Viaggio nella Lisbona irreale e misteriosa di Pessoa, Tabucchi e Saramago

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Inediti percorsi letterari all’interno della capitale portoghese per scoprire una città dal fascino eterno

Vi sono città le cui coordinate vengono definite dal ricordo degli scrittori che le hanno abitate, facendone il fulcro della loro opera letteraria. C’è la Praga di Kafka, la Dublino di Joyce e c’è la Lisbona di Fernando Pessoa, spazi urbani che paiono essere colmi di una nebbia esalata da queste personalità enormi. Sensazioni che ci colgono come in sogno, costantemente sul punto di dissolversi tanto che ci aggrappiamo alla loro fragile essenza come disperati sul punto di affogare.

Bernardo Soares, alter ego dello stesso Pessoa, è ossessionato dalla propria finitezza temporale, della quale aspira infrangere i limiti. Per questo sente di vivere in un’epoca anteriore a quella della sua effettiva esistenza. Vorrebbe eludere la monotonia del quotidiano, che in realtà non è altro che noia di se stesso. «Esisto senza che io lo sappia e morirò senza che io lo voglia. Sono l’intervallo fra ciò che sono e ciò che non sono…», scrive ad esempio Pessoa con parole mirabili in quell’assoluto capolavoro che è il Libro dell’inquietudine.

IMG_4993Eppure Pessoa è autore multiforme, per nulla riducibile a una sola opera, così come Lisbona, città dai mille volti e dalle mille sorprese. Come dalla leggendaria valigia dello scrittore escono incessanti frammenti e appunti, così il contesto urbano offre sorprese continue. C’è la Lisbona turistica e costantemente inondata di luce, accanto a quella decadente, dai palazzi sbrecciati e dai vicoli oscuri, sui quali aleggiano reggimenti di biancheria stesa all’incessante vento oceanico. Pochi luoghi hanno saputo conservare il sapore del tempo trascorso, che improvvisamente si manifesta in un negozio le cui insegne paiono immutate dall’inizio del Novecento, o in un volto segnato da un reticolo di indecifrabili rughe.

IMG_4989Per cogliere queste sensazioni il viaggiatore deve astrarsi dalla pletora dei turisti che affollano le vie alte, strette, ampie, ripide e scoscese della capitale lusitana. Si può sedere al ristorante Martinho da Arcada, prediletto da Pessoa, magari sotto l’ampio portico, stranamente deserto nella luce accecante del primo pomeriggio. Pochi avventori nei tavoli all’aperto, nessuno nella grande sala deserta. Qui c’è ancora il tavolo dove Pessoa amava scrivere, consumando nel frattempo un pasto a base dell’immancabile baccalà, annaffiato da buone dosi di vino locale. Alcuni libri, una tazza accanto ad un bicchiere, una foto del poeta da ragazzo delimitano lo spazio sacro sul quale a nessuno è dato sedersi. Ma non sono solo gli oggetti e le fotografie a farci trasalire. Qualcosa rimane nelle intercapedini dello spazio e del tempo, qualcosa che il visitatore sensibile non tarderà a cogliere.

IMG_5657Ancora lo spirito di Pessoa aleggia sul Café Brasileira. Qui una statua presa di mira dai turisti, certo non tutti consapevoli della personalità qui rappresentata, attrae banali scatti fotografici. L’esterno è molto affollato e non favorisce la concentrazione. L’interno mantiene invece l’atmosfera di un tempo. Due grosse pale ai lati opposti del locale si muovono con lentezza esasperante, senza riuscire a dissolvere la calura del giorno. Il vento si è placato, tutto appare immobile con una evidenza epifanica. Sorseggiare un caffè, magari rileggendo alcune pagine vergate dal grande scrittore, può essere un’esperienza gratificante. Si inseguono fantasticherie impossibili, le stesse che ammaliano Soares nelle prime pagine del fatidico e già citato libro.

Casa Pessoa è un luogo di pellegrinaggio immancabile. Qui l’autore visse gli ultimi quindici anni della sua breve vita. La sua stanza è ingombra di pochi ma significativi oggetti: la macchina da scrivere, gli occhiali, gli appunti scritti durante il suo vagare per la città. Un luogo che oggi è un centro culturale, animato da numerose iniziative, spettacoli, conferenze e dibattiti di natura letteraria.

