Gaetano Donizetti compositore dal respiro europeo

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In scena al Teatro dell’Opera di Roma “Linda di Chamounix”, concepita dal compositore bergamasco per il pubblico viennese e oggi quasi mai rappresentata

Gaetano Donizetti compone la Linda di Chamounix appositamente per i gusti raffinati del pubblico viennese. La prima esecuzione, andata in scena al Teatro di Porta Carinzia nel 1842, è uno dei trionfi più grandi della sua pur luminosa carriera. Fino al 1849 l’opera ebbe una enorme diffusione a livello europeo; venne infatti tradotta in innumerevoli lingue e rappresentata ad Amburgo, Berlino, Bucarest, Budapest, Bruxelles, Dublino, Lisbona, Londra, Praga, San Pietroburgo e Varsavia. La sua fortuna, massima fino al primo decennio del Novecento, contrasta con l’oblio che in seguito l’ha avvolta. La storia di quest’opera ci riporta alla scena operistica ottocentesca, quando la fama dei compositori italiani era al suo apice, così come lo scambio e l’interazione culturale fra i diversi Paesi.

Opera esaltata all’epoca del suo concepimento quanto negletta dal nostro tempo, la Linda di Chamounix torna al Teatro dell’Opera di Roma dopo un oblio durato ben centotre anni. Si coglie nella sua concezione drammaturgica una peculiare alchimia fra spinte romantiche e derive di stampo comico in verità affidate, in maniera del tutto originale, al solo personaggio del Marchese di Boisfleury. Il tradizionale antagonista melodrammatico, spiritosamente definito da Bernard Shaw come il baritono che vuole contrastare l’amore fra il tenore e il soprano, veste in questo caso i panni del buffo dalla vocalità di stampo rossiniano. Suo compito quello di stemperare la tensione, annacquando un poco il patetismo imperante. Emblema di un’aristocrazia in declino, il Marchese mostra velleità amorose che nessuno può prendere sul serio. Le sue minacce generano ilarità, il suo agitarsi in scena spegne il fuoco delle passioni dettate dal romanticismo. La nascente borghesia delle grandi capitali europee avrà certamente apprezzato.

Linda di Chamounix_Jessica Pratt (Linda) Bruno De Simone (marchese)Yasuko Kageyama-Opera Roma 15-16_5561La vicenda mette in scena il consueto amore contrastato, con l’eroina che perde la ragione per riacquistarla nel momento in cui riesce a coronare il proprio sogno. Il dramma è racchiuso nella dicotomia fra il mondo bucolico, simbolo di innocenza, e le insidie rappresentate dal contesto cittadino. Opera dalla drammaturgia particolare, certamente affetta da una certa vacuità ma non, come vuole lo stereotipo critico, totalmente indigesta al gusto moderno.

Riccardo Frizza stenta a imporre una propria lettura, limitandosi ad assecondare i diversi umori della partitura. Sorprende poi l’idea di sopprimere la Sinfonia iniziale, brano orchestrale destinato a un pubblico abituato a una cultura strumentale eccelsa, e perciò redatto con particolare attenzione dal compositore.

Riguardo il cast, non tutti rispondono ai desiderata dei rispettivi ruoli. Jessica Pratt appare come la bambola meccanica dei Racconti di Hoffmann, ovverosia canta tutto o quasi in maniera impeccabile ma le manca l’anima. Il timbro algido e la freddezza interpretativa non sono comunque del tutto inadeguati al personaggio, affetto da una castità che in alcuni momenti appare impermeabile a qualsiasi abbandono passionale (si pensi al duetto con l’amato nel secondo atto). Ismael Jordi è un Visconte di Sirval di grande presenza scenica e indubbio fascino vocale. Il timbro è bello, il fraseggio limpido e scorrevole, la tecnica impeccabile. L’aria del secondo atto “se tanto in ira agli uomini”  è cantata con grazia e dovizia di sfumature. Se qualcosa gli manca è lo squillo in zona acuta. Bruno De Simone è un Marchese irresistibile dal punto di vista scenico e attoriale, più discutibile risulta invece la parte prettamente vocale. Bravissima Ketevan Kemoklidze nel ruolo di Pierotto, al quale fra l’altro è affidata la ballata “per sua madre andò una figlia” nel primo atto, fra le pagine più suggestive dell’intera partitura. Roberto De Candia è un baritono brillante al quale è stato affidato un ruolo drammatico eccessivamente gravoso per il suo peso specifico. Ciò non toglie che la sua prova sia generosa e nel complesso apprezzabile. Christian Van Horn è un Prefetto dalla voce ampia ma un poco ingolata. Buona infine Caterina Di Tonno nel ruolo di Maddalena. Piace la scenografia astratta creata da Daniel Bianco, che suggerisce le ambientazioni bucoliche senza mostrarle, tutta giocata su colori neutri e pastello. La trasposizione primo novecentesca, con l’automobile che fa il suo ingresso nel paesaggio naturale, non disturba affatto, anzi sottolinea il contrasto fra innocenza ed esperienza, fra campagna e città al quale accennavamo in precedenza. Delude semmai il lavoro registico di Emilio Sagi, che sovente sembra abbandonare i cantanti a se stessi.

Riccardo Cenci

Foto ® Yasuko Kageyama

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Riccardo Cenci
Riccardo Cenci. Laureato in Lingue e letterature straniere moderne ed in Lettere presso l’Università La Sapienza. Giornalista pubblicista, ha iniziato come critico nel campo della musica classica, per estendere in seguito la propria attività all’intero ambito culturale. Ha collaborato con numerosi quotidiani, periodici, radio e siti web. All’intensa attività giornalistica ha affiancato quella di docente e di scrittore. Ha pubblicato vari libri (raccolte di racconti e romanzi). Attualmente lavora come Dirigente presso l’Enpam.

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