Il terrorista islamico si nasconde tra i migranti?

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La cooperazione tra Ue e Paesi terzi: una possibile soluzione anche al pericolo di infiltrazioni jihadiste tra i boat people. I diversi punti di vista

La questione migranti diviene sempre più foriera di problematiche che, solo un decennio orsono, sarebbero state impensabili.

Secondo quanto rilevato dal Copasir, a seguito del ritiro da Sirte dei combattenti dell’Isis, v’è il concreto pericolo che terroristi islamici si nascondano tra i migranti che sistematicamente si imbarcano su gommoni o, in genere, su navigli di fortuna, per giungere sulle coste italiane.

Al riguardo, il presidente dell’organo di controllo dei servizi segreti, Giacomo Stucchi ha sottolineato come con la liberazione di Sirte dall’Isis «lo scenario è completamente cambiato e cresce oggettivamente il rischio che dei militanti possano fuggire in Europa anche via mare». Di conseguenza, nota Gabriella de Matteis della Repubblica «la soglia di attenzione, quindi, è massima nel nostro Paese, anche e soprattutto dopo le parole del numero uno del Copasir,  […] che non ha escluso un nuovo scenario: “se a lungo è stato altamente improbabile, se non impossibile, che Daesh facesse viaggiare suoi affiliati sui barconi, esponendo ai rischi oggettivamente alti della traversata uomini su cui aveva investito in tempo e soldi”, oggi si è “in pieno caos, e nella fuga dalla Libia quelli che non sono diretti verso sud potrebbero anche decidere di tentare la carte del viaggio in mare verso l’Europa” […]».

Sul punto, conclude, poi, l’alto funzionario definendo i miliziani dell’Isis come dei «cani sciolti, gente allo sbando, che scappa». Pertanto, a suo parere, si tratterà poi «di capire quali intenzioni ha chi dovesse davvero arrivare in questo modo: semplicemente far perdere le proprie tracce oppure voler continuare a “combattere” in nome della propria causa?» [1].

Tale ipotesi sembra sempre più verosimile anche alla luce di quanto dichiarato dal premier libico Serraj in una recente intervista rilasciata al Corriere della sera. Rispondendo ai quesiti di Lorenzo Cremonesi il politico libico ha richiesto l’aiuto della Italia e dell’Europa nella battaglia contro l’Isis e, alla domanda in merito al momento in cui, a suo parere, era prevedibile collocare temporalmente la sconfitta del Califfato nella città di Sirte, egli ha precisato che «non crede ci vorrà troppo tempo. Probabilmente non mesi, solo poche settimane» (ndr oggi sappiano che da pochi giorni Sirte è tornata sotto il controllo del governo libico).

Inoltre, in relazione alla domanda sull’effettivo rischio della presenza di terroristi islamici tra i migranti che decidono di attraversare il Mediterraneo per giungere in territorio italiano per, poi, guadagnare le loro mete finali nei vari Stati membri, il leader libico ha sottolineato come l’Isis sia «un’organizzazione pericolosissima». Pertanto, secondo la sua opinione, il Califfato potrebbe utilizzare «qualsiasi mezzo per inviare i suoi militanti in Italia e in Europa». Al riguardo, ha aggiunto, poi, che non sarebbe «affatto sorpreso di scoprire che i suoi uomini (ndr dell’Isis) si nascondono sui barconi diretti verso le vostre coste». Dunque, occorre «affrontare insieme questo problema. L’Isis ci minaccia tutti allo stesso modo».

Sarraj

Di talché l’intervistatore gli ha chiesto se avesse idea di come Italia e Libia potessero lavorare insieme per controllare le barche dei migranti e i commerci degli scafisti.

In relazione alla predetta ipotesi di collaborazione tra i due Paesi, Serraj ha risposto rilevando come, già, Italia e Libia stessero lavorando insieme «sulla base dei principi dell’operazione Sophia».  In particolare, sul punto, lo statista ha osservato: «Il tema è complicatissimo. Ha due aspetti: umanitario e relativo alla sicurezza. A me personalmente spiace che le nostre coste, invece di essere visitate dai turisti europei, siano gremite di migranti e occasionalmente sulla spiaggia si trovino i cadaveri gettati dal mare di quelli che non ce l’hanno fatta ad approdare in Italia. Per quanto concerne la sicurezza, noi libici dobbiamo mettere sotto controllo i nostri immensi confini meridionali. Non abbiamo ancora le forze per farlo. Sono migliaia di chilometri in pieno deserto. Non sappiamo come fare contro le organizzazioni criminali internazionali che gestiscono il traffico di essere umani. Sono potenti e ricche» ma, ha aggiunto, Serraj, «il mondo intero deve cercare di intervenire anche nei Paesi di origine dei migranti, aiutare a ricostruire le loro economie, i loro governi, per fermare le ragioni prime dell’esodo. Per quanto riguarda il Mediterraneo, occorre maggior cooperazione con la marina militare italiana. Con il governo di Roma dobbiamo trovare il modo per rimandare i migranti nei loro Paesi d’origine» [2].

