I negoziati in corso per uscire dallo stallo e formare un governo di unità nazionale. Resta ora da definire il ruolo del generale Khalifa Haftar
Due governi rivali, una pletora di milizie che non hanno alcuna intenzione di deporre le armi, un generale scomodo il quale non vuole essere escluso da un eventuale governo di unità nazionale. Sembra la trama di un film, ma in realtà è la situazione che si registra attualmente in Libia.
Il generale risponde al nome di Khalifa Haftar, inviso al governo di Tripoli in quanto nemico delle milizie islamiche. Un uomo potente, vicino all’Egitto, per nulla disposto a farsi da parte e in grado di condizionare in maniera pesante i negoziati. Ex generale di Gheddafi, aspira a ricoprire un ruolo chiave nel futuro della Libia. Una soluzione potrebbe essere quella di lasciarlo a capo dell’esercito, ma senza un incarico ufficiale nell’esecutivo. Nel frattempo il Paese sta precipitando in un baratro dal quale non sarà facile uscire.
In primo luogo c’è il problema delle tribù le quali, ormai abituate ad un vuoto di potere che ne favorisce i traffici, non vogliono in alcun modo consegnare le armi. In questo scenario la criminalità prolifera, in particolare nel traffico di esseri umani. Un terreno estremamente fertile per la propaganda e le attività dell’Isis.
Non aiuta poi il coinvolgimento di Paesi stranieri, come la Turchia, l’Egitto e l’Arabia Saudita che, sostenendo le fazioni amiche e perseguendo i propri interessi particolari, compromettono le possibilità di un’intesa comune.
In questo scenario l’Italia potrebbe essere pronta a guidare una missione internazionale, ma la condizione primaria è quella della formazione di un governo stabile, con il più ampio consenso possibile. In attesa di un accordo sempre più necessario, tempi e modi della missione sono ancora da definire. Probabile il ruolo guida del nostro Paese, che sta intensificando i contatti con gli altri Paesi della coalizione.
Il premier italiano Matteo Renzi, in accordo con l’alleato statunitense, ritiene essenziale e prioritaria una stabilizzazione del quadro politico. Interventi impulsivi e individuali, come è stato quello francese, rischiano solo di aumentare la confusione e di aggravare una situazione già ampiamente compromessa.
I colloqui tenutisi ieri al palazzo di vetro di New York, protagonisti fra gli altri il titolare della Farnesina Gentiloni e l’inviato ONU Martin Kobler, vanno in questa direzione. Lo stesso Kobler è atteso oggi al Consiglio di sicurezza dell’ONU per riferire riguardo la crisi libica e le sue complesse implicazioni.
Riccardo Cenci
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Immagini:
Matteo Renzi © European Union, 2016
Khalifa Haftar © Wikipedia