del corpo prima di una conferenza del Partito Conservatore, di cui il premier è esponente. Zaev anche affermato di essere in possesso di una conversazione telefonica registata tra Gruevski e il ministro degli Interni Gordana Jankulovska, dove i due parlano di coprire l’identità del killer. Gruevski e Jankulovska hanno respinto le accuse, affermando che Zaev sta cercando di ricattare il governo attraverso registrazioni telefoniche modificate, presumibilmente effetuate con l’aiuto di ignote agenzie di intelligence straniere, che lo starebbero aiutando a tramare un colpo di Stato contro di lui.

La Macedonia sembra dunque avviarsi a passo spedito verso la sua “rivoluzione colorata”. Tanti i fattori che lasciano presupporre ciò: dalle manifestazioni di piazza alla richiesta di dimissioni del governo, dall’ausilio dei social media (su cui domenica ai manifestanti era stato chiesto di postare foto e filmati di ogni possibile azione repressiva della polizia) alle accuse di brogli, dai parallelismi con le vicende ucraine fino alla notizia, di fonte russa, che la USAID (l’Agenzia governativa statunitense per lo sviluppo internazionale), già legata alla rivolta di piazza Maidan del 2014 e delle rivoluzioni colorate in Georgia, Ucraina e Kirghizistan, avrebbe speso 4,8 milioni dollari su un progetto volto a formare oltre 1.000 persone all’uso dei social media e come attivisti in grado di mobilitare oltre venti organizzazioni della società civile.

Nikola GruevskiLa situazione, tesa da mesi, è precipitata il 9 maggio scorso, quando si sono registrati violenti scontri tra la polizia e un non ben definito gruppo armato a Kumanovo, una città al confine con la Serbia e il Kosovo, che ha causato la morte di otto agenti di sicurezza macedoni e 14 guerriglieri. Secondo il Ministero dell’Interno di Skopje gli uomini armati erano guidati da cinque ex membri dell’Esercito di Liberazione del Kosovo, il famigerato UÇK, la milizia paramilitare kosovara protagonista della lotta indipendentista contro la Serbia ma anche accusata di crimini di guerra contro la popolazione civile. Secondo media serbi, la presenza in Macedonia di estremisti kosovaro-albanesi sarebbe la conferma di un tentativo di destabilizzare il Paese balcanico manovrato dall’esterno.

Negli ultimi mesi, la Macedonia ha assunto posizioni autonome rispetto a quelle dell’Ue su diverse questioni strategiche: si è detta contraria alla politica delle sanzioni verso la Russia e favorevole al gasdotto Turkish Stream, l’infrastruttura con cui Mosca intende sostituire il gasdotto South Stream, il cui progetto è stato annullato pochi mesi fa proprio a seguito del deteriorarsi dei rapporti tra il Cremlino e l’Europa.

Inoltre, il premier Gruevski si sarebbe mostrato tiepido sull’idea di una Macedonia membro a pieno titolo della NATO, ipotesi che invece piace molto al suo rivale Zaev: solo questo fattore potrebbe già lasciar pensare ad un endorsement di quest’ultimo come futuro leader nazionale. Un po’come accaduto all’attuale premier ucraino Yatsenyuk, e agli ex presidenti Saakhasvili e Yushenko rispettivamente in Georgia e Ucraina a metà anni Duemila: tutti poi protagonisti di rivoluzioni colorate di natura esogena.

Alessandro Ronga

Foto © Sdsm.mk.org / Wikicommons

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Alessandro Ronga
Giornalista e blogger, si occupa di Russia e dei Paesi dell'ex Urss. Scrive per il quotidiano "L'Opinione" e per la rivista online di geopolitica "Affari Internazionali". Ha collaborato per il settimanale "Il Punto". Nel 2007 ha pubblicato un saggio storico sull’Unione Sovietica del dopo-Stalin.

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