I falchi e le colombe nella gestione della crisi ucraina

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Stati Uniti e Gran Bretagna premono per la linea dura, mentre la Ue si affida alla diplomazia.

Sale la tensione nella crisi ucraina. Mentre Mosca minaccia nuovamente Kiev riguardo l’interruzione delle forniture di gas, il Segretario di Stato Americano John Kerry accusa la Russia di aver mentito e di continuare a farlo in merito alla presenza dei propri soldati nel Donbass. Certamente a questo punto nessuno può più credere che i separatisti agiscano da soli, senza un appoggio esterno. Lo dimostrano l’ampia disponibilità di mezzi e armamenti, oltre alle vittorie conseguite sul campo. Tutto questo mentre si registrano sempre maggiori violazioni della tregua, in particolare nella zona di Mariupol, probabile nuovo obiettivo di Mosca. Kiev denuncia l’afflusso di mezzi corazzati nella zona, fondamentale punto di raccordo con la Crimea. A quanto pare il ritiro delle armi pesanti deciso a Minsk non sta avvenendo, oppure interessa aree non strategicamente rilevanti. Quasi impossibile per gli operatori dell’Osce verificare la situazione reale, causa l’ostruzionismo delle parti in causa.

Stati Uniti e Gran Bretagna premono per la linea dura. In primo luogo si chiede un inasprimento delle sanzioni, mentre si torna a parlare di fornire armi all’esercito ucraino. Il Regno Unito ha già annunciato l’invio di addestratori militari per migliorare le capacità difensive dell’esercito ucraino. Un programma che durerà sei mesi, e che inevitabilmente comporta la presenza di soldati britannici sul suolo ucraino. Pur non credendo in una risoluzione militare della questione, il premier Cameron sembra voler pressare le autorità di Mosca, riconducendole a più miti consigli. Nel frattempo la Lituania, sentendosi minacciata dalla Russia, decide il ripristino della leva obbligatoria. La Presidente Daria Grybauskaite parla della necessità di rafforzare l’esercito, causa il contesto geopolitico sempre più incerto.

La cancelliera tedesca Angela Merkel ribadisce la necessità di mantenere la pace in Europa anche collaborando con Mosca. Nello stesso tempo sottolinea che, chiunque voglia ridefinire i confini con la forza, rappresenta una minaccia per la stabilità dell’intero continente.

La prossima settimana il premier italiano Matteo Renzi sarà a colloquio dapprima con Petro Poroshenko, poi con Vladimir Putin. Il tutto per discutere dei preoccupanti sviluppi della crisi. Renzi auspica che la Russia ritiri le sue truppe dall’Ucraina, tornando a svolgere il ruolo che le compete nella comunità internazionale, in primo luogo per risolvere la questione libica e per affrontare la minaccia jihadista.

Dal canto suo Petro Poroshenko gioca la carta papale. Forse memore del ruolo avuto da Wojtyla nel crollo del blocco comunista, il presidente ucraino aspira portare Papa Francesco in visita nel suo Paese. Bergoglio si è infatti dimostrato molto sensibile al riguardo, anche se l’ipotesi appare nell’immediato difficilmente realizzabile.

Riccardo Cenci

foto © odnoklassniki.ru

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Riccardo Cenci
Riccardo Cenci. Laureato in Lingue e letterature straniere moderne ed in Lettere presso l’Università La Sapienza. Giornalista pubblicista, ha iniziato come critico nel campo della musica classica, per estendere in seguito la propria attività all’intero ambito culturale. Ha collaborato con numerosi quotidiani, periodici, radio e siti web. All’intensa attività giornalistica ha affiancato quella di docente e di scrittore. Ha pubblicato vari libri (raccolte di racconti e romanzi). Attualmente lavora come Dirigente presso l’Enpam.

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