Il Parlamento ucraino approva la Legge di reintegrazione del Donbass

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La diplomazia è ferma mentre il rischio di un acuirsi del conflitto, alimentato anche dall’afflusso di nuovi armamenti, si fa più concreto

Lungi dall’essere conclusa, la guerra nell’est dell’Ucraina rischia ora una nuova escalation. Il Parlamento di Kiev ha infatti approvato la cosiddetta legge sulla reintegrazione del Donbass, nella quale la Federazione Russa viene definita esplicitamente Paese aggressore. Un documento che ha scatenato l’immediata e comprensibile reazione di Mosca.

280 parlamentari hanno appoggiato il provvedimento, mentre solo il Blocco di opposizione ha levato una voce critica, paventando i rischi che questo comporta. La legge trasferisce infatti il controllo delle operazioni dai Servizi di Sicurezza allo Stato Maggiore delle Forze Armate, un segnale chiaro che non lascia presagire sviluppi positivi.

Obiettivo del governo di Kiev e del Presidente Poroschenko è infatti quello di ripristinare lo stato di diritto nei territori definiti occupati, con ogni mezzo. Inoltre i danni materiali provocati dal conflitto vengono attribuiti al Paese considerato occupante, ovverosia la Russia. Non solo i già fragili accordi di Minsk vacillano terribilmente, ma il rischio di una recrudescenza della guerra appare più che mai concreto.

Le recenti forniture di armi letali all’Ucraina da parte degli Stati Uniti, per quanto definite a scopo difensivo, gettano un’ombra sinistra sulla situazione. Si tratta in particolare dei missili anticarro Javelin e dei sistemi sniper M107A1. Una iniezione di armamenti che potrebbe aver fomentato la mossa parlamentare. Evidentemente il governo di Kiev, sentendosi spalleggiato da forze esterne, prova a fare la voce grossa. Il tutto a discapito dell’opzione diplomatica, unico vero mezzo per trovare una soluzione alla crisi.

Anche l’Europa teme la politica messa in campo da Donald Trump. Secondo Berlino ogni fornitura di armi è un errore, mentre l’unica opzione sul terreno è quella del dispiegamento dei caschi blu, per garantire il cessate il fuoco. Una proposta che si vorrebbe sottoporre al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, appoggiata anche dalla Russia, a determinate condizioni.

Una situazione esplosiva che interviene su un campo già minato dalle tensioni riguardanti i presunti attacchi informatici russi, volti secondo alcuni a condizionare le politiche statunitensi ed europee. Accuse sempre respinte al  mittente da Mosca. La nuova frontiera della guerra fredda è la cyberwar, altrettanto imprevedibile e dannosa.

Il rischio concreto è quello che l’Ucraina si trasformi nell’agnello sacrificale, destinato a perire sull’altare dell’atavica ed eterna inimicizia fra Washington e Mosca. Fomentare le ostilità è certo un errore. E’ giunto il momento per l’Unione Europea di incidere in maniera più consapevole e decisa sugli equilibri del continente, dimostrando un peso politico troppe volte latitante. Il perdurare di un conflitto come quello ucraino appare sempre più destabilizzante, senza contare poi le conseguenze dal punto di vista umanitario. Smorzare le tensioni fra Russia e i Paesi della Nato è una priorità non più differibile. Il dialogo resta l’unica arma a disposizione per scongiurare un nuovo bagno di sangue.

Riccardo Cenci

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In evidenza: © European Union , 2015   /  Source: EC – Audiovisual Service   /   Photo: Etienne Ansotte

All’interno del pezzo: © European Union , 2017   /  Source: EC – Audiovisual Service   /   Photo: Etienne Ansotte

 

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Riccardo Cenci
Riccardo Cenci. Laureato in Lingue e letterature straniere moderne ed in Lettere presso l’Università La Sapienza. Giornalista pubblicista, ha iniziato come critico nel campo della musica classica, per estendere in seguito la propria attività all’intero ambito culturale. Ha collaborato con numerosi quotidiani, periodici, radio e siti web. All’intensa attività giornalistica ha affiancato quella di docente e di scrittore. Ha pubblicato vari libri (raccolte di racconti e romanzi). Attualmente lavora come Dirigente presso l’Enpam.

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