I musulmani salafiti del Vecchio Continente respingono l’uso della violenza. Ma gli accadimenti delle ultime ore fanno presagire un futuro totalmente diverso
In questi giorni le cronache giornalistiche hanno riportato con abbondanza di particolari l’attacco di un solitario attentatore a Lione agli impianti industriali della fabbrica americana Air Products di Saint-Quintin-Fallavier dopo aver mozzato la testa al proprietario della ditta. In Italia una vasta operazione dell’anti terrorismo ha portato all’arresto di 12 persone,alcune pronte a partire per combattere in Siria. Il giornale inglese Sun ha rivelato di aver sventato, qualche giorno fa, un attacco terroristico organizzato dallo Stato islamico contro una parata militare svoltasi a Merton nel sud di Londra che prevedeva, con un attacco suicida, l’esplosione di un rudimentale ordigno sul modello di quello utilizzato durante la maratona di Boston dell’aprile 2013. La spiaggia di Sousse in Tunisia affollata di europei è stata teatro di una feroce carneficina con oltre 30 morti. L’attentatore, Seifeddin Rezgui era stato segnalato in alcune moschee salafite che incitavano alla Jihad. Il Califfato ha voluto qui colpire il sogno occidentale, il luogo del peccato, il simbolo della mollezza del nemico. L’Isis parla di «tane della fornicazione, del vizio e della apostasia». Un anno dopo che lo Stato islamico ha invaso la città irachena di Mosul, la sua presa di territori in Iraq e in Siria è sempre più stabile. I loro attacchi terroristici sono diventati anche più audaci come l’attacco kamikaze degli al-Shabab in Somalia ad una caserma della forza di interposizione dell’Unione africana che ha fatto 25 morti. Dietro tutti questi attentati gli analisti vedono la mano di “gruppi salafiti”. Da quasi trenta anni molti atti terroristici sono stati rivendicati dall’islam salafita, cominciando dagli attentati di Parigi del 1995, di Londra nel luglio del 2005, rapimenti di occidentali, distruzioni di mausolei di santi musulmani a Timbuctù rivendicata dal gruppo Ansar al-Din (difensori della religione) o dal gruppo Boko Haram in Nigeria contro chiese, attentati compiuti per stabilire nel Paese la shari’a eliminando tutto ciò che è proibito dall’islam. Molti partiti islamici sono di orientamento salafita come “il fronte della riforma“ in Turchia, in Libia il Partito della Patria, in Egitto il partito al-Nur risultato secondo dopo i Fratelli Musulmani.
In Europa i salafiti sono una minoranza attiva che respinge per lo più l’uso della violenza pur condannando il carattere empio della civiltà occidentale e dei suoi valori. Su circa cinque milioni di musulmani che vivono in Francia si presume che siano diecimila i salafiti. Negli anni novanta erano solo poche decine. I radicali sono tra i duecento e trecento.
I seguaci delle correnti salafite provengono dalla immigrazione musulmana e gli attuali sbarchi sulle coste italiane ne aumentano il numero. C’è da considerare che quasi un terzo di loro è costituito da cristiani convertiti e il salafismo è il movimento che accoglie il maggior numero di conversioni. Molti giovani occidentali che si convertono all’islam, ritengono che la scelta della jihad (guerra santa) in Europa e in Oriente è vissuta come la conseguenza logica e inevitabile della conversione. I salafiti pretendono di predicare l’islam delle origini prendendo come punto di riferimento i primi musulmani del VII secolo i pii antenati che hanno compreso e applicato meglio gli insegnamenti dell’islam. La sunna, la via tracciata da Maometto, è il loro credo. Per ristabilire “la gloria dell’islam” occorre tornare alle pratiche dei pii antenati. Essi si sentono di essere stati scelti da Dio per far rinascere l’islam eterno, e si ritengono di incarnare sulla terra il progetto di salvezza voluto da Dio.
E’ giunto il tempo di ripensare la nostra strategia, bombardare non serve è il momento di chiedere conto ai Paesi occidentali che permettono ai mercanti di armi di fare affari. E’ urgente promuovere una riflessione politica e culturale partendo dall’idea che Dio è presente nelle nostre religioni. Non si può usare la violenza in nome di Dio nè giustificare pubblicamente chi lo fa.
Giancarlo Cocco
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