Sviluppo del mercato unico digitale con un’ampia condivisione dei dati

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L’Ue lancia un’iniziativa per la realizzazione del Cloud computing in campo scientifico, cosciente del valore aggiunto derivante da regole per la condivisione dei saperi online

L’aumento esponenziale dei dati presenti in rete rende sempre più pressante l’esigenza di poter accedere all’enorme quantità di informazioni, archiviate e trasmesse online, da parte di vari settori del sociale (università, poli di ricerca, industria, pubblica amministrazione, etc).

Il fenomeno in questione prende il nome di big data. La Commissione europea, cosciente dell’importanza capitale di una regolamentazione uniforme ed efficace della materia in oggetto, con la Comunicazione del 19 aprile 2016, ha ritenuto opportuno lanciare “l’iniziativa europea per il Cloud computing – Costruire un’economia competitiva dei dati e della conoscenza in Europa” .

A parere dell’Ue, l’esistenza di big data «crea nuove opportunità di condivisione delle conoscenze e di ricerca, così come di sviluppo e attuazione di politiche pubbliche». Inoltre, secondo la definizione formulata dalla Commissione, il Cloud può essere descritto come «la combinazione di tre elementi interdipendenti: le infrastrutture di dati che archiviano e gestiscono» le informazioni; «le reti a banda larga che trasmettono i dati» e, infine, macchine computer «sempre più potenti» utilizzate per la loro elaborazione.

Al riguardo, è emerso che l’appropriata analisi ed il pieno utilizzo dei predetti big data, possono generare «un impatto sull’economia globale» e sulla società offrendo, al contempo, «nuove opportunità» in tema di innovazione industriale e sociale. In particolare, nota l’Ue, il «tratto fondamentale di questo impatto è il cambiamento nell’approccio alla ricerca scientifica man mano che ci avviciniamo rapidamente alla realtà di una scienza aperta». Ebbene, tra i principali obbiettivi dell’Unione, in relazione allo sviluppo dell’economia digitale, v’è proprio quello di sfruttare al meglio il «potenziale dei dati e farne il motore della scienza aperta e della 4° rivoluzione industriale».

Non a caso, la predetta iniziativa europea  si fonda sulla strategia per il mercato unico digitale che, a sua volta, appunto, mira proprio alla «massimizzazione del «potenziale di crescita dell’economia digitale europea». Nello specifico, l’azione punta allo sviluppo dell’European Open Science Cloud (EOSC). Allorché l’EOSC sarà operante, esso si sostanzierà in uno «spazio sicuro ed aperto» in cui la comunità scientifica potrà «archiviare, condividere e riutilizzare dati e risultati scientifici».

Inizialmente, la base di utenti sarà circoscritta alla comunità scientifica, ma, successivamente, la Commissione intende estendere i servizi anche al contesto pubblico ed all’industria, mediante la creazione di «soluzioni e tecnologie che apporteranno vantaggi a tutti i settori dell’economia e della società».

Detta iniziativa europea osserva l’Ue, si basa anche sulle risultanze derivanti dall’attuazione della strategia in materia di calcolo ad alte prestazioni (HPC).

In appoggio al progetto in esame, Bruxelles intende dare seguito ad alcune attività che rientrano nel quadro della strategia per il mercato unico digitale: accordi contrattuali relativi all’utilizzo del sistema di data sharing  da parte di utenti operanti nel settore commerciale o aventi ad oggetto la transizione da un fornitore di servizi cloud all’altro e l’attuazione dell’iniziativa sul libero flusso delle informazioni.

Sulla base delle sopra esposte premesse, la Commissione ha individuato cinque ragioni per le quali ancora non si sfrutta in pieno il potenziale delle informazioni condivise.Un marché unique numérique connecté

1° ragione: numerose imprese europee, poli di ricerca e istituzioni pubbliche non sfruttano ancora a pieno gli strumenti che consentono l’interscambio dei risultati degli studi scientifici. Inoltre, gli esiti delle indagini accademiche  che giungono dalla ricerca finanziata tramite fondi pubblici, «non sono sempre aperti» e, quelli «generati o raccolti dalle imprese spesso non sono condivisi» e, ciò, non sempre per ragioni di natura commerciale.  Tale situazione si verifica a causa della «mancanza di una chiara struttura di incentivi e riconoscimenti per la condivisione delle informazioni», in particolare nell’ambito universitario; per l’assenza di una «chiara base giuridica», in special modo nel settore pubblico e, non ultimo,  per la mancanza di competenze.

2° ragione: l’assenza di interoperabilità «impedisce di far fronte alle grandi sfide sociali» che richiedono un’efficiente condivisione dei saperi e «un approccio pluridisciplinare basato sulla partecipazione di una pluralità di soggetti». Inoltre, attualmente, molte tipologie di informazioni rimangono inaccessibili ai ricercatori, all’industria, alle pubbliche amministrazioni ed al mondo politico. La piena condivisione dei risultati delle attività scientifiche  è «ostacolata anche dalla loro dimensione, dai diversi formati, dalla complessità dei software necessari per analizzarli» e da una profonda divisione fra le diverse discipline. Ebbene, detta problematica può essere risolta adottando «metadati semplici» per lo scambio e l’utilizzo di studi accademici, per poi, successivamente, renderli ampiamente accessibili e disponibili da parte di coloro che intendono elaborarli mediante strumenti di analisi di dati comuni.

