Al Teatro dell’Opera Eugenij Onegin nella lettura di Carsen

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Allestimento dedicato a Mirella Freni, recentemente scomparsa, che del capolavoro di Čaikovskij fu indimenticabile protagonista nella Capitale

«Io, come artista, ho l’obbligo morale di presentare l’opera nella sua realtà, contrariamente all’idea che tutto deve essere ricondotto al nostro tempo», sottolinea il direttore James Conlon, alla cui sapienza e sensibilità musicale è affidato l’Eugenij Onegin che, dopo un’assenza di circa venti anni, torna al Teatro dell’Opera di Roma. «La ragione per cui i grandi capolavori continuano ad essere interessanti, risiede nel fatto che contengono qualcosa che va al di là del proprio tempo», aggiunge, evidenziando come ogni vera opera d’arte, pensiamo a Michelangelo o a Leonardo, contenga in sè un sentore di eternità. In quest’ottica, ogni forzatura in senso moderno appare futile e dannosa.

L’allestimento è quello creato nel lontano 1997 da Robert Carsen, presentato per la prima volta in Italia, tanto essenziale nell’ambientazione quanto profondo nello scavo psicologico, in grado di rendere tutta la complessità del testo di Puškin alla base del libretto.

Produzione dedicata al grande soprano Mirella Freni, recentemente scomparsa, grande interprete del ruolo di Tat’jana nell’ultima apparizione romana del capolavoro di Čaikovskij, nell’ormai lontano 2001. Un cast allora sontuoso, completato da Nicolai Ghiaurov nel ruolo di Gremin e da Giuseppe Sabbatini in quello di Lenskij.

Compagnia di canto dall’età anagrafica più bassa stavolta, la cui minore esperienza in questo titolo potrebbe essere foriera di risultati originali e non scontati. Nel ruolo protagonista Maria Bayankina, segnalata dal grande direttore russo Valery Gergiev, una Tat’jana in grado di coniugare semplicità e forza espressiva. Fra gli altri interpreti citiamo Markus Werba come Onegin, Saimir Pirgu nel ruolo di Lenskij e Yulia Matochkina quale Ol’ga.

Onegin segna un mutamento sostanziale nel teatro musicale russo, simile a quello compiuto da Verdi con Traviata. Il testo sacro di Puškin veniva violato, non senza dissensi da parte dei fruitori, mentre il dramma intimista prendeva il posto delle grandi narrazioni epiche o fiabesche. Un passo importante verso la modernità.

Un lavoro che, secondo Conlon, ha uno dei suoi punti di forza nel coinvolgimento sempre profondo dell’orchestra. I timori espressi dal compositore riguardo un possibile oblio di questo titolo non potevano rivelarsi più errati. Eugenij Onegin è una delle opere russe più amate e rappresentate, apprezzata proprio in quanto racchiude in sè i molteplici caratteri di un intero Paese e della sua anima più profonda.

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Oksana Tumanova

Foto © Yasuko Kageyama

 

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Oksana Tumanova
Oksana Tumanova. Nata nell’ex Unione Sovietica, ha vissuto in prima persona il disintegrarsi delle utopie socialiste. Da allora l’interesse per le complesse dinamiche dell’est Europa la spinge ad impegnarsi in prima persona, scrivendo di questi argomenti in particolar modo sul web.

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