Gentiloni all’Economia, un trionfo o un rischio?

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Affari economici e monetari per il commissario italiano, per la prima volta, ma c’è l’incognita Dombrovskis. E Conte raggiunge subito la von der Leyen

La nomina dell’ex premier italiano Paolo Gentiloni a commissario europeo agli Affari economici e monetari. Le prime mosse del governo Conte, che ha incassato la fiducia anche al Senato dopo la Camera. Sono le due notizie della giornata.

Già da ieri pomeriggio a Bruxelles per due giorni di “costruzione della squadra” (team-building) nella capitale belga (e dell’Unione europea), il commissario ufficiale Gentiloni parteciperà a un seminario di due giorni con gli altri commissari designati.

Il Pd prende tutto

Un orgoglio per quel partito Democratico (di cui l’ex premier è tuttora presidente) che nonostante due anni di elezioni senza primeggiare, tra elezioni nazionali ed europee, ha portato negli ultimi due mesi a detenere il presidente del Parlamento europeo, David Sassoli. Il commissario appunto all’Economia Ue che è la maggiore responsabilità nel governo comunitario, Paolo Gentiloni. Il ministro per le politiche europee, Vincenzo Amendola. E infine, last but not least, il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, già presidente della commissione Bilancio dell’Unione europea. Se poi ripensiamo a chi è tuttora il presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella, il predecessore Giorgio Napolitano e l’ultimo presidente della Commissione europea italiano (Romano Prodi) facciamo bingo.

Un’opportunità per l’Italia?

Ora la speranza per i più è che la nomina di prestigio ottenuta trovi un consenso generale, e sia ovviamente utile anche per il Belpaese. Un’opportunità per l’Italia, non solo per chi l’ha ottenuta. Premiata dunque l’esperienza e i buoni rapporti con chi all’interno dell’Ue decide tutto: a partire da Angela Merkel ed Emmanuel Macron anche superando gli ostacoli messi sul campo dai Paesi nordici e dal gruppo di Visegrad, come previsto da Eurocomunicazione.

Ruolo “solo” da commissario

Ma, c’è un ma. Dopo venti anni l’Italia non ha più presidenza (come con Prodi) o vicepresidenza. Stavolta il ruolo è da semplice commissario – anche se con la delega più ambita – con alle spalle il ruolo “forte” di Valdis Dombrovskis. Un osso duro, già presente nell’attuale Commissione con delega all’Euro. Ex premier della Lettonia, fa parte di quei Paesi baltici che si battono per l’austerità e per non rivedere il patto di stabilità. Perciò Gentiloni dovrà essere abile a sapersi imporre e non subire la sua presenza, portando a quella revisione che è il vero obiettivo nazionale italiano, almeno per quanto riguarda l’Economia. Perfino il presidente Mattarella ha chiesto riforme e flessibilità, recentemente.

Lo “scambio” con l’immigrazione e la riforma del Trattato

L’altra grande missione da ottenere è quella di condividere l’arrivo dei flussi migratori che sbarcano prevalentemente nello Stivale. Ma anche qui la sfida è ardua, visto che la revisione di Dublino è consentita solo con un voto all’unanimità degli Stati membri e difficilmente ciò avverrà. Intanto però già domani il premier italiano Giuseppe Conte a Bruxelles per incontrare Ursula von der Leyen, presidente eletta della Commissione europea.

Perciò il faccia a faccia sarà incentrato su dossier immigrazione, con la stessa von der Leyen ha già dichiarato come fra i punti del suo programma c’è che «Dublino deve essere revisionato». La riforma del Trattato è ferma al palo da anni, vedremo cosa accadrà questa volta, dopo che recentemente anche il Parlamento europeo ha approvato a maggioranza la sua revisione. Secondo ambito di confronto sarà proprio l’economia. Nella lettera di investitura la presidente ha scritto a Gentiloni che dovrà assicurare «l’applicazione del Patto di stabilità, utilizzando appieno la flessibilità permessa all’interno delle regole».

Col Belpaese bastone e carota

Tutta rose e fiori quindi? Nemmeno per sogno. Perché Gentiloni non sarà solo sotto osservazione del lettone, ma dovrà farsi sentire dal governo italiano affinché rispetti il Patto di stabilità. Sicuramente c’è stato un ulteriore segnale di un cambio di rotta, in senso maggiormente collaborativo, nelle relazioni tra istituzioni europee e italiane. Obiettivo raggiunto, anche perché è tornata la fiducia nei confronti del Belpaese. E questa, insieme all’immagine, contano tantissimo in economia e in politica.

