Il G20 trova la soluzione alla guerra in Siria: correva l’anno 2012

0
280

Durante il vertice internazionale di Los Cabos in Messico di tre anni fa c’era l’accordo per la fine delle violenze. Ma tutto saltò nel giro di poche settimane

Seppur in maniera quasi impercettibile, nel corso dell’ ultimo mese e mezzo le paludose acque del pantano siriano si sono mosse: poco a dir la verità, ma il sasso lanciato nello stagno da Vladimir Putin con l’intervento militare russo nel conflitto un effetto minimo l’ha sortito. Tra le nebbie e mille distinguo, comincia a intravedersi la sagoma sfocata di una soluzione alla guerra che insanguina da quattro anni il Paese mediorientale: una transizione che coinvolga quel che resta dell’opposizione moderata e formato anche da membri dell’attuale regime di Bashar al-Assad fino ad elezioni con le quali, sotto egida Onu e delle principali organizzazioni internazionali, il popolo siriano deciderà il suo futuro. Pur mancando un’ufficialità il piano di pace sembra avere questa forma, per la quale ora Mosca e Washington stanno cercando il consenso delle principali potenze coinvolte nel conflitto, dalla Turchia e all’Arabia Saudita, tra i principali sostenitori della deposizione del rais, sulla quale però la Russia ha già dato il suo nyet.

Un “no” definitivo? Non proprio, perché per Putin più ampia sarà questa piattaforma di accordo, maggiori saranno le possibilità di una rapida soluzione del conflitto e della sconfitta degli islamisti: nonostante le numerose smentite russe, Assad potrebbe essere l’agnello da sacrificare per la pace in Siria. Un’ipotesi che nemmeno il leader di Damasco si sente di escludere a priori, e lo ha ribadito anche in alcune dichiarazioni degli ultimi mesi, l’ultima ad inizio ottobre. Del resto, pochi giorni fa anche il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, a margine del recente G20 di Antalya, ha annunciato la disponibilità di Assad a farsi da parte, senza tuttavia specificare da quali fonti arrivassero queste informazioni.

Se da un lato queste notizie suscitano la speranza che il terribile massacro possa finalmente volgere al termine, dall’altro lasciano spazio ad una riflessione: se il piano di pace avrà queste fattezze, allora la comunità internazionale ha buttato via tre anni. Già, perche un’intesa su di un simile accordo di pace in Siria era stato già raggiunta il 30 giugno 2012 al termine di un apposito vertice internazionale in corso a Ginevra.

Kofi AnnanSulla base del piano in sei punti stilato nell’aprile dello stesso anno dall’inviato della Lega Araba Kofi Annan (che andava dalla fine delle violenze al rispetto dei diritti umani, alla scarcerazione dei prigionieri politici), i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu più la Turchia, il Kuwait, il Qatar e l’Ue avevano prodotto un documento finale che prevedeva la nascita di un esecutivo di unità nazionale in Siria, composto sia da esponenti del regime che da membri delle forze anti-governative, che avrebbe redatto una nuova Costituzione e guidato la fase di transizione fino a libere elezioni. Del ruolo di Assad nel testo finale della Conferenza non veniva fatta esplicita menzione (come del resto anche nel Piano Annan), ma il 3 luglio 2012 lo stesso raìs in un’intervista al quotidiano turco Cumhuriet ventilava per la prima volta l’ipotesi di sue dimissioni, se ciò fosse servito a pacificare la Siria.

La svolta sembrava nella crisi imminente, ma appena una settimana dopo il vertice di Ginevra ecco il colpo di scena. Al vertice di Parigi degli “Amici della Siria” (i paesi che sostenevano l’allora opposizione moderata siriana), Usa e Ue ritirarono a sorpresa il loro appoggio ad una transizione attraverso un governo di unità nazionale, ed annunciarono che da quel momento avrebbero offerto sostegno politico, economico ed anche militare al solo Consiglio Nazionale Siriano (una sorta di Fratellanza Musulmana siriana).

