Brexit ed elezioni anticipate: le (continue) incognite del Regno Unito

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Corbyn aspetta l’Ue per pronunciarsi sul voto, sempre che Johnson cancelli opzione no-deal. Ipotesi 12/12, ma strada in salita. Timide aperture da Parigi

Di nuovo in difficoltà per la posizione ostile del Parlamento, dove non si sa se abbia ancora una maggioranza, il premier britannico Boris Johnson sceglie di andare (ancora) all’attacco: impossibilitato a portare a termine la Brexit il 31 ottobre come promesso, punta tutto sulle elezioni anticipate prima di Natale nella speranza di conquistare un nuovo Parlamento che gli permetta di superare l’impasse e concretizzare l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea.

In un’intervista alla Bbc Johnson ha annunciato una mozione per ottenere il via libera dei parlamentari a tornare alle urne il 12 dicembre, con scioglimento delle camere il 6 novembre. Ai Comuni, poco dopo l’approvazione (310 sì contro 294 no) del Queen’s Speech (Discorso della Regina), ossia le linee programmatiche del governo, il fedelissimo Jacob Rees-Mogg ha formalizzato la richiesta che sarà messa ai voti lunedì prossimo.

Perché venga approvata, la mozione deve ottenere il sostegno di due terzi dei deputati, una condizione che finora è venuta a mancare già due volte negli ultimi due mesi. E la strada è ancora una volta in salita. Mentre l’opzione rinvio resta sul tavolo di Bruxelles, che sembra disposta a concedere un’estensione fino a gennaio 2020, il governo ha registrato divisioni, che il premier ha voluto far venire alla luce durante il gabinetto politico riunito a sorpresa nel primo pomeriggio.

Nonostante il leader dei laburisti Jeremy Corbyn non abbia mai nascosto il suo desiderio di andare alle urne, nella convinzione di poter riprendere (per l’opposizione) Downing Street, il partito nelle ultime ore – quando la voce già circolava con insistenza – aveva fatto sapere che non l’avrebbe sostenuta prima di ottenere dall’Ue la garanzia di un’estensione della Brexit. Corbyn attenderà dunque la decisione dei Ventisette: come riporta il quotidiano francese Le Figaro «il principio è il seguente: ritirare il no deal dal tavolo – l’Ue risponde – poi potremo decidere», dopo che inizialmente la Bbc aveva annunciato che i laburisti si sarebbero astenuti nel voto previsto lunedì.

Perciò siamo davanti a una svolta: i laburisti britannici sosterranno la proposta di Boris Johnson di elezioni generali anticipate (se e sole se il primo ministro toglierà dal tavolo l’opzione di una Brexit no-deal). Rimangono contrari sono anche i Lib-Dem di Jo Swinson e il partito nazionalista scozzese (Snp), così come i Verdi. Va giù pesante la leader scozzese Nicole Sturgeon che ha stroncato l’iniziativa sostenendo come «le elezioni dovrebbero essere un esercizio per consentire agli elettori di decidere, non dei mezzi per i ciarlatani per fare quello che vogliono».

Novità del giorno è la posizione di Parigi sempre più “disponibile” a concedere un’estensione al Regno Unito per un’attuazione ordinata della Brexit, sempre – chiede la Francia – che questo rinvio sia giustificato. Lo ha dichiarato il segretario di Stato francese per gli Affari europei Amelie de Montchalin. «Dobbiamo avere lo scenario chiaro del perché diamo tempo: è per ratificare un accordo perché abbiamo bisogno di qualche giorno in più? Organizzare le elezioni in modo che possiamo avere un chiarimento democratico?» – ha chiesto su RTL – «la posizione francese è di dare tempo se è giustificato, se capiamo perché è fatto. Non siamo in una situazione di ultimatum, siamo in una questione di chiarezza. Il tempo da solo porta a nient’altro che alla stagnazione».

 

Angie Hughes

Foto © politico.eu

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Angie Hughes
Scrivere in italiano per me è una prova e una conquista, dopo aver studiato tanti anni la lingua di Dante. Proverò ad ammorbidire il punto di vista della City nei confronti dell'Europa e delle Istituzioni comunitarie, magari proprio sugli argomenti più prossimi al mio mondo, quello delle banche.

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