Il vicepresidente Valdis Dombrovskis, esponente del Nord Europa iper-rigorista, con competenze esecutive sulle politiche economiche e finanziarie della Ue, non consentirà facilmente l’allentamento dei vincoli di bilancio, o magari addirittura di parlare di eurobond. Un esercizio, piuttosto riuscito, di equilibrio quello della von der Leyen: la nuova Commissione europea, in base alla sua composizione, ruoli e portafogli ha perseguito una parità o quasi fra i Paesi del Nord e del Sud, e fra piccoli e grandi e vecchi e nuovi Stati membri. Idem per l’equilibrio politico fra le tre maggiori “famiglie” politiche europee (Popolari, Socialisti e Democratici, Liberali di Renew Europe). E, infine, la parità di genere, con il raggiungimento sostanziale dell’obiettivo – mai conseguito prima – del 50% di donne fra i commissari (vi sono 13 donne, tra cui la stessa presidente, e 14 uomini).

 

Giovanni De Negri

Foto © Xinhuanet, The Economist, EUobserver

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Giovanni De Negri
Giornalista professionista ed esperto di comunicazione ha iniziato come conduttore in alcune emittenti televisive locali per poi passare a ogni altro genere di media: quotidiani, periodici, radio, web. Ha alternato l’intensa attività giornalistica con quella di amministratore di società e di docente, a contratto titolare di insegnamento o come cultore della materia, presso Università pubbliche e private, italiane e straniere, per l’Esercito e per la Scuola superiore dell’economia e delle finanze. Ha inoltre lavorato presso Uffici stampa della P.A. (Palazzo Chigi, Regione Lazio e Comune di Roma) e realizzato eventi/convegni presso la Camera dei Deputati, il Senato della Repubblica, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro (CNEL)

1 commento

  1. ADDIO CONFINDUSTRIA ANNI ‘70, CGIL, GOVERNI: BONOMI€CONTE NUNNEZZA!
    Mi ricordi di tempo quand’ero un minore Dirigente Sindacale Politico che seguire in Corso Magenta una settimana d’informazioni Politiche e Sindacale: con tanti personaggi Imprenditori e Politici con le palle da Ministro De Michelis, Lucchini, Merloni, Carli, Agnelli, Merloni ricordo ancora presente poiché la il Sindacato o meglio i Sindacalisti non mi assegnarono i 6 giorni Permesso Sindacale per seguire il dibattito: li avevano assegnati ad un personaggio che era punta di “ Diamante ” gentaglia solito ad innescare problemi per conto di Sindacalisti. Insomma, erano tempi che, quando il Sindacato Politicizzato aveva il sentore di un peto, eccoti pronto lo sciopero e caduta del Governo, così la Confindustria che si rivotava. In Pratica, poiché schierata con DC, PSI, PCI iscritti con 7,5 Mln con CGIL, 3,5 con CISL e 1,5 all’UIL, ma al Camerale contava meno di un fagiolo, giacché, gestiva i Permessi sindacali. Ovvio, aveva risorse di Stampa, Personale e Circoli cosiddetti Culturale. In poche parole, oggi come sappiamo solo parole parole e quella cosina qua, da Quaquaraquà eletti molti anni fa e col potere Comunista eccoci qua nel finire dal precipizio visto che né Confindustria tanto meno il Sindacato non per mancanza di coraggio, ma voluto il malessere dell’Economia che precipitasse in Mani di un Rettore della Cattolica in mani di Mario monti tanto da ciuccio bocciarlo poiché responsabile anche di tanti suicidi Imprenditori insieme al vecchio Comunista Napolitano che meritatamente s’è meritato il titolo di Sir George, mentre Monti premiato col titolo di Senatore a Vita senza uno straccio di Patriottismo di cui Governi Letta, Renzi e Gentiloni avevano il dovere di toglierli il Titolo di Senatore, invece, anche costui da inutile Premier premiato a Commissario Europeo con un laurea di Scienze Politica, titolo tanto leggero che s’è visto il danno all’Italia. Cosa si deduce? Il danno è dovuto nell’afferrare il Potere e come affinché c’è guerra ce speranza a morire di Coronavirus: senza mascherine senza Vaccino influenzale chissà avremo in tempo il Vaccino Covid-19: forse non è vero che l’Italia è fondato sul Lavoro? Insomma, sono i Sindacati Confindustria e Cgil-Cisl-Uil dove sono? Cosi il Quaquaraquà Biden incolpa Trump del Covid-19, mentre i prodotti dal pesce alle mascherine, in Italia da dove viene non dalla Cina come il Virus? Intanto, il Tycoon Trump ha dato 400$ a tutti qui solo a Mafie (376 liberati), Fannulloni e Criminali (Reddito di Cittadinanza), mentre i Sindacati, (meglio i Sindacalisti), oramai all’unisono sono diventati dei falliti! https://vincenzoditolve.wordpress.com/2020/09/30/addio-confindustria-anni-70-cgil-governi-bonomieconte-nunnezza/

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