Crisi Schengen, l’Unione europea corre ai ripari. Prove di coordinamento di fronte alla pressione dei migranti nell’incontro di oggi richiesto dal commissario
Salvare il Trattato di Schengen: è la missione dell’Unione europea dopo l’escalation degli ultimi giorni, un effetto contagio che ha colpito le nazioni da sempre più raggiunte nel Vecchio Continente dai migranti, oggi fortemente in crisi (d’identità?) di fronte alla pressione degli ultimi mesi.
Dopo blindatura dei confini esterni da parte di Danimarca e Svezia il rischio che altri Stati seguano l’esempio non certo virtuoso porta la Commissione europea a invitare i rappresentanti dei governi di Berlino, Copenaghen e Stoccolma a una riunione d’urgenza, oggi a Bruxelles, per «coordinare al meglio la gestione comune» dei flussi di profughi entranti tra i Paesi coinvolti.
Per Margaritis Schinas, portavoce dell’esecutivo comunitario «Schengen è fortemente sotto pressione (…) stiamo lavorando per riportare la situazione alla normalità attraverso una serie di misure per difendere in modo più efficace le frontiere esterne», come riporta l’Ansa. Il piano d’azione a cui si riferisce Schinas è l’intesa con la Turchia dei giorni scorsi, così come la proposta sull’Agenzia europea di guardacoste e guardie di frontiera. Ma «nessuno ha la bacchetta magica, perché la situazione è complessa e in rapida evoluzione».
Più che rapida è drammatica, viste le lungaggini dell’iter di approvazione di azioni comuni da parte dei partner europei. E dal fatto che altre iniziative, nonostante gli sforzi delle istituzioni di Bruxelles, non decollano. Come il ricollocamento di siriani ed eritrei: da settembre i trasferimenti dall’Italia sono stati solo 190 su 39.600 e dalla Grecia 82 su 66.400. Mentre sono 683 i migranti rimpatriati. Numeri che rendono l’idea di quanto le decisioni prese in pompa magna per dimostrare quanto l’Ue fosse unita almeno per questa problematica si sono sciolte come neve al sole.
Intanto la Germania, come sovente quando è interessata da problematiche che la riguardano da vicino, richiama l’attenzione di tutti gli altri Stati membri. In una intervista al quotidiano Bild il ministro degli Esteri Frank-Walter Steinmeier accende l’allarme: «Vedo il pericolo in Europa, dobbiamo mirare tutti allo stesso scopo: trovare una soluzione comune per il flusso di profughi e proteggere le frontiere esterne».
Alla riunione di oggi a Bruxelles, convocata dal commissario europeo all’Immigrazione Dimitris Avramopoulos, partecipano il ministro svedese all’Immigrazione e alla Giustizia Morgan Johansson, quello danese all’Immigrazione e integrazione Inger Stojberg e il segretario di Stato agli Affari interni del governo tedesco Ole Schroeder per discutere della «proporzionalità» delle misure varate e dell’effettivo “pericolo” che il flusso dei migranti costituisce per la sicurezza, invocato dagli stessi Paesi coinvolti.
Alla Commissione si stanno analizzando, in particolare, le basi legali della nuova legge entrata in vigore in Svezia, che obbliga le compagnie di trasporto a effettuare controlli sull’identità dei viaggiatori. La misura, adottata lo scorso 18 dicembre, è entrata in vigore l’altro ieri. Come anticipato lo scorso mese, la Danimarca, all’entrata in vigore della misura in Svezia, ha ripristinato nei suoi confini i controlli alle frontiere.
In un documento ufficiale recapitato a Bruxelles il danese Stojberg aveva fatto presente di esser costretto ad adottare tale decisione anche «a causa delle misure messe in atto dagli Stati vicini e in particolare quelle della Svezia». Così mentre in Nord Europa si chiudono i confini, nel Sud si continua a morire. Almeno 34 cadaveri sono stati trovati sulla costa turca dopo il naufragio sull’Egeo di due gommoni. Tre di questi bambini, mentre un neonato di 4 mesi è morto di freddo.
Elodie Dubois
Foto © European Commission, 2015