Diversi attacchi all’aeroporto e in metropolitana mietono numerose vittime. Il Belgio chiude la frontiera con la Francia. Massimo livello d’allerta in tutta Europa
Dopo gli attentati di Parigi è Bruxelles ad essere colpita in maniera pesante, in quanto sede delle istituzioni europee e dunque luogo simbolo per eccellenza. Una risposta immediata alla cattura di Salah Abdeslam, come a dire che il terrorismo è ben lungi dall’essere sconfitto, o forse un agire immediato dettato dalle circostanze, dal timore che le rivelazioni dell’uomo appena catturato potessero compromettere la riuscita di azioni già da tempo pianificate.
Dovevamo aspettarci altri attentati, e questo è puntualmente avvenuto. Il tentativo è quello di colpire le nostre città con azioni di guerriglia ben congegnate, appoggiate dall’uso imprevedibile di kamikaze. I terroristi cercano di condizionare le nostre vite, di spingerci in una spirale di angoscia che va a intaccare i rituali più semplici della quotidianità; prendere la metro per recarsi al lavoro, partecipare a un concerto o a una partita di calcio. La posta in gioco è la nostra libertà individuale.
Le consuete frasi riguardo la reazione ferma dell’Europa non bastano più. Parole rivelatesi spesso povere di significato, alle quali le nostre istituzioni non hanno saputo fornire concretezza. Le conseguenze, inutile negarlo, saranno importanti, in particolare sul nostro stile di vita. Non basta rivedere i protocolli di sicurezza. Occorre un lavoro di intelligence enorme, in grado di scoprire le cellule silenti riuscendo a prevenire gli attentati, una diffusa rete di infiltrati che identifichi i soggetti pericolosi neutralizzandoli prima che possano entrare in azione.
Un condizionamento al quale non potremo sfuggire, si diceva. Subito dopo gli attentati la rete dei telefoni cellulari è andata in tilt, mentre si poteva comunicare solo tramite i social network. L’intera rete dei mezzi di trasporto è stata bloccata. Polizia ed esercito hanno attivato un controllo capillare della città, le frontiere sono state chiuse per stringere le maglie sulla rete terroristica. Gli allievi e gli insegnanti sono stati obbligati a non lasciare le scuole, gli impiegati i loro uffici.
Mettere in sicurezza completa le nostre città è un’utopia. Troppi gli obiettivi sensibili, troppi i luoghi affollati e di difficile monitoraggio. Basti pensare al metrò, appunto colpito a Bruxelles, al quale difficilmente si possono applicare sistemi di controllo troppo stringenti, pena il blocco totale del traffico passeggeri. Negli aeroporti si potrebbero introdurre controlli prima del check-in e del passaggio nella zona degli imbarchi, cosa già attuata in alcuni scali, ma la prevenzione totale è impossibile.
La rete terroristica è ben ramificata e organizzata. Riguardo la situazione a Bruxelles, occorre ricordare la specificità del quartiere di Moleenbek, del quale le autorità sembrano aver perso da tempo il controllo. Un luogo abbandonato a se stesso, fulcro della radicalizzazione islamica, una sorta di ghetto che ora sta mostrando tutta la propria pericolosità. Una rete massiccia di perquisizioni potrebbe innescare sommosse popolari, già viste in occasione dell’arresto di Salah. Bisogna inoltre ricordare che la città ospita altri quartieri a maggioranza islamica. Tutto questo deve far riflettere. Il modello applicato in Belgio, e anche in Francia, ha dato vita a realtà degradate dove il terrorismo prolifica. In tali contesti la parola integrazione non ha alcun significato.
Bisogna poi temere il condizionamento politico derivato da questi atti barbarici. Le forze di estrema destra cavalcano facilmente l’onda del terrore. In questi momenti drammatici è facile radicalizzare i contrasti, spingendo sul pedale dell’odio. Una reazione sbagliata, che rischia di consegnare le nostre democrazie alla legge della paura, foriera di nuove dittatture.
Occorre infine analizzare la situazione internazionale. Messo sotto pressione dalle azioni militari dei suoi nemici, lo Stato islamico sta cercando di trasformare la Libia nel centro del terrorismo mondiale. I miliziani presenti, in assenza di un governo stabile, potrebbero intensificare la loro opera di proselitismo. Risolvere la questione in questo Paese è dunque essenziale, per la sicurezza dell’Italia e dell’Europa intera.
Finchè il Nord Africa e il Medio Oriente saranno preda di forze incontrollate, devastate da conflitti infiniti, non ci sarà pace neppure in Europa. Una risposta efficace deve essere globale, deve necessariamente prescindere dagli interessi individuali e dagli egoismi dei diversi attori i quali operano sullo scacchiere internazionale.
Riccardo Cenci
Foto © European Union (apertura), People’s Daily China (da Twitter, altre)