Il paesaggista Antonio Perazzi nel suo ultimo libro ci racconta le piante che popolano il suo “laboratorio delle meraviglie” di Piuca, frutto di anni di sperimentazione
Le piante sono più in gamba di noi umani. Non a caso, sono comparse sul pianeta circa 400 milioni di anni fa, si sono evolute creando un habitat accogliente per tutti e solo 300 mila anni fa siamo arrivati noi Homo Sapiens. Eppure, in un lasso di tempo minimo se rapportato alle ere geologiche, siamo riusciti con grande successo a danneggiare il pianeta e a scardinare equilibri millenari per plasmare il mondo a modo nostro, incuranti delle conseguenze.
Antonio Perazzi, noto paesaggista e botanico, nel suo libro appena uscito Il paradiso è un giardino selvatico, non affronta da accademico questi temi, ma da professionista e giardiniere appassionato ci propone un testo che pone al centro un rapporto più equilibrato con l’ambiente e le piante. Il punto di partenza è una visione molto personale su un giardino – il suo giardino a Piuca, in Toscana – dove da anni studia, sperimenta e si pone in relazione con le piante. Ci racconta come anche nel contesto particolare di un giardino privato è possibile interagire con la natura in maniera meno autoritaria, più dialogante e rispettosa. Un giardino è sempre un’oasi di piacevolezza generata da mano umana, ma può essere ancora più affascinante se è creato da un progettista che ha «la capacità di lavorare insieme alle piante assecondando il loro carattere per raggiungere uno scopo comune di armonia ed equilibrio». Ascoltare la voce delle piante non è una stramberia New Age, ma è un diverso modo di rapportarsi con loro. Capire che «hanno cicli di vita diversi da noi, tanto da poter finalizzare la loro esistenza alla sopravvivenza della specie, più che a quella dell’individuo», scrive Perazzi.
Attraverso la sua esperienza personale, l’autore di Il paradiso è un giardino selvatico ci invoglia a sperimentare. La relazione con le piante – spontanee incluse, autoctone o esotiche – si costruisce giorno dopo giorno, imparando a conoscere il loro carattere e creando modelli di possibile convivenza. Già, perché dove sta scritto che un gelsomino o una peonia non possano convivere felicemente con una ginestra o un cisto tipicamente mediterranei?
A Piuca, Antonio ci andava fin da piccolo a fare i suoi esperimenti, su istigazione del nonno Edoardo Fallaci che non voleva che la figlia giornalista e scrittrice Oriana fosse disturbata. Così facendo, ha contribuito a crescere un nipote con le piante e il giardino nel cuore, oltre che con il gene di famiglia della scrittura, che piacevolmente si percepisce dalla lettura di questo libro. A Piuca, Perazzi ha capito che si può costruire un giardino un po’ selvatico, con piante che necessitano di poca acqua e quindi più ecosostenibile di quei prati all’inglese a cui tanti aspirano, che richiedono un’irrigazione costante. Non solo: molte delle sue piante richiedono poca manutenzione e danno grandi soddisfazioni, il sogno di ogni giardiniere.
Il libro è suddiviso in capitoli dedicati a diverse tipologie di piante: cosmopolite, misteriose, volubili, generose, profumate… Per ogni voce, l’autore racconta la sua esperienza personale, oltre alle caratteristiche e alle esigenze di cura. Il testo è corredato di foto suggestive realizzate dal paesaggista, che purtroppo non documentano tutto. Se decidete di leggere questo libro, un suggerimento: munitevi del cellulare o di un tablet a portata di mano, e andate a vedere ogni pianta di cui Perazzi racconta. La sua selezione è davvero originale e se non siete botanici o giardinieri esperti vi saprà sorprendere. Racconta di fiori da riscoprire, come quelli gialli della Kerria japonica una volta di gran moda e oggi dimenticata, oppure dello spettacolo degli anemoni giapponesi (nella foto) che fioriscono in autunno, su steli alti e leggeri. O ancora, dei fiori profumatisimi a forma di stella, che sembrano fatti di zucchero candito, della Daphne odora. Ma anche di alberi insoliti, come l’Arbutus andrachne, un corbezzolo greco dal tronco liscissimo.
Le piante di Perazzi nascono per lo più da semi o talee recuperate in giro per il mondo, dalle nostre parti o durante viaggi botanici in terre lontane. Come la rosa di Lijiang, acclimatata alla perfezione in Toscana ma originaria dalla montagna Yulong, in Cina. Anche la provenienza e le modalità di acquisizione sono un tassello della fascinazione di ogni esemplare.
Maria Tatsos
Foto: © Maria Tatsos
Antonio Perazzi
Il paradiso è un giardino selvatico. Storie ed esperimenti di botanica per artisti
Utet, 2019
pp. 304, €24