Anche il Consiglio d’Europa in pressing sull’Ungheria

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La Commissione di Venezia definisce “altamente problematici” i dettami della legge magiara sull’istruzione superiore. Normativa indirizzata per colpire l’università di Soros

In un parere preliminare diffuso oggi, gli esperti giuridici della Commissione di Venezia del Consiglio d’Europa affermano che in generale le disposizioni della legge ungherese sull’istruzione superiore sono in linea con la consueta pratica europea, tuttavia ritengono che numerosi requisiti della legge siano eccessivamente rigorosi o addirittura ingiustificati se applicati alle università già esistenti.

La Commissione di Venezia riconosce il diritto di uno Stato di regolamentare le università straniere sul proprio territorio, soprattutto in assenza di norme o modelli europei comuni in tale ambito, e che è compito delle autorità ungheresi valutare quando e se tale quadro necessita di essere aggiornato o adattato in base alle nuove sfide. Tuttavia, sebbene il nuovo quadro normativo introdotto dalla legge possa essere applicato in modo legittimo alle università straniere non ancora attive in Ungheria, lo stesso non vale per le università già esistenti.

Il parere della Commissione di Venezia, basato su visite e consultazioni in Ungheria, ha stabilito innanzitutto che la legge è stata adottata secondo un processo eccessivamente rapido che non ha consentito una procedura legislativa trasparente e inclusiva, la quale avrebbe offerto le giuste opportunità di consultazione con le parti interessate e avrebbe portato beneficio alla legittimità democratica della legge.

Sebbene la nuova legge sia formulata in modo neutrale e non dichiara alcuna istituzione particolare, il parere della Commissione di Venezia rileva che la legge infatti riguarda direttamente l’Università Centrale Europea (CEU, dall’acronimo inglese Central European University) fondata da George Soros. Già l’Unione europea ha avviato una procedura d’infrazione contro il governo ungherese di Viktor Orban per la legge che introduce una stretta sulle Ong che ricevono finanziamenti dall’estero (della vicenda ce ne siamo già occupati come Eurocomunicazione in questo articolo).

In particolare, la nuova legge impone la conclusione di un accordo internazionale tra gli Stati Uniti e l’Ungheria per consentire alla CEU di continuare a funzionare e obbliga la CEU a costituire un campus nel suo Paese d’origine. La legge vieta inoltre l’uso di nomi identici in diverse lingue. Delle 24 università straniere che attualmente operano in Ungheria, solo CEU e il suo partner ungherese KEE sembrano essere gli unici atenei ad essere gravemente colpiti da questo requisito, perché per rispettarlo, KEE o CEU dovrebbero cambiare il proprio nome. Sarebbe dannoso per l’immagine dell’istituzione, secondo il parere.

Tra le sue raccomandazioni, la Commissione di Venezia invita le autorità ungheresi ad esentare le università dall’obbligo, in capo alle stesse, di provvedere all’educazione nel Paese di origine e ad eliminare il divieto di utilizzare nomi identici in diverse lingue. Secondo il citato parere anche le nuove norme in materia di permessi di lavoro non devono influenzare in modo sproporzionato la libertà accademica ed essere applicate in modo non discriminatorio e flessibile senza compromettere la qualità e il carattere internazionale dell’istituzione universitaria.

 

Margit Szucs

Foto © Council of Europe, European Union, Times of Israel

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