Combattere la violenza sulle donne si può. Partendo dall’istruzione

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Grandi donne ci indicano la via. Hauwa Ibrahim: «La lotta alla violenza deve essere tra le priorità di oggi, di domani e degli anni a venire»

Donna. Una parola che cela infiniti universi. Se ogni donna contiene in sé migliaia di sfaccettature, figuriamoci quando il pensiero si espande nel tentativo di arrivare alle donne di tutto il mondo. Pensare alle loro condizioni di vita. Ai loro sentimenti rispettati, ignorati o calpestati. Alle opportunità concesse, ostacolate o negate. Alla violenza perpetrata, combattuta o taciuta. Si potrebbe andare avanti all’infinito e rimarrebbe comunque ancora qualcosa da dire. Eppure è banalmente vero che non si può parlare di una donna senza pensare a tutte le donne del mondo. Lo è ancor di più oggi, 8 marzo. Una giornata importante che ci piace pensare come un’occasione in più non per festeggiare, ma per ricordare. Ricordare l’urgenza di non abbassare mai la guardia sulla donna.

Dai maltrattamenti fra le mura domestiche all’abominio delle spose bambine, la strada da fare è ancora lunga perché si arrivi finalmente a fare in modo che le donne, in ogni parte del mondo, possano godere di condizioni di vita adeguate e non subire mai più violenza di nessun tipo.
Da dove partire? Si deve agire su molti piani contemporaneamente: politico, sociale, culturale. Di certo è fondamentale partire dalle bambine. Dall’istruzione. Fare in modo che tutte le donne abbiano accesso all’istruzione è il primo, fondamentale passo verso la consapevolezza.

Hauwa Ibrahim

È in questa direzione che va anche il messaggio di Hauwa Ibrahim, avvocatessa nigeriana e professoressa universitaria, nonché premio Sakharov 2005. Durante il convegno “Liberare le donne dalla violenza” (organizzato dall’Ufficio di informazione in Italia del Parlamento europeo insieme ad ActionAid italia, al Dipartimento Politiche Europee della Presidenza del Consiglio dei Ministri e alla Rappresentanza in Italia della Commissione europea) Ibrahim ha dichiarato con forza: «La lotta alla violenza deve essere tra le priorità di oggi, di domani e degli anni a venire. Dobbiamo agire perché nessuna forma di violenza sia più tollerabile». L’avvocatessa ha poi parlato della sua esperienza personale: «Sono stata in prima persona una vittima della violenza contro le donne: sono stata data in sposa all’età di 10 anni, poi quasi per caso ho ricevuto un’istruzione, sono diventata avvocato, sono riuscita ad arrivare a insegnare a Harvard e ho lavorato per salvare più di 200 ragazze da Boko Haram».

Malala Yousafzai

Un messaggio di coraggio e speranza che ricorda le parole di Malala Yousafzai, la più giovane vincitrice del premio Nobel per la pace che, proprio in occasione della consegna del premio disse: «Non è più tempo di provare pietà. È tempo di agire in modo che sia l’ultima volta che vediamo un bambino privato dell’struzione. Per quanto ne so sono solo una persona testarda e impegnata, che vuole vedere ogni bambino ottenere un’istruzione di qualità, che vuole gli stessi diritti per le donne e che vuole la pace in ogni angolo del mondo».

Sono queste le donne che indicano la via. Che mostrano e dimostrano come si possa agire per cambiare le cose. Non solo a parole, ma con i fatti.

In Europa, il primo passo da fare è la firma e la ratifica della Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa. Si tratta del più importante trattato internazionale sulla lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica. Nella convenzione di Istanbul la violenza sulle donne è identificata come violazione dei diritti umani. Per contrastarla, vengono indicate misure volte a prevenire la violenza, ma anche a proteggere le vittime e perseguire i reati.

Anche per questo è fondamentale che non solo tutti gli Stati membri Ue, ma l’Unione europea in quanto tale si

Silvia Costa

impegnino per la firma e la ratifica della Convenzione. Come ha sottolineato l’eurodeputata Silvia Costa, da anni impegnata per la difesa dei diritti delle donne, «ancora 14 Stati membri non l’hanno firmata». La deputata ha inoltre sottolineato come sia necessario «ricostruire un dibattito in cui la donna sia soggetto della politica e non oggetto, perché le donne sono il primo soggetto del cambiamento e solo grazie a un loro maggior coinvolgimento si potrà fare la differenza».

In questa prospettiva, e ricordando quanto sia fondamentale il ruolo dell’istruzione in questo contesto, diventa anche fondamentale nel nostro Paese l’introduzione dell’insegnamento dell’educazione sessuale e affettiva nelle scuole. Insegnamento che in alcuni Paesi del Nord Europa, è presente dagli anni ’60. Oggi, nel 2017, l’Italia è rimasta l’unico Stato europeo, insieme alla Grecia, a non averlo ancora introdotto. Una proposta di legge c’è ma continua a rimanere ferma da anni. Eppure, è proprio dall’istruzione che si parte per costruire la consapevolezza, e proprio sulla scuola bisognerebbe puntare per costruire una società diversa in cui la donna ricopra finalmente il ruolo da protagonista che le spetta. Perché, come ha ricordato Malala «Una ragazzo, un insegnante, una penna e un libro possono cambiare il mondo».

 

Valentina Ferraro

Foto © European Union

 

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Valentina Ferraro
Laureata in letteratura contemporanea, ha lavorato per diversi anni come editor per una casa editrice romana, per poi avvicinarsi alla sua più grande passione: la scrittura, intesa come mezzo di comunicazione a 360 gradi. Ha iniziato scrivendo di cinema e cultura per diverse testate sia online che cartacee (fra queste, “Il quotidiano della Sera” e il settimanale “Il Punto”). Dopo il primo viaggio a Bruxelles, nel 2014, ha scoperto un forte interesse per l’Unione europea, iniziando così ad approfondire le tematiche relative all’Ue. La spiccata curiosità per l’universo della “comunicazione 2.0” l’ha portata a mettersi alla prova anche come blogger. Di recente la scrittura ha incontrato un’altra sua grande passione: l’enogastronomia.

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