Giornalismo, deontologia e nuove tecnologie. Riformarsi o soccombere

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Settore in crisi, lavoro precario, professione sotto attacco, concorrenza sleale fra canali tradizionali dell’informazione e piattaforme online

È un quadro a tinte oscure quello emerso in occasione dell’incontro sulla libertà di stampa “Sfide del giornalismo europeo” promosso dall’eurodeputata (MEP) Isabella De Monte al Parlamento europeo di Bruxelles martedì 27 novembre.

Dati allarmanti, ma non inaspettati, quelli riportati dal presidente della Federazione nazionale della stampa italiana (FNSI) Raffaele Lorusso, intervenuto al dibattito assieme ad altri colleghi e specialisti del settore. Lorusso sciorina i numeri della crisi di un comparto sempre più in declino, che mettono a serio rischio una professione che dovrebbe essere in primis un caposaldo della democrazia.

In quattro anni meno 1,9 milioni di copie di giornale

Negli ultimi tre anni, dichiara il presidente FNSI, sono 3.000 i posti di lavoro andati in fumo in settore che continua a far fatica ad avanzare, anche per la caduta verticale degli ingressi pubblicitari, solo parzialmente spostati sulla rete. Dati che fanno il paio con l’allarme lanciato recentemente da Agcom rispetto al calo vertiginoso delle copie dei giornali cartacei. Da giugno 2014 a giugno 2018 sono scese da 2,9 a 1,9 milioni!

Un portale non è un giornale online

Queste cifre, che fanno riferimento fino dicembre 2017, mostrano impietosamente un settore in ginocchio, non solo in Italia, dove oltre 7.000 giornalisti sbarcano il lunario grazie al sussidio degli ammortizzatori sociali o a contratti precari tipo co.co.co. In questo quadro fa da acceleratore la crisi dell’editoria, messa sempre più all’angolo dall’online. Un loop concentrico di decrescita, fatto da aziende che faticano a sopravvivere, giornalisti che faticano ad andare avanti e l’informazione che fatica a svolgere il suo ruolo, asfissiata dal nuovo monopolio dell’online.

Ma che di certo non può essere suppletivo, un portale non è lo stesso di un giornale online. Un confronto a armi impari che porta con se l’ormai annoso dibattito sulla qualità dell’informazione e della professionalità di coloro che esercitano la professione di giornalista.

                     Carlo Verna

Verso la riforma del settore

Oggi l’informazione bypassa di fatto i canali tradizionali e punta diritto al cittadino, senza i filtri di qualità e garanzia e dunque con rischi evidenti di disinformazione e propaganda, fatte da fake news e uso senza filtri e a volte strumentale. E’ imperativo un cambio culturale del ruolo giornalismo e della stessa professione, ricorda nel suo intervento il presidente dell’OdG Carlo Verna, che pone l’accento sulla necessità di governare il cambiamento. “Democracy dies in darkness”, citando il refrain ormai divenuto il motto del Washington Post.

Carlo Verna non si nasconde dietro un dito e si schiera apertamente a favore di una “necessaria” riforma delle professione ormai regolata da meccanismi e norme anacronistiche, come la divisione fra pubblicisti e professionisti o lo stesso nome dell’OdG che dovrebbe mutare in Ordine del Giornalismo. Ma anche Verna non si esime dal de profundis sulla crisi del settore, che deve confrontarsi non solo diverse centinaia di posti di lavoro a rischio ma anche con il problema del pluralismo dell’informazione, della rappresentanza delle minoranze e delle lingue minoritarie.

Più libertà o schiavi dell’algortimo?

In questo quadro dal dibattito emerge chiaro da tutti i componenti del panel l’appello al Governo italiano a un sostegno al settore, ma che sembra mancare o andare addirittura in senso contrario, a partire dall’intenzione di abolizione tout court dell’OdG. C’è poi il paradosso, come afferma il presidente dell’Ordine dei giornalisti del Friuli Venezia Giulia Cristiano Degano, di creare uno spazio pubblico di informazione continua e incontrollata in cui le nuove tecnologie fanno da vettore, ma dove l’apparente maggior libertà può sfociare in coercizione.

È l’informazione 4.0 che dispensa notizie che ci raggiungono sempre e ovunque ma che sono determinate da semplici algoritmi, ci raccontano ciò che vogliamo sentirci dire, senza stimoli all’analisi critica e approfondita dei fatti. Questa è la sfida del terzo millennio con cui occorre confrontarsi per andare avanti. Informazioni 24/24 e facilità di accesso. Giuste o sbagliate che siano. Ma a che prezzo?

C’è ancora tempo per un’eventuale “sostituzione” dei giornalisti con il web, o forse no. Alla faccia del dato incoraggiante del sondaggio Demos pubblicato il 25 novembre scorso da Repubblica per cui oltre la metà degli italiani ha fiducia nei giornalisti per il loro ruolo di garanzia e tutela democratica.

 

Andrea Maresi

Foto © FNSI, AISE, Times, E-paper

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