IMG_4970Esauriti i luoghi più noti legati al nome di Pessoa, il viaggiatore viene colto da quell’ansia di vedere tutto descritta da José Saramago nel suo Viaggio in Portogalloargomento che ci rimanda a un altro scrittore particolarmente legato alla città di Lisbona. La Fondazione a lui dedicata si trova in centro, a due passi alla centralissima Praça do Comércio.  Ospitata nella Casa dos Bicos, offre un’ampia esposizione riguardo la vita e le opere dell’autore premio Nobel nel 1998. Lo scopo della sua istituzione è però un altro. Lo stesso Saramago la fondò nel 2007, per proteggere la Dichiarazione universale dei diritti umani, per promuovere la cultura e difendere l’ambiente. Uno spazio utopico che non mancherà di sollecitare le corde del visitatore più sensibile alle problematiche del nostro tempo.

Sempre riguardo Saramago possiamo seguire le labili tracce lasciate da Ricardo Reis, uno dei numerosi alter ego di Pessoa. Nel celebre libro intitolato appunto L’anno della morte di Ricardo Reis, questi torna a Lisbona dal Brasile per incontrare il grande poeta appena scomparso. Le trame della finzione letteraria creano un fitto reticolo che si stende per le vie della città. Il viaggiatore con il pallino per la letteratura potrà allora recarsi nel luogo dove una volta si ergeva l’Hotel Bragança, nel quale lo stesso Reis decise di alloggiare.

C’è poi un altro scrittore il quale, pur essendo italiano, è in tutto e per tutto cittadino di Lisbona. Parliamo di Antonio Tabucchi. Nelle prime pagine di Requiem lo vediamo meravigliarsi della propria stessa ombra, così assurda e incongrua. Vaga per le vie cittadine in bilico fra la veglia e il sogno, in uno spazio urbano deserto e torrido. Le sue pagine sono pervase da una struggente e indefinibile nostalgia. Per questo la strada del signor Pereira, protagonista del celebre libro, si chiama proprio Rua da Saudade, parola affascinante il cui reale sapore è inattingibile a qualsiasi traduzione. Si tratta del rimpianto del passato ma anche, in maniera difficilmente esplicabile, di quello del futuro, di ciò che non si è vissuto e che forse non si saprà mai. Un rimpianto e una malinconia che esalano irresistibili dalle note del fado, la più alta manifestazione dell’anima portoghese.

IMG_4825Il viaggiatore frettoloso potrà accontentarsi di ascoltarlo in uno dei tanti ristoranti che propongono intrattenimenti musicali, a volte anche di buona qualità. Ma il cuore del fado pulsa vivo negli spazi delle grandi scuole che punteggiano la città. E’ consigliabile visitarle a tarda sera, quando la cena si è ormai conclusa. Allora l’ambiente, appena riscaldato dalle luci soffuse, diviene uno scrigno di emozioni e suggestioni. Musicisti di grande bravura accompagnano le cantanti che si alternano sul palco. Alcune sanno emozionarci così intensamente da farci venire la pelle d’oca. La tristezza cola dalle note come una lacrima. L’anima di Lisbona è tutta lì, di fronte ai nostri occhi e alle nostre orecchie stupefatte.

Usciamo all’aperto. La città chiude lentamente i suoi occhi stanchi. «A forza di occuparmi di ombre io stesso mi sono trasformato in un’ombra», scrive con parole bellissime Pessoa. Il viaggiatore incredulo, ormai solo sul palcoscenico di questo teatro fatto di nulla, pericolosamente in bilico sul baratro dell’irrealtà, può ora gustare al meglio la trama metafisica di questi luoghi magici, che non cesseranno mai di stupire ed esercitare la loro incomprensibile malia.

Testo e foto di Riccardo Cenci

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Riccardo Cenci
Riccardo Cenci. Laureato in Lingue e letterature straniere moderne ed in Lettere presso l’Università La Sapienza. Giornalista pubblicista, ha iniziato come critico nel campo della musica classica, per estendere in seguito la propria attività all’intero ambito culturale. Ha collaborato con numerosi quotidiani, periodici, radio e siti web. All’intensa attività giornalistica ha affiancato quella di docente e di scrittore. Ha pubblicato vari libri (raccolte di racconti e romanzi). Attualmente lavora come Dirigente presso l’Enpam.

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