Brexit, l’Unione europea gela Londra: accordo non si rinegozia

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Gb a Ue, se si vuole accordo servono modifiche. «È nell’interesse di tutti», dichiara un portavoce di Downing Street. Intanto May vede Corbyn

Diversi giorni dopo la bocciatura dell’accordo con l’Unione europea, Theresa May prova a riaprire i negoziati sulla Brexit, missione per cui la premier britannica ha ricevuto un nuovo mandato dal voto alla Camera dei Comuni di ieri. Ma da Bruxelles la risposta dei leader europei a Londra è secca: non sarà rinegoziato. Il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker ha gelato la May ribadendo ancora una volta che l’accordo di divorzio «già c’è» e ha avvertito anzi che il rischio di un’uscita «non ordinata» (“no deal”) del Regno Unito dall’Unione europea si avvicina sempre di più. Un contesto che prevede ogni tipo di scenari, anche «i peggiori».

Dunque, dopo aver bocciato l’intesa sul divorzio, i deputati britannici – ancora divisihanno votato martedì perché la leader conservatrice torni a Bruxelles. Decisiva l’approvazione di un emendamento presentato dal conservatore Graham Brady, che ha chiesto di trovare “soluzioni alternative” alle disposizioni sul backstop per il confine irlandese, clausola pensata per evitare il ritorno di una frontiera fisica. Ma mentre May pesa la difficoltà di convincere Bruxelles a riaprire il frutto di 18 mesi complicati di negoziati, i leader europei fanno fronte comune nell’opporsi. L’accordo sul tavolo «resta il solo e il migliore possibile» – ha tuonato Juncker – «lo abbiamo detto a novembre, ribadito in dicembre e poi a gennaio».

«Il mio messaggio alla premier: la posizione dell’Ue è chiara e coerente. L’accordo sul ritiro non è aperto a rinegoziazione», ha scritto su Twitter il presidente del Consiglio Ue, Donald Tusk. «Ieri abbiamo scoperto che cosa il Regno Unito non vuole, ma ancora non sappiamo che cosa voglia», ha aggiunto. Perciò è aumentato il rischio di un ritiro disordinato e che l’Irlanda scivoli all’indietro in tempi più bui. Il capo negoziatore europeo per la Brexit, Michel Barnier, ha insistito non solo sul fatto che «l’accordo non sarà riaperto», ma anche che il backstop serve al mantenimento della pace e sull’unità europea in questo senso.

Prima, a escludere nuovi negoziati erano stati anche il presidente francese Emmanuel Macron, il cancelliere austriaco Sebastian Kurz, la cancelliera tedesca Angela Merkel, il premier irlandese Leo Varadkar. Sul backstop è tornato anche Guy Verhofstadt, a capo del gruppo dell’Europarlamento per la Brexit (composto da sei membri), per cui la clausola è «assolutamente necessaria» e non ci sono quasi margini di manovra per cambiare l’accordo. Un altro membro del gruppo, Philippe Lamberts, si è spinto oltre, dicendo a Bbc radio che i brexiteers più radicali «credono in un miraggio».

Nel frattempo a Londra Theresa May ha incontrato il leader dell’opposizione laburista, Jeremy Corbyn, dopo aver avuto con lui un acceso scontro ai Comuni. Qui, il laburista ha esortato la premier a escludere il no deal, dopo che la maggioranza dei deputati si è espressa in questo senso, ma May aveva replicato: «Non potete soltanto votare per opporvi al no deal, dovete appoggiare un accordo». Lontani dalle telecamere, nel loro incontro successivo, i due politici hanno avuto colloquiseri e utili” e hanno concordato di incontrarsi di nuovo presto.

L’oggetto del contendere resta quindi il backstop: meccanismo di garanzia imposto dall’Ue per assicurare che il confine fra Irlanda del Nord e Irlanda resti senza barriere anche dopo la fase di transizione post Brexit, quali che siano destinati a essere le future relazioni fra Londra e Bruxelles, come prevede fra l’altro lo storico accordo di pace irlandese del Venerdì Santo del 1998. La premier britannica «aveva dato il suo impegno personale» per evitare un ritorno a una frontiera fisica in Irlanda, ma nessuna garanzia può valere se fosse a tempo “determinato”, ha sottolineato il presidente dell’esecutivo comunitario nel suo intervento alla miniplenaria a Bruxelles.

A delineare la fase di stallo del processo in corso sono poi i numerosi interventi degli eurodeputati convinti che alla compattezza dei Ventisette corrisponda invece una mancanza di unità a Londra. «Mancano poco meno di due mesi alla data d’uscita» del Regno Unito dall’Ue, «abbiamo urgentemente bisogno di vedere proposte positive da Londra su come superare lo stallo», ha ricordato Roberto Gualtieri, presidente della Commissione del PE per i problemi economici e monetari(ECON). Mentre il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani si è dichiarato «preoccupato per il destino e i diritti dei 3 milioni e mezzo di europei, tra cui 600mila italiani» residenti nel Regno.

Intanto s’intensifica la preparazione dei piani d’emergenza Ue pronti a scattare in caso di una Brexit senz’accordo, con l’obiettivo di tutelare il più possibile i cittadini. La Commissione ha adottato tre nuove misure che tutelano gli studenti Erasmus, le pensioni dei cittadini che hanno lavorato in Gran Bretagna e i pagamenti per i programmi Ue dal bilancio 2019. E di piani per un ipotetico no deal è tornata a parlare pure la numero uno della Confindustria britannica (Cbi). Mentre la premier May sembra iniziare a prendere in considerazione l’ipotesi di un compromesso con l’opposizione laburista, tanto da incontrare Corbyn per conoscere e approfondire il piano B del Labour per una Brexit più soft che mirerebbe a lasciare la Gran Bretagna almeno nell’unione doganale.

«Ho spiegato la posizione dei laburisti per un’ampia unione doganale con l’Unione europea per proteggere posti di lavoro e commercio». Lo ha spiegato lo stesso Corbyn in un’intervista alla Bbc, esprimendo il sospetto che la May stia seguendo la strategia difar scadere il tempo massimo” per poi mettere tutti di fronte all’alternativa fra il no deal e l’accordo già bocciato ai Comuni. Il leader laburista si è comunque detto disponibile ad incontrare di nuovo il governo per ribadire «il principio che non ci sia un’uscita a precipizio dalla Ue a fine marzo».

 

Angie Hughes

Foto © Daily Express,

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Angie Hughes
Scrivere in italiano per me è una prova e una conquista, dopo aver studiato tanti anni la lingua di Dante. Proverò ad ammorbidire il punto di vista della City nei confronti dell'Europa e delle Istituzioni comunitarie, magari proprio sugli argomenti più prossimi al mio mondo, quello delle banche.

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