Conte, il suicidio di una nazione in diretta Facebook

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Si chiudono le «attività non strategiche e non essenziali» fino al 3 aprile. Le comunicazioni del presidente del Consiglio date via social sulla sua pagina personale

Cosa sareste disposti a fare, o a sopportare, pur di salvarvi la vita? Ogni cittadino italiano risponderebbe: quasi tutto. Quasi, perché certamente molti anteporrebbero, alla propria vita, quella di altri, dei propri figli, dei propri cari, in un gesto di grande altruismo che, forse, solo il genere umano sa compiere. Ma quand’è che si rischia la vita? Ci sono certamente situazioni oggettive, e certamente, molti di noi, ma non tutti, in questa epoca di Coronavirus (già il nome è inquietante, paragonabile a quello di un avvincente film di spionaggio per salvare il mondo con tanto di titolo in codice Covid-19), ne stanno vivendo una, ma non basta: occorre la percezione del pericolo. E quando il pericolo è invisibile, occorre una coerente narrazione dello stesso. E possiamo affermare con estrema certezza che su questo ci siamo in pieno. Davanti al pericolo, finalmente percepito, la collettività è disposta a cedere.

A non trovare strane quelle parole dette dal nostro presidente del Consiglio Giuseppe Conte, a notte inoltrata, quando il giorno sta per finire e un altro s’approssima, nella oramai sceneggiatura, poco istituzionale, comunicativa a cui siamo ahimè da settimane abituati ad assistere inermi. Parole affettate, che rivendicano una chiarezza e una limpidezza che non c’è mai stata fin dall’inizio della crisi epidemica, ma che rivendicata con tono grave ma sereno, suona vera perfino a chi non ha la memoria corta e sa benissimo che non lo è, date le negazioni iniziali, la scarsità di informazioni, il vanto di essere più preparati di tutte le altre nazioni e via dicendo. Non è strano quindi, o non viene percepito come tale, che si chiudano le «attività non strategiche e non essenziali» fino al 3 aprile, data che tuttavia, visto il comportamento “a singhiozzo della strategia Contiana / Casaliniana” nel comunicare dei provvedimenti, rischia di essere percepito come se avesse scadenza in un tempo non definito.

Fino a quando, presidente Conte? Quando il prossimo giro di vite? Quanto creda che valga, in termini di tracollo dei mercati finanziari, questo comportamento, unito al pathos che ci ha regalato facendoci attendere una diretta, dalla propria pagina Facebook, paradossalmente a reti unificate, che assieme alla sua gestione denuncia in modo patente una mancanza totale di percezione e l’evidenza di una navigazione a vista? Se gli operatori avessero questa stessa percezione, non potrebbero fare una valutazione del danno economico delle aziende coinvolte, per cui la decisione non sarà altro che vendere e aspettare. Ma speriamo di non avere ragione domani. Speriamo ardentemente che ci siano altri argomenti a far reggere i mercati. Lo speriamo per i risparmi e per i fondi pensione degli italiani.

E come sono state definite e individuate le attività non strategiche e non essenziali? In base a quali principi, considerando che siamo ormai una economia in cui i servizi hanno un peso sempre maggiore e con un tessuto produttivo caratterizzato da salde connessioni organizzative, operative, commerciali e con forte interdisciplinarità fra filiere solo apparentemente di diversa natura? È strategica l’attività di mera manutenzione impiantistica? Sicuramente sì, ma a questo punto è necessario che funzioni tutta la filiera delle forniture di ricambio. La fabbricazione di pompe sommerse e autoclavi per il sollevamento dell’acqua? O la vendita di accessori per la telefonia e i computer? È chiaro che non si comprende sulla base di quale regressione collettiva, sembra quasi che improvvisamente le attività essenziali si siano ridotte a quelle caratteristiche del Neolitico e dell’Età del Bronzo, epoche “frizzanti” ed entusiasmanti, durante le quali l’uomo inventò l’agricoltura, oltre all’innovazione, questa un tantino più recente, del welfare sanitario.

Le attività che possono dichiaratamente proseguire sono quelle relative alla filiera agroalimentare, inclusi ovviamente i trasporti, i supermercati, i negozi di generi alimentari e di generi di prima necessità, oltre alle farmacie, i servizi postali, bancari e assicurativi e le attività che si possono effettuare in smart working, i trasporti pubblici. Mentre stiamo scrivendo, non sono state tuttavia rese note altre attività, per cui, stando al piccolo elenco di filiere interconnesse che si citavano sopra, dobbiamo sperare solo per fare un semplice esempio non esaustivo: 1. che lo stock di impianti in dotazione a tutti i settori elencati regga e non abbia bisogno di manutenzioni, se anche le attività di manutenzione rimanessero aperte occorrerebbe sperare che nei magazzini dei manutentori ci siano tutti i ricambi necessari qualora la catena commerciale degli stessi dovesse essere fermata; 2. che nessun agricoltore, o condominio, o depuratore privato o comunale che sia, nessun impianto di potabilizzazione, eccetera, abbia bisogno di pompe sommerse (e si tratta di un solo esempio) o che esse siano disponibili nel magazzino del manutentore (come nell’ipotesi precedente); 3. che nessuno che svolga nessuna delle attività ancora autorizzate e nessuno che lavora in smart working, ma anche le famiglie che cercano di far studiare o anche semplicemente di intrattenere i loro figli con pc, tablet, smartphone o consolle di giochi, abbiano guasti che impediscano l’utilizzo di tali strumenti, ledendo i diritti al lavoro e allo studio.