In merito a detta questione Virginia Piccolillo del Corriere della sera ha osservato come la preoccupazione maggiore sia il «terrorismo random», cioè a dire «quello del fanatico che progetta un’aggressione solitaria o un attacco suicida». Tuttavia, nota l’autrice, verifiche sono in corso anche su soggetti radicalizzati e su favoreggiatori dell’organizzazione terroristica internazionale». [3]

Non a caso l’Ue con la Comunicazione del 7 giugno 2016 relativa alla creazione di un nuovo quadro di partenariato con i Paesi terzi nell’ambito dell’agenda europea sulla migrazione ha rilevato come occorra «particolare attenzione e un impegno strategico per fronteggiare la situazione della Libia, al cui interno sono stati individuati oltre 230.000 migranti. Di questi 4.000 e 5.000 si trovano in centri di detenzione e molti non hanno accesso all’assistenza sanitaria e alimentare: inoltre la fragilità dello Stato suscita chiari dubbi in merito all’esistenza di misure basilari di protezione e al rispetto dei loro diritti. Sono inoltre più di 400.000 gli sfollati interni bisognosi di assistenza».

Ciò, nota Bruxelles, «sebbene in Libia siano state realizzate alcune attività limitate in materia di migrazione, in particolare in collaborazione con l’Unhcr e l’organizzazione internazionale per le migrazioni, si potrà fare di più solo dopo che la situazione politica si sarà stabilizzata e sarà migliorata la sicurezza. Saranno, pertanto, indispensabili un investimento politico costante, determinazione e sostegno finanziario per creare un governo libico unito e stabile. L’obiettivo principale consisterà quindi nel sostenere il governo di unità nazionale (ndr libico) per consentirgli di garantire ai propri cittadini servizi sociali di base e sicurezza. Ciò permetterà di rafforzare la legittimità del nuovo governo e di promuovere la stabilità».

L’operazione EUNAVFOR MED Sophia, citata nell’intervista dal Leader Serraj, é stata avviata dall’Unione europea il 22 giugno 2015 ed «è entrata nella sua fase attiva» nell’ottobre 2015 .

Inizialmente il suo principale obiettivo era l’individuazione, il blocco e la messa fuori uso di «imbarcazioni usate o sospettate di essere usate dai passatori e dai trafficanti di migranti» nel Mediterraneo centromeridionale. Da allora, nota il Consiglio «l’operazione ha contribuito all’arresto e al trasferimento alle autorità italiane di 71 presunti passatori e trafficanti e ha neutralizzato 139 imbarcazioni. L’operazione ha inoltre contribuito a salvare quasi 16.000 vite umane».

Inoltre, il 20 giugno 2016 Il Consiglio ha prorogato l’operazione Sophia fino al 27 luglio 2017 rafforzandone il mandato con l’aggiunta di «due compiti di sostegno»:

– «formazione della guardia costiera e della marina libiche». Al riguardo le «legittime autorità libiche hanno chiesto sostegno per lo sviluppo di capacità e la formazione della guardia costiera e della marina. L’obiettivo consiste nel rafforzare la loro capacità di smantellare il traffico e la tratta di esseri umani in Libia e svolgere attività di ricerca e salvataggio per salvare vite umane così da migliorare la sicurezza nelle acque territoriali libiche».

– «contributo all’attuazione dell’embargo dell’Onu sulle armi in alto mare al largo delle coste libiche». A parere dell’Ue una «maggiore sicurezza e stabilità in Libia ridurranno i traffici illegali e contribuiranno in tal modo agli sforzi globali per smantellare le reti del traffico e della tratta di esseri umani». Non a caso, nota Bruxelles, «sulla base della Risoluzione 2292 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite l’operazione contribuirà alla condivisione delle informazioni e sosterrà l’attuazione dell’embargo delle Nazioni Unite sulle armi in alto mare al largo delle coste libiche. Si aumenterà in tal modo la conoscenza della situazione marittima e si limiteranno i flussi di armi verso il Daesh e altri gruppi terroristici» [4].

