Il Data Journalism, la ricerca e l’affidabilità dei dati

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L’intervista a Carlo Romagnoli introduce il prossimo seminario organizzato dal Media Partner Tia Formazione il 9 gennaio a Roma

Carlo Romagnoli, ricercatore con pluriennale esperienza in ambito socio-economico, è attualmente il responsabile del Centro Studi socio-economici di Pragma, specializzato in attività di analisi e reportistica su dati statistici di fonte istituzionale. Con Gianluca De Martino, giornalista, sarà uno dei docenti del seminario Europa e Data Journalism, organizzato a Roma da TIA Formazione e che avrà luogo il 9 gennaio 2015.

Romagnoli cos’è il Data Journalism?

«Personalmente vedo nel data journalism una delle più promettenti e affascinanti specializzazioni del giornalismo moderno, nata e sviluppatasi a partire dal connubio perfetto tra una rivoluzione digitale di natura epocale e un’esigenza sempre più incalzante. La prima attiene la pubblicazione massiva del bagaglio informativo pubblico/privato costituito dai miliardi di dati che sottendono qualsivoglia fenomeno sociale, economico, culturale eccetera e che, grazie ad internet, diviene accessibile, immediatamente fruibile e di pubblico dominio; la seconda riguarda la capacità di valorizzare tale bagaglio informativo, facendo un po d’ordine nell’universo caotico dei big data, focalizzando l’attenzione su un tema specifico (e relativi dati quantitativi) e costruendo attorno ad essi una storia, con parole semplici e con un occhio di riguardo per l’aspetto comunicativo».

Qual è, a parere suo, il ruolo nell’era moderna?

«È il medesimo ruolo che ha sempre avuto il giornalismo: trovare notizie rilevanti per il pubblico nel mare magnum dei fatti quotidiani, fissare e sviluppare i principali argomenti dell’agenda pubblica, fornire contesto ai fatti e inquadrarli in frame interpretativi condivisi, fornire un potere di controllo e verifica nell’ambito della società democratica. Ciò che lo contraddistingue e qualifica maggiormente è il metodo attraverso cui il giornalista assolve tale ruolo: la realizzazione di prodotti d’informazione nei quali il “dato”, opportunamente sistematizzato, rielaborato e analizzato, è parte integrante e ingrediente fondamentale della “notizia”; lo sviluppo di competenze e l’utilizzo di strumenti che non sono propri del giornalismo classico (statistica, programmazione, grafica, eccetera eccetera); la creazione di una rete di relazioni con altre figure professionali (sviluppatori / hacker, attivisti civici, ricercatori, designer)».

Quali sono i pro e i contro del Data Journalism? A quali rischi si espone il Data Journalist?

«Un approccio quantitativo al giornalismo, specialmente quando si tratta di giornalismo di inchiesta, è un valore aggiunto se non una necessità per comprendere e inquadrare i fenomeni in un quadro interpretativo coerente e corretto. Il data journalism incarna questo orientamento (avendo a che fare con misure, dati quantitativi, procedure riproducibili) e in senso assoluto non ha pro e contro. Come per tutte le professioni, il vero ago della bilancia è l’individuo (il data journalist) e la sua capacità di trovare di volta in volta un perfetto equilibro tra due esigenze: da un lato, utilizzare al meglio le proprie competenze (pregresse e non), affrontando in maniera scrupolosa tutte fasi del “ciclo di vita” tipico di un prodotto data-driven; dall’altro, creare prodotti smart, con costi/tempi contenuti ma che allo stesso tempo rispondano a requisiti di qualità, accuratezza e originalità. Qualsiasi squilibrio tra le due esigenze espone il data journalist al rischio concreto di cadere in errore…e di errori se ne possono fare veramente tanti: valutazioni statistiche approssimative e inesatte; prodotti graficamente ineccepibili ma fini a se stessi; nessuna verifica delle fonti dei dati e delle metodologie adottate; rincorsa spasmodica alla “notizia” a discapito dell’approfondimento delle tematiche trattate».

Link al corso http://tiaformazione.org/2014/10/seminario-di-europa-e-data-journalism-venerdi-12-dicembre-2014-roma/ spostato al prossimo 9 gennaio 2015 presso la sede della FNSI, Federazione Nazionale Stampa Italiana, a Roma in Corso Vittorio Emanuele 349.

 

Angie Hughes

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Angie Hughes
Scrivere in italiano per me è una prova e una conquista, dopo aver studiato tanti anni la lingua di Dante. Proverò ad ammorbidire il punto di vista della City nei confronti dell'Europa e delle Istituzioni comunitarie, magari proprio sugli argomenti più prossimi al mio mondo, quello delle banche.

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