Draghi difende euro “irrevocabile” ma anche surplus Germania

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Banca centrale europea più ottimista, ma non tocca prospettive del Quantitative easing e i tassi d’interesse. Iniziativa a più velocità resta progetto inclusivo

Il presidente della Banca centrale europea (Bce) Mario Draghi, nel suo intervento di oggi dopo la riunione del Consiglio dei governatori delle Banche centrali a Francoforte, ha difeso (ancora una volta) la Germania e l’Eurozona dagli attacchi della nuova amministrazione Usa contro l’euro e (nel caso tedesco) il surplus commerciale, e ha ridimensionato i timori di un’avanzata euroscettica: l’euro è «irrevocabile» ed «è qui per rimanerci».

Una presa di posizione che giunge mentre la Bce segnala un cauto ottimismo e per la prima volta rinuncia alla promessa di essere pronta a usare “tutti gli strumenti” nel suo mandato, pur mantenendo invariato l’orizzonte del quantitative easing e dei tassi d’interesse. Migliorano le stime di crescita per l’area euro (con un +1,8% nel 2017 che sarebbe un quasi-record) e quelle d’inflazione, con il 2017 che balza a 1,7% da 1,3% di tre mesi fa.

I rischi restano al ribasso ma con un bilanciamento «migliorato», ha commentato il presidente, già governatore della Banca d’Italia. Al punto che sparisce dal comunicato della Banca centrale europea l’urgenza degli ultimi anni a fare qualunque cosa necessaria. E Draghi si è soffermato sugli oltre 4 milioni di posti di lavoro creati sotto l’ala protettrice del suo quantitative easing e ha dichiarato di guardare ora agli aumenti salariali.

Ma serve ancora cautela: «siamo ancora lontani dal poter cantare vittoria» in fatto d’inflazione, ha confermato il presidente della Bce nella conferenza stampa dopo la riunione del suo consiglio. Se quella nominale è al 2% quella depurata da petrolio e alimentare è la metà. Dunque la Banca centrale europea proseguirà con 60 miliardi di acquisti di debito al mese fino a dicembre, oltre a tassi ai minimi storici; resta anche la promessa a fare ancor più «se necessario».

Una cautela cui forse contribuisce anche l’inquietudine globale creata dal fenomeno-Trump. «Non credo ci sia alcun fondamento nell’attaccare la Germania», ribatte Draghi interpellato sulle uscite della nuova amministrazione Usa che ha preso di mira i 75 miliardi di dollari di deficit commerciale Usa verso Berlino. Proprio a Trump, che a gennaio definì il dollaro “troppo forte”, il presidente della Bce manda a dire che «il cambio è stabilito dal mercato», come concordato al G20 e al G7, che solo lo scorso ottobre il Congresso Usa ha certificato che non c’è nessuna manipolazione tedesca e la Bce è indipendente e che casomai «è il dollaro che è distante dalla sua media storica».

Sembra un assaggio degli attriti a cui si assisterà ai prossimi G20, con Trump che sembra pronto a tutto per ridimensionare il suo deficit commerciale al punto, si dice, di agitare lo spettro di Putin per mettere Berlino alle strette. Ed è il paradosso di Trump, riuscito a ricompattare l’Europa con le sue minacce: anche la Bundesbank ha abbassato la sua opposizione verbale a Draghi, al consiglio di oggi c’è stato «abbastanza consenso» sulle decisioni anche se il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble torna a spingere sul tasto degli stimoli monetari e fiscali che «hanno raggiunto il limite».

L’urgenza è alta anche perché s’incrocia con la minaccia euroscettica, in vista del voto a rischio nei Paesi Bassi la prossima settimana, poi a seguire in Francia e Germania. «Francamente non vedo una cosa del genere», ha ribattuto Draghi a chi ha evocato la fine dell’Eurozona. «Ci sono tensioni ma non così gravi», spiega citando i dati dell’Eurobarometro secondo cui il 70% dei cittadini (in aumento) dell’Unione è a favore dell’euro.

«Ad ogni modo noi stiamo pronti, guardiamo agli sviluppi con grande attenzione ma senza alcuna ansia», con un’opportunità mai così alta di migliorare le istituzioni, inclusa l’Europa a più velocità di cui si discuterà stasera a Bruxelles (al Consiglio europeo a cui il presidente della Bce partecipa, ndr) e che a Draghi pare un «accordo aperto». Anzi, «per come l’ho capito io, il senso è che si tratterà di un accordo aperto, disponibile a qualsiasi altro Paese voglia unirsi».

 

Ludovico Stella

Foto © European Central Bank

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