Come da comunicazione dello stesso Consiglio di sicurezza Onu, in sintesi la Risoluzione 2292 si concentra sulle seguenti attività: «In an effort to implement the arms embargo imposed on Libya, the Security Council today authorized Member States, acting nationally or through regional organizations, to inspect vessels on the high seas off the coast of Libya believed to be in violation of the embargo». Spiega poi il comunicato Onu che «Unanimously adopting resolution 2292 (2016) under Chapter VII of the United Nations Charter, the 15-member Council condemned the flow of arms and related materiel into Libya, including to Islamic State in Iraq and the Levant (ISIL/Da’esh) and other terrorist groups in the country.  It urged Member States to combat, by all means, threats to international peace and security caused by terrorist acts». [5]

Anche il ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni, intervistato dal Messaggero in relazione alle possibili infiltrazioni di terroristi dell’Isis sulle imbarcazioni  utilizzate dai migranti provenienti dalla Libia, ha osservato come «l’attenzione delle forze dell’ordine e dell’intelligence é massima. I controlli di chi arriva con i barconi sono elevati da sempre e in questa fase è giusto lo siano più che mai».

Il ministro ha chiesto, però, la massima attenzione a «non dare letture sbagliate» di tali possibili eventi, ricordando come «sei mesi fa la narrazione  prevalente era “noi stiamo vincendo  in Siria ed Iraq  e come conseguenza Daesh si sta impadronendo della Libia”». Forse, ha aggiunto, il politico italiano, «era una narrazione esagerata e non vorrei che ora che le forze che sostengono il governo libico, appoggiate dai droni americani, stanno avendo la meglio si dica “arriva il pericolo perché stiamo vincendo il Libia”».

Inoltre, alla domanda su quanto l’Italia abbia rappresentato un target per il Daesh, Gentiloni ha rilevato come lo siano tutti e come non debba essere sottovalutato «il rischio di colpi di coda. Per questo la guardia va tenuta alta. Ma se vinciamo in Siria, Iraq e Libia, il pericolo si riduce. Azioni individuali e lupi solitari si sono moltiplicati in questi ultimi mesi per il riferimento simbolico ad un Califfato vincente». Dunque, ha aggiunto lo statista, «il Califfato che perde, perde anche  il suo richiamo verso possibili azioni individuali in Europa».

In relazione al ruolo dell’Europa in merito ai predetti eventi, l’intervistato ha sottolineato come l’Italia a settembre sarà costretta «ad alzare la voce sul tema migratorio. Torno a vedere una brutta aria. Come se la questione stesse tornando ad essere una questione che interessa solo i greci e gli italiani. Mi riferisco al fatto che molti Paesi europei avendo costruito qualche recinzione ai propri confini terrestri, tendono a pensare che i flussi migratori che arrivano dal mare possano essere considerati in fondo un problema Grecia e Italia. Un anno fa  abbiamo visto l’Europa improvvisamente mettere al centro questo tema, decidere di spendere sei miliardi di euro, ripeto sei miliardi di euro, per un accordo con la Turchia. Mi auguro che quell’accordo regga  ma a Bruxelles gli altri 27 Stati membri devono sapere che l’Italia non accetterà che sul tema del “migration compact” e degli impegni sull’Africa, tutto finisca in un mare di carta. Servono impegni economici e organizzativi paragonabili a quelli, certo necessari, che abbiamo messo in campo con la Turchia e che naturalmente sono oggi legati al tenue filo della collaborazione ancora possibile con Ankara».

E ancora, in merito all’idea di difesa comune europea lanciata dal ministro Gentiloni e dalla collega Minotti responsabile del dicastero della Difesa, il capo della Farnesina ha dichiarato: «Abbiamo tirato un sasso nello stagno perché la condizione dell’Unione dopo Brexit non può essere quella di un’affannosa ricerca di minimi comuni denominatori per non perdere pezzi. Se l’Europa non recupera una prospettiva e si abbandona ad una visione solo difensiva, rischia molto. La pelle, l’Europa se la gioca nei prossimi mesi soprattutto su due temi: come contribuire alla crescita economica e come gestire i flussi migratori» [6].