3° ragione: le infrastrutture di dati sono organizzate per settori scientifici ed economici in funzione del paese e del modello di governance. Allo stato, le «politiche di accesso per il collegamento in rete», l’archiviazione e l’elaborazione dei flussi informativi, differiscono tra loro. La frammentazione ostacola, seriamente, la «Scienza basata sui dati (data driven).»   

4° ragione: Nel continente europeo v’è una crescente richiesta di «infrastrutture di calcolo ad alte prestazioni (HPC)» per l’elaborazione delle indagini  scientifiche ed ingegneristiche. Al riguardo, Bruxelles osserva come la simulazione del volo di un aereomobile o lo studio del funzionamento del cervello umano richiedano enormi capacità di calcolo su scala exa, al momento, non disponibili. Nel tempo, dette problematiche potranno essere risolte tramite l’uso di computers progettati secondo i principi dell’informatica quantistica.

5° ragione: i soggetti che producono ed utilizzano le risultanze di osservazioni scientifiche devono poter procedere, agilmente, al loro riutilizzo  avvalendosi di «tecniche di analisi avanzate». Tali attività devono poter essere svolte in ambienti affidabili.

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Ebbene, per giungere ad un pieno ed efficace sfruttamento delle tecniche di cloud computing, l’organo esecutivo dell’Ue, ha indicato le seguenti misure.

In primis, la Commissione ritiene si debba procedere all’utilizzo della c.d. “nuvola” quale strumento per erogare servizi fruibili gratuitamente, aperti e senza soluzione di continuità per l’archiviazione, la gestione, l’analisi e il riutilizzo degli studi, a livello trasversale tra paesi ed, anche, tra diverse discipline scientifiche.

In secundis, la cennata soluzione informatica dovrà essere utilizzata anche per la formazione professionale nel quadro dell’insegnamento superiore. Successivamente, con lo sviluppo delle tecnologie, l’attività di formazione si potrà estendere ad «utenti istituzionali e commerciali».

Contestualmente è opportuno che l’iniziativa de qua si concentri sull’aggregazione delle infrastrutture di dati scientifici che, attualmente, risultano «disseminate tra le diverse discipline nei vari stati membri» per, poi, essere utilizzata come strumento per supportare le «altre azioni della Commissione volte a promuovere la scienza aperta in Europa».

Nella fase finale si dovrà  procedere alla creazione della struttura di governance della soluzione tecnologica che ci occupa.

Secondo il documento in esame, per giungere al  pieno sviluppo del cloud, necessariamente, occorrerà procedere al compimento delle ulteriori seguenti attività: consentire la libera accessibilità, «per default», a tutti i dati scientifici prodotti nell’ambito del programma Orizzonte 2020; aumentare i fondi destinati al mondo accademico e modificare i procedimenti per la loro assegnazione; sviluppare l’interoperabilità e condividere le ricerche ; creare «un’idonea struttura di governance paneuropea» per l’aggregazione delle infrastrutture di dati scientifici e superare la frammentazione; sviluppare servizi basati sul cloud per una scienza aperta ed, infine, ampliare la base di utenti del mondo scientifico.Lo sviluppo dell’infrastruttura europea  dei dati è essenziale ai fini del corretto funzionamento del cloud ed al conseguente pieno sfruttamento del valore dei big data.

Inoltre, l’Ue raccomanda di concentrarsi  sullo sviluppo di super computer con capacità di calcolo elevatissime che si servono di reti altamente sicure. Ciò potrà essere realizzato mediante l’applicazione dei principi della quantistica. Al riguardo, la Commissione auspica il lancio di «un’iniziativa faro su larga scala ed a lungo termine che dovrebbe affiancare l’azione in esame volta a liberare tutto il potenziale delle tecnologie quantistiche».

Da ultimo, osserva Bruxelles, occorre far sì che la diffusione dei servizi di cloud nel settore pubblico sia meno discontinua. Per raggiungere detto obiettivo è opportuno agire affinché la fiducia nei predetti strumenti informatici aumenti e, nell’ambito del eGovernment, si realizzino progetti pilota su vasta scala che comportino, anche, l’apertura al mondo dell’industria.

In conclusione, appare evidente come siffatte applicazioni informatiche possano rendere il mercato unico digitale ancor più competitivo, consentendo di migliorare le metodologie di ricerca scientifica nel campo accademico, nel mondo pubblico ed, ovviamente, anche nel settore industriale.

 

Roberto Scavizzi

Foto © European Union, 2016

Foto © Wikicommons

 

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Roberto Scavizzi
Avvocato e docente universitario a contratto presso università private. L'attività accademica ha ad oggetto la materia dell'Informatica giuridica in ambito internazionale e la materia dei diritti d'autore. Come legale opera principalmente nel settore del diritto dell'impresa e svolge attività formativa professionale nel settore giuridico in ambito pubblico e privato. Inoltre è autore di pubblicazioni di diritto e articoli giornalistici per riviste d'arte e d'attualità.

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