https://www.facebook.com/Eurocomunicazione/videos/580807479184848/

Mi si dirà: “ma è ovvio che si farà così!”. Si? Ma se si fa così, allora, ragioniamoci, le nuove chiusure in più rispetto alle precedenti sarebbero assai poche. E allora, se le cose stessero così perché drammatizzare, se non per giustificare preventivamente un altro giro di vite? E perché, se fosse tutto così ovvio, non si procede in modo piano e pacifico, con strumenti meno spettacolari e più tecnici? Perché ci dobbiamo sorbire un presidente in diretta Facebook, a notte inoltrata, che con toni da entrata in guerra (e questa non lo è, non lo è!) ci dice cose che la mattina dopo non sono supportate ancora da alcun documento attuativo che chiarisca questi elementi basilari?

L’importante sembra che sia l’immagine comunicativa. E fra un giro di vite e l’altro, del tutto giustificati dalla maggior parte della popolazione, occorre dirlo (del resto, in palio c’è la nostra sopravvivenza!), non ci si accorge che tutto questo sta avvenendo non solo in diretta Facebook, come se non pagassimo nemmeno fior di canone RAI, ma senza alcun contradditorio, senza che ci sia nemmeno un giornalista di fronte che possa fare uno straccio di domanda, con provvedimenti di tipo amministrativo e col Parlamento di fatto chiuso ed esautorato dalla funzione di rappresentarci. È una china pericolosa, molto pericolosa. È la televendita della paura in diretta Facebook. La televendita della nostra Democrazia.

 

Alessandro Cicero

Foto e video © Eurocomunicazione, Facebook

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Alessandro Cicero
Alessandro Cicero è nato in Africa settentrionale, da genitori italiani di origine siciliana, si è trasferito da piccolo nella città di Salerno, oggi vive a Roma, svolge la sua attività tra la capitale e Londra. Scrive su alcune testate giornalistiche nazionali e su un organo di informazione europeo ed internazionale incentrato su tematiche politiche, economiche, industriali e su argomenti sociali e del lavoro inerenti il Parlamento Europeo e i rapporti con gli Stati membri ed esteri. È, inoltre, impegnato nella cura di rapporti istituzionali internazionali e di interfaccia con i media, creando campagne di stampa e cura dell’immagine istituzionale. Ha maturato esperienze nell’ambito del public relations, relations intelligence, crisis management e strategie digitali, corporate communication & public affair. È stato impegnato nello sviluppo e nella cura della comunicazione e delle relazioni esterne, anche in campagne di comunicazione elettorali internazionali. È stato consulente per l’elezione a Presidente della Repubblica di un importante Stato africano conseguendo la nomina, nell’ambito di quella specifica coalizione, di Consigliere per le Pubbliche Relazioni, Relazioni Istituzionali, Commerciali, Economiche per la Comunicazione in Italia e presso le Istituzioni Europee a Bruxelles. Ha fondato e diretto, come direttore editoriale, un settimanale nazionale sia cartaceo che online, ha scritto su alcune testate nazionali ed europee, ha partecipato come commentatore in alcune trasmissioni televisive come RaiNews24, Uno Mattina Rai, Rai Radio 1, Rai 2, intervistato su TG1 economia Rai. Tra le varie esperienze è stato osservatore per le elezioni presidenziali in Ucraina, nelle quali fu eletto Viktor Yushchenko e alcuni anni prima osservatore e corrispondente per le elezioni presidenziali in Albania, che portarono all’elezione di Sali Ram Berisha. Ha operato nel settore mass media, editoria e comunicazione in joint venture con la tedesco-romena Roumanainvest, il primo gruppo televisivo privato in Romania. Ha svolto incarichi nell’ambito del settore Ambiente ed Energia È stato cofirmatario, assieme all’amministratore delegato dell’Enel dell’epoca, Alfonso Limbruno e al Direttore Generale, Claudio Poggi, del Contratto Nazionale di Lavoro del Settore Elettrico nell’ambito delle relazioni industriali. Come editorialista e appassionato della materia, ha scritto e rilasciato anche interviste su organi nazionali d’informazione su temi di energia, ambiente, industria e riorganizzazione aziendale e di settori industriali, in particolare su aziende come ENI, Enel e Sogin.

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