L’Europa deve imparare dalla crisi greca, ripensando le proprie politiche in maniera globale
La crisi greca può rappresentare l’occasione per ripensare i meccanismi della UE, affrontando i nodi politici unitamente a quelli squisitamente tecnici, come auspicato dal premier italiano Matteo Renzi. Altrimenti si potrebbe innescare un processo di disgregazione progressiva verso il quale spingono le forze populiste ed estremiste, le quali stanno guadagnando sempre maggiori consensi. L’annunciato referendum britannico e quello ventilato dall’Austria riguardo la permanenza nella UE non fanno presagire nulla di buono al riguardo.
Certo la crisi della Grecia è frutto di una governance a dir poco dissennata e di problemi strutturali atavici, difficilmente risolvibili nel breve periodo. Il Paese ellenico ha contratto debiti enormi con l’estero, accettando prestiti che non riesce ad onorare. La sua economia è poco competitiva e rischia di collassare, in un processo dalle conseguenze difficilmente prevedibili.
Dal canto suo l’Europa non è stata in grado di mettere in campo politiche globali e condivise. Si continua a ragionare in termini di singole nazioni, perdendo di vista il progetto europeo. Il cosiddetto Piano Juncker, annunciato per settembre, dovrebbe incentivare massicci investimenti in grado di risollevare l’economia, ma la sua efficacia è tutta da verificare.
Riforme credibili in cambio di un nuovo pacchetto di aiuti; questo il terreno sul quale potrebbe trovarsi un accordo dell’ultimo istante, in grado di scongiurare, o almeno di rimandare, il default della Grecia e la sua uscita dalla zona euro. Eppure nulla è mutato rispetto al recente passato, arduo è immaginare che si possa raggiungere un’intesa in cinque giorni dopo mesi di vane trattative.
La vittoria del No al referendum ha avuto l’unico effetto di rafforzare la posizione di Tsipras, legittimandolo ulteriormente alla guida del governo greco. Se avessero vinto i Si, il premier si sarebbe dovuto dimettere, e la UE si sarebbe confrontata con un interlocutore diverso. Così non è stato. I greci hanno dato un segnale chiaro. Si salveranno, oppure affonderanno, insieme all’uomo nel quale hanno riposto la propria fiducia alle recenti elezioni.
Ormai si gioca a carte scoperte. Allo stato attuale la Grecia non è in grado di onorare i propri impegni. A questo punto si aprono diversi scenari. L’uscita del Paese dalla zona euro, quasi un monito per tutti i componenti della UE a rispettare le regole, per quanto rigide esse siano. Il salvataggio della Grecia mediante un prestito ponte in cambio delle tanto auspicate riforme, al quale deve seguire necessariamente un ripensamento dell’Eurozona.
Il primo summit tenutosi dopo il referendum non ha evidenziato miglioramenti. Il nuovo titolare delle finanze greche non ha avuto il tempo di elaborare proposte credibili, mentre i leader europei si dicono scettici riguardo la possibilità di dirimere la questione. Lo stesso Renzi, dapprima ottimista, è apparso piuttosto sfiduciato e deluso da un Eurogruppo sostanzialmente inconcludente.
Comunque vadano le cose, le istituzioni di Bruxelles dovranno necessariamente ripensare le proprie politiche poiché non è in gioco solamente la sorte di un singolo Paese, ma dell’intera Unione Europea.
Riccardo Cenci
Foto © European Community