Diversamente, secondo un altro osservatore, è prevedibile un’ondata di reduci dell’Isis pronti a fuggire in Europa. Tuttavia, «il pericolo, dopo la liberazione di Sirte è ancora più concreto, ma gli analisti dell’Antiterrorismo e l’intelligence non temono i gommoni. Il vero rischio, spiegano, torna ad essere la rotta balcanica. E’ di là che si muoverebbero i combattenti attivi, decisi a continuare la Jihad seminando terrore nelle nostre città». Al riguardo, aggiunge l’autrice, «minore allarme invece hanno suscitato le notizie arrivate dall’intelligence libica. Il ritrovamento a Sirte di documenti riservati che riguarderebbero una cellula dell’Isis attiva a Milano viene ritenuto poco credibile».

Viceversa, «dalla Siria alla Turchia, con documenti falsi. Così potrebbero arrivare in Europa i nuovi soldati del terrore che, difficilmente, sceglierebbero un barcone di disperati per compiere la missione alla quale sono votati. Per chi attraversa la rotta balcanica non è difficile ottenere lo status di profugo, basta comprare un passaporto. I documenti possono costare da 1.500 a cinquemila euro,  sono stati gli stessi migranti a riferire di aver acquistato passaporti rubati con timbri e foto contraffatte. La collaborazione tra servizi segreti europei e turchi è attiva da mesi , dopo l’arresto di alcuni jihadisti entrati come richiedenti asilo. Ma migliaia di passaporti contraffatti e anche nuovi, secondo le informazioni a disposizione degli 007, sarebbero stati stampati e rivenduti direttamente in Siria, nei territori del Califfato». [7]

Sempre in tema di rapporti Ue-Libia, anche i relazione al fenomeno dei migranti, il presidente della Commissione Esteri del Senato, Pierferdinando Casini, intervistato ieri dal Messaggero, ha dichiarato: «l’Europa non può continuare ad andare in ordine sparso sulla Libia. L’Alto rappresentante dell’Unione europea, Federica Mogherini, convochi al più presto un vertice europeo per decidere una linea comune. Non può essere che la Francia vada da una parte e Italia, Gran Bretagna e Stati Uniti dall’altra».

Inoltre, il presidente Casini ha invitato anche a riconoscere che «il dialogo con Russia e Turchia è fondamentale se si vuole una vera stabilità nel Mediterraneo». Inoltre, ha notato l’intervistatore come in merito al rischio di possibili infiltrazioni terroristiche fra i migranti provenienti dalle coste libiche che tentano la sorte sui barconi, Casini abbia rilevato come non ci si debba arrendere alla «difficoltà di discernere tra migranti e infiltrati. I controlli più elevati in tutta Italia sono la risposta migliore a chi alza polveroni a Ferragosto solo per prendere qualche voto».

Secondo l’intervistato, in relazione alla sconfitta dell’Isis a Sirte «Il pericolo di infiltrati c’è sempre in questi casi. Ma la priorità per noi era liberare Sirte: questa è una grande vittoria delle forze della coalizione e del governo di Al-Sarraj che noi abbiamo tutto  l’interesse a rafforzare […]» [8]

In conclusione, sulla base delle osservazioni sopra esposte appare ragionevole auspicare come, necessariamente, la cooperazione tra l’attuale, seppur ancora debole, governo libico, l’Italia e l’Unione europea, debba essere incrementata e come, al contempo, le relazioni Ue-Turchia debbano certamente essere curate e mantenute, sempre nel pieno e completo rispetto dei valori e principi fondanti l’Europa, affinché si possa giungere ad una gestione reale e concreta del fenomeno terroristico che, come più volte sottolineato, non esita a servirsi anche delle tragiche dinamiche, connesse ai flussi migratori, per raggiungere i suoi scopi.

 

Roberto Scavizzi

Foto © Wikiconmmons e Twitter

 

[1] G. De Matteis, Repubblica del 14 agosto 2016, Espulso un altro imam “Rischio miliziani Is sui barconi per l’Italia”.

[2] L. Cremonesi, Corriere della sera del 10 agosto 2016, Il Premier libico Serraj parla di raid aerei, Isis, migranti “Vediamo con grande favore la vostra scelta di concedere Sigonella”.

[3] V. Piccolillo, Corriere della sera del 14 agosto 2016, Da Brescia a Palermo, pm e investigatori cercano i seguaci del Califfo. Migranti, i nuovi