Culle vuote e debito pubblico: quanto costa il crollo della natalità?

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Per la prima volta dopo novant’anni, la popolazione italiana è calata in modo preocupante. Il Belpaese fra i primi al mondo per denatalità

C’è sempre una prima volta, e infatti, per la prima volta dopo novant’anni, la popolazione italiana è calata, secondo le stime più recenti, di ben 142 mila unità.  Un saldo negativo senza precedenti, se lo confrontiamo all’aumento in controtendenza degli stranieri di quasi dodicimila in più.
Insomma, secondo le stime dell’Istat, sono sempre di meno i giovani nel  Belpaese: quelli censiti sotto i quindici anni non arrivano al 14% della popolazione. Un segnale a dir poco drammatico per le sorti della nostra Italia.

Durante il fascismo, la questione demografica era una delle “idee forti” del regime, o tali apparivano: più numerosa era la popolazione – affermava la propaganda del regime – e più l’Italia aveva il diritto per chiedere uno spazio vitale per vivere. Peccato, però, che lo voleva fare a spese di altre nazioni.
Per anni, dopo la caduta del fascismo, si rigettò questa idea dello sviluppo demografico in quanto considerata imperialista e troppo legata a una ideologia condannata dalla storia. Ma gli anni passano e si comprende che un conto è parlare di sviluppo demografico per conquistare il mondo e un altro è mantenere lo sviluppo economico e sociale del proprio Paese.

Un tema complesso, con il quale dobbiamo fare i conti, soprattutto in questi ultimi decenni in cui siamo diventati tra i primi al mondo per denatalità. Siamo già alla cifra di non ritorno con una percentuale di 1.2, e per fortuna che ci sono gli immigrati, altrimenti saremmo da prefisso telefonico. Ormai, e per almeno due generazioni, saremo inesorabilmente un popolo di vecchi. Il rapporto tra i nati e i morti è in favore di quest’ultimi con la vita media che si è allungata di molto senza che ci sia un bilanciamento con dei nuovi nati, elemento fondamentale per guardare al futuro con serenità.

“I figli costano”, è una frase che si sente dire spesso, ma con la crisi economica sono diventati addirittura un lusso.  Così, invece di essere una ricchezza per la comunità, fare figli oggi è quasi un’ostentazione, roba da ricchi o peggio da incoscienti, come sembra indicare lo stesso Papa. Una crisi demografica che per la prima volta colpisce anche il Sud, da sempre un vero serbatoio di natalità. Ora invece anche qui le culle sono sempre più vuote. Regioni come il Molise e la Basilicata, per fare solo un esempio, risultano essere tra le più colpite, mentre un discorso a parte merita la Sardegna, al vertice non solo per la denatalità, ma anche per numero di matrimoni, e lo stesso vale per le convivenze: insomma, una regione che demograficamente sta sprofondando per mancanza di una speranza nel futuro. Non si tratta di un problema puramente antropologico, ma anche economico, che riguarda l’intera popolazione.

Dalla fine della Seconda guerra mondiale, abbiamo avviato una forte crescita, indebitandoci, talvolta al di sopra delle nostre possibilità, per finanziare non solo gli investimenti, ma soprattutto per coprire la spesa corrente, un atteggiamento economico divenuto esponenziale in questi ultimi due decenni, con il risultato di un debito pubblico ormai fuori controllo. Abbiamo di fatto vissuto rinviando alle generazioni future il nostro debito; un sistema balordo, non certo da buon padre di famiglia che ha sempre funzionato finché la crescita demografica supportava quella economica, come al tempo del baby boom, per tutto il periodo 1945-1964. Adesso, se vogliamo mantenere ancora un certo benessere, a chi lo rinviamo il nostro debito non essendoci più nuove generazioni per farsene carico? Per mantenere al minimo il cosiddetto “tasso di sostituzione”, ogni donna dovrebbe avere almeno 2 figli, mentre, come abbiamo visto, siamo appena alla metà.

La domanda egoistica che ci si pone, non solo in Italia, ma anche negli altri Paesi industrializzati che vivono il nostro problema, è: chi pagherà il sistema di assistenza per una popolazione sempre più vecchia e costosa, come pensioni e sanità?

In conclusione, se finora abbiamo vissuto al di sopra dei nostri mezzi, anticipando al presente il consumo di redditi futuri, da oggi non solo non potremo più farvi affidamento ma, cosa ben più difficile, dovremo anche iniziare a saldare i debiti accumulati in passato.
Nella dottrina cristiana si afferma che i figli sono un dono della Provvidenza e oggi, laicamente, bisogna dire che questa affermazione è quanto mai appropriata, quanto meno per ripagare il nostro debito pubblico.

 

Pierfrancesco Mailli
Foto © European Communities

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