Reazione del commissario per i diritti umani, Nils Muižnieks, alla richiesta della Procura a Baku di condannare Khadija Ismayilova a 9 anni di carcere
La richiesta del procuratore della corte distrettuale di Sabail a Baku di condannare Khadija Ismayilova, nota giornalista investigativa azera, a 9 anni di carcere «è una notizia triste, ma che ci aspettavamo. Khadija è l’ultima vittima di una lunga lista di difensori dei diritti umani e giornalisti che sono stati selettivamente colpiti da accuse poco credibili e procedimenti penali mosse contro di loro da un sistema intollerante di ogni critica».
Nils Muižnieks, terzo commissario (dal 2012) per i diritti umani del Consiglio d’Europa, l’istituzione con sede al Palais de l’Europe di Strasburgo a fianco dell’assemblea Ue utilizzata per le riunioni plenarie, l’organizzazione intergovernativa che raggruppa 47 Stati membri del continente europeo, è intervenuto dopo le condanne nei giorni scorsi del rappresentante OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) per la libertà dei media, Dunja Mijatović – per la recente uccisione del giornalista Rasim Aliyev, vedi nostro post – e del presidente del Parlamento europeo Martin Schulz sulla verdetto per Leyla Yunus e Arif Yunus (link).
«Esorto le autorità giudiziarie azere a rispettare le norme internazionali che definiscono lo stato di diritto e di respingere la richiesta del pubblico ministero e liberare Khadija Ismayilova. Sarebbe l’unico modo per iniziare a ricostruire fiducia nei confronti del sistema giudiziario dell’Azerbaigian».
Il processo contro la giornalista investigativa, arrestata a dicembre, è iniziato a luglio. L’organizzazione non governativa “Reporter senza frontiere” (Rsf, Reporters sans frontières nell’originaria denominazione francese), come riportato dall’Afp (Agence France-Presse), ha qualificato come «mostruosa» la richiesta di condanna da parte della procura e ha affermato che l’episodio va inquadrato nella repressione contro i giornalisti indipendenti nel Paese. Ricostruzione del caso e condanna che si può leggere pure sul sito di Amnesty international (link).
Arina Moskovskaja
Foto © Council of Europe