Bashar al-AssadCon il ritiro del sostegno dell’Occidente al governo di transizione, Kofi Annan veniva di fatto delegittimato, nonostante l’ex Segretario dell’Onu nelle stesse ore continuasse a lavorare al compromesso di coinvolgere anche il regime di Damasco nel processo di transizione pacifica, incontrando Assad e ottenendo la sua disponibilità al processo di pace. Resosi conto ormai di non aver più il necessario sostegno internazionale per andare avanti, Annan si dimise dal suo incarico il successivo 31 luglio.

Non è difficile capire che il pomo della discordia furono le dimissioni di Assad: gli Usa avrebbero accettato un piano come quello dell’ex Segretario Generale dell’Onu solo se avesse previsto l’esilio del rais, di cui invece non si faceva esplicito riferimento. Ma per comprendere meglio il perché di questo dietrofront di Bruxelles e Washington bisogna tornare indietro ad un altro G20, quello di Los Cabos in Messico del 18 giugno 2012. Secondo quanto scritto dal Guardian in quei convulsi giorni, durante appunto il G20 Barack Obama e il premier britannico David Cameron avevano concordato di imporre ad Assad le dimissioni in cambio della fuga e soprattutto dell’immunità dalle accuse di crimini contro l’umanità nei suoi confronti.

Putin e ObamaE in base a ciò sarebbero stati avviati, nei giorni immediatamente precedenti il vertice di Ginevra, dei negoziati segreti per contrattare la resa del leader siriano, anche con il benestare di Putin che, secondo quanto scritto dal quotidiano russo Moskovskie Novosti, avrebbe contemporaneamente avviato una trattativa sotterranea con il presidente bielorusso Lukashenko perché concedesse asilo politico al fuggitivo Assad. Ma il 4 luglio 2012 il quotidiano d’opposizione russo Kommersant, citando fonti diplomatiche, rese nota la notizia di un accordo segreto sull’esilio di Assad, obbligando così Mosca ad una precipitosa retromarcia. Per bocca del portavoce Dmitrj Peskov, il Cremlino smentiva le ricostruzioni del giornale e confermava invece che il destino di Assad lo avrebbero “deciso i siriani”. Dinanzi alle titubanze russe, tre giorni dopo Stati Uniti ed Ue a Parigi avrebbero fatto saltare il precario tentativo di accordo. Mistero nel mistero: non è mai stata fatta luce da chi sia partita la soffiata al Kommersant.

Il resto è storia nota. La sanguinosa guerra in Siria è proseguita, generando un’emergenza umanitaria che non si vedeva dalla fine della Seconda Guerra Mondiale e un mostro, l’ISIS, che a livello di nefandezze se la gioca con i nazisti. Tra il G20 di Los Cabos e quello di Antalya sono trascorsi tre anni: allora però lo Stato Islamico ancora non si era materializzato e le centinaia di migliaia di profughi che stanno spostandosi verso l’Europa erano ancora nelle loro case. Se alla fine si troverà un accordo sulla Siria tornando al punto di partenza, sarà una sorta di beffa per chi ha perso tutto in questi anni: il disastro siriano poteva essere evitato.

Alessandro Ronga

Foto © Wikicommons

Articolo precedenteFondamentale un’intesa fra Russia e Stati Uniti per il futuro politico di Siria e Iraq
Articolo successivoMercato auto Europa: ottobre a +2,7%. Crescono FCA, Bmw e Daimler
Alessandro Ronga
Giornalista e blogger, si occupa di Russia e dei Paesi dell'ex Urss. Scrive per il quotidiano "L'Opinione" e per la rivista online di geopolitica "Affari Internazionali". Ha collaborato per il settimanale "Il Punto". Nel 2007 ha pubblicato un saggio storico sull’Unione Sovietica del dopo-Stalin.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui