Covid-19: chiuse le scuole, il governo britannico verso misure più stringenti

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Dopo il discorso da “business as usual” di qualche giorno fa, l’esecutivo guidato da Johnson potrebbe tornare sui suoi passi e seguire la strada del resto Europa

Tutte le scuole del Regno Unito si chiuderanno immediatamente alla maggior parte degli alunni e al personale dal venerdì pomeriggio fino a nuovo avviso. In seguito, gli esami non si svolgeranno a maggio e giugno. Secondo Boris Johnson, anche gli asili nido e le scuole private dovrebbero essere chiusi. Il segretario all’istruzione, Gavin Williamson, afferma che i figli dei lavoratori chiave – il personale del Sistema Sanitario Nazionale, la polizia e gli autisti delle consegne – e i bambini vulnerabili, incluso quelli con piani di istruzione, salute e cura, potranno restare a scuola. Williamson metterà in atto uno schema di voucher per compensare i pasti scolastici gratuiti.

Dopo che il tasso di mortalità giornaliera si è raddoppiato in 24 ore, l’esercito mette in attesa 20.000 truppe mentre Boris Johnson suggerisce che Londra potrebbe affrontare il blocco totale presto.

Il governo ha annunciato mercoledì che avrebbe proposto una legislazione di emergenza per introdurre un divieto totale di nuovi sfratti per tre mesi come parte delle misure per aiutare a proteggere gli affittuari negli alloggi sociali e privati ​​in affitto.

I casi di Covid-19 nel mondo hanno superato quota 200 mila, ormai quelli fuori dalla Cina sono più di quelli del Paese dove il coronavirus SARS CoV2 ha iniziato a circolare. È già una settimana infatti che l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha iniziato a usare il termine «pandemia globale».

La Cina, primo focolaio, sta gradatamente uscendo dall’emergenza e ora gli occhi del pianeta sono sull’Italia e sulle contromisure prese per cercare di contenere il più possibile il contagio. Già da tempo siamo diventati il secondo Paese più colpito dal Covid-19 e, purtroppo, il secondo anche per numero di decessi, con percentuali molto più alte degli altri.

Stati Uniti, Francia, Germania che pure avevano cercato di minimizzare sui rischi della diffusione della malattia, stanno ora adeguandosi alle rigide restrizioni già avviate dalla Cina e a quelle leggermente più morbide dell’Italia – al di là della differenza sulla pena di morte per quelli che nascondono i sintomi, non ci sono droni che obbligano al rientro in casa gli eventuali violatori della quarantena.

Anche la Gran Bretagna in questi giorni sta correggendo il tiro, preoccupata dai numeri in costante crescita e dalle previsioni degli scienziati. Solo pochi giorni fa il premier Boris Johnson aveva sostanzialmente detto che più o meno tutto sarebbe continuato regolarmente e che purtroppo qualche decesso sarebbe stato da mettere in conto, ricevendo molte critiche anche dall’opinione pubblica internazionale.

Certamente Johnson, eletto lo scorso luglio con lo scopo primario di finalizzare e traghettare il Paese verso la Brexit, non avrebbe mai immaginato di dover fronteggiare questo tipo di crisi, ma l’eccessivo attendismo di Downing Street si è dimostrato preoccupante.

Ora il governo britannico ha cambiato rotta, riconoscendo un ritardo di quattro settimane rispetto all’Italia, lodata per «l’eccellenza del sistema sanitario». I timori di Londra sono gli stessi nostri, ovvero la saturazione di ospedali e terapie intensive, scenario che costringerebbe a fare drammatiche scelte su chi possa continuare i trattamenti e chi no. Anche perché i contagi ufficiali sono ancora leggermente al di sotto dei 2.000, ma il timore che ce ne siano decine di migliaia non rilevati è forte.

Nelle ultime dichiarazioni, Johnson ha richiamato il suo esecutivo all’azione come fosse «un governo di guerra», preparandosi a fare «tutto il necessario» anche per tenere in piedi un sistema economico che, come tutti gli altri, rischia di subire gravi scossoni.

Il governo ha annunciato un piano straordinario che bilanci la necessità di sicurezza e protezione della popolazione con il sostegno all’economia. Da una parte l’invito a evitare «tutti i contatti non necessari» non frequentando pub, ristoranti, cinema o teatri, lavorando da casa e cercando di non pesare sul sistema sanitario nazionale per quanto possibile. Ma ancora nessun obbligo di chiusura delle attività commerciali non di primissima necessità. In molti hanno però optato per una chiusura volontaria, dai privati a musei come il Tate di Londra, chiuso fino al 1 maggio. I principali eventi annuali, tra cui il Glastonbury Festival e l’Eurovision Song Contest, sono stati annullati in linea con le indicazioni del governo in materia di distanza sociale. Anche gli spazi culturali in tutto il Paese, dagli Shakespeare’s Globe agli edifici del National Trust, hanno chiuso i battenti.

