Web tax, ecco le proposte della Commissione europea

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Dalla tassa del fatturato alle ritenute tante idee tra cui il prelievo sui ricavi. L’esecutivo comunitario dà l’idea di fare sul serio. La direttiva è pronta

Un principio sacrosanto quello esposto dal vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis: le società dovrebbero pagare i tributi dove svolgono la loro attività economica effettiva. La soluzione al problema della tassazione dei giganti del web andrebbe trovata a livello globale, assieme all’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, nell’acronimo inglese OECD, Organisation for Economic Co-operation and Development), oppure approvando in fretta la CCCTB (Common Consolidated Corporate Tax Base, su cui si lavora da 11 anni, qui la consultazione pubblica sul sito del ministero delle Finanze), la direttiva che punta a creare una base imponibile comune per le imprese, e in un secondo momento ad armonizzare l’aliquota.

Valdis Dombrovskis

Domani, a una settimana dal vertice digitale del 29 settembre in cui i capi di Stato e di governo dell’Unione europea discuteranno a Tallinn, in Estonia, delle prospettive del settore e della web tax, l’esecutivo comunitario presenterà una comunicazione in cui esporre le opzioni che sono sul tavolo e le diverse possibilità. L’obiettivo, fissato la scorsa settimana dall’Ecofin, è di arrivare a una posizione comune dei Paesi membri entro la fine dell’anno, in modo da spingere la discussione nei contesti più opportuni e globali, appunto l’Ocse e il G20.

In mancanza di una di soluzioni a “lungo termine”, l’Ue potrebbe mettere in campo anche soluzioni abreve termine“, come una tassa sul fatturato, una ritenuta sulle transazioni digitali e un’imposta sui messaggi pubblicitari. Sono queste le proposte che il vicepresidente della Commissione europea presenterà domani, così come richiesto dal Consiglio Economia e Finanzacomposto dai ministri dell’economia e delle finanze di tutti gli Stati membri, di sabato scorso a Tallinn e in vista del summit digitale dei capi di Stato e di Governo che dovrebbe dare una spinta politica al dossier.

Misure unilaterali possono frammentare il mercato unico, scombinare il campo di gioco e aprire nuove scappatoie fiscali, per cui in assenza (a oggi) di adeguate soluzioni globali, l’Unione europea si prepara ad attuareiniziative proprieper mettere fine ai vantaggi delle imprese dell’economia digitale. Infatti è previsto che l’Ocse non presenterà una sua posizione prima di inizio 2018, e oltretutto questa potrebbe non rispettare il livello di ambizione che l’Ue chiede ora. Ma a esser scettici sull’approvazione della direttiva sono in primis proprio l’Estonia, l’Irlanda, il Lussemburgo e Malta. Ovvero tutti quei Paesi (dell’Ue) che hanno fondato la propria fortuna sul fisco vantaggioso per le imprese.

La Commissione proporrà quindi “rimedi a breve termine”, come la tassa sul fatturato proposta da Italia, Francia, Germania e Spagna, sostenuta a Tallinn anche da altri sei Paesi. Ci sarà, poi, l’ipotesi di una ritenuta d’acconto sulle transazioni digitali, e il prelievo sui ricavi generati dalle forniture di servizi digitali. Tutte queste hanno però pro e contro da approfondire, così come la compatibilità con i trattati sulla doppia tassazione, le regole sugli aiuti di Stato, libertà fondamentali, impegni sul free-trade e regole dell’Organizzazione mondiale del commercio (Omc o, dall’acronimo inglese, WTO: World Trade Organization).

L’esecutivo comunitario, soprattutto, vuole evitare che si proceda con soluzioni nazionali o frammentate, come potrebbe essere una cooperazione rafforzata, e quindi spingerà per una soluzione europea. Ma metterà in guardia dalla difficoltà d’individuare una base imponibile, ovvero cosa tassare, in imprese digitali così diverse tra loro come Amazon, Google, Facebook, Netflix, Booking, Zalando e tutte le altre grandi e piccole realtà che finora hanno fatto fortuna anche grazie ad una tassazione “obsoleta” che non è riuscita ad intercettare i loro profitti.

 

Giovanni De Negri

Foto © Creative Commons and European Union

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Giovanni De Negri
Giornalista professionista ed esperto di comunicazione ha iniziato come conduttore in alcune emittenti televisive locali per poi passare a ogni altro genere di media: quotidiani, periodici, radio, web. Ha alternato l’intensa attività giornalistica con quella di amministratore di società e di docente, a contratto titolare di insegnamento o come cultore della materia, presso Università pubbliche e private, italiane e straniere, per l’Esercito e per la Scuola superiore dell’economia e delle finanze. Ha inoltre lavorato presso Uffici stampa della P.A. (Palazzo Chigi, Regione Lazio e Comune di Roma) e realizzato eventi/convegni presso la Camera dei Deputati, il Senato della Repubblica, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro (CNEL)

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