Dopo l’isteria generale e i negozi presi d’assalto, le catene di supermercati Sainsbury’s, Tesco, Morrison, Asda e Aldi hanno introdotto misure per limitare gli acquisti dei clienti: un massimo di tre prodotti per linea.

Obbligo di isolamento di due settimane, ovviamente, per chi ha contratto il virus. Si stima che gli ultrasettantenni e i soggetti con le condizioni di salute più serie debbano essere riparati dai contatti sociali per circa dodici settimane.

Non basta più la precedente idea di rallentare la circolazione del coronavirus attraverso l’immunità di gregge, strategia solitamente usata per le altre malattie infettive. Oltre 200 scienziati britannici si sono esposti contro questa ipotesi: bisogna bloccare la diffusione il prima possibile nella speranza che in uno o due anni, a tempo di record, si arrivi a un vaccino.

A far cambiare idea al governo potrebbe essere stato anche un documento segreto del Public Health England reso pubblico dal quotidiano The Guardian, che ha previsto, senza misure adeguate, il contagio dell’80% della popolazione, con quasi 8 milioni di persone (il 15% dei contagiati) che avrebbero bisogno di terapia intensiva e, considerando una mortalità vicina all’1%, oltre 300 mila decessi. Per non parlare della durata dell’emergenza, che andrebbe a estendersi fino addirittura a primavera 2021.

Per quanto riguarda l’economia invece, il cancelliere dello Scacchiere Rishi Sunak ha stanziato prestiti per 330 miliardi di sterline (363 miliardi di euro), da mettere in campo a supporto delle attività e la cifra potrebbe aumentare con il crescere dell’epidemia. Anche il presidente dell’Office of Budget Responsibility Robert Chote è ricorso a paralleli con la guerra per quanto riguarda la situazione delle finanze pubbliche, con sensibili picchi di ricorso a prestiti.

Aziende, negozi e pub, oltre a beneficiare di 25 mila sterline ciascuno (circa 27.500 euro) potranno vedersi applicata – in caso di difficoltà – una sospensione delle tasse per un anno, con una contestuale sospensione dei mutui di tre mesi.

Non mancano le polemiche nel Paese, non potrebbe essere altrimenti visto che la linea del governo è ancora piuttosto ambigua. Da una parte si sottolinea come non abbia senso invitare la popolazione a spostarsi il meno possibile e lasciare aperti negozi, pub e ristoranti; chi la vede in senso opposto avrebbe preferito continuare sulla strada di una (surreale) normalità.

Lo stesso accade nello sport, dove ad esempio il campionato di calcio è stato bloccato con colpevole ritardo, anche a dispetto di casi conclamati come per tre giocatori del Leicester. Qualche partita rinviata, qualcuna giocata a porte chiuse, finalmente è arrivata una misura univoca.

Le parole più dure sono state quelle dell’ex attaccante del Manchester United e della nazionale Wayne Rooney, ora allenatore/giocatore del Derby County, che ha senza mezzi termini denunciato il trattamento dei giocatori come fossero «cavie».

Messaggi di prudenza arrivano invece dal nostro connazionale e allenatore dell’Everton Carlo Ancelotti, dal suo auto-isolamento. «Stiamo vivendo un momento molto difficile ed è tempo per tutti noi di agire responsabilmente. Per favore, pensate a voi stessi, alla vostra famiglia e a tutti quelli con cui entrate in contatto. Seguite le raccomandazioni degli esperti e insieme batteremo il Covid-19».

 

Raisa Ambros

Foto © Qz.com; Reuters.com; Standard.co.uk;  Thetimes.co.uk; Geospatialworld.net; Washingtonpost.com; Bbc.co.uk

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Raisa Ambros
Giornalista pubblicista specializzata in geopolitica, migrazioni, intercultura e politiche sociali. Vive tra l’Italia e l’Inghilterra. Sceneggiatrice, autrice televisiva e conduttrice di programmi TV con un’esperienza decennale in televisione, Raisa è stata parte del team di docenti nel corso di giornalismo “Infomigranti” a Piuculture, il settimanale dove ha pubblicato e svolto volontariato di traduzione. Parla cinque lingue e viene spesso invitata nelle conferenze come relatrice sulle politiche di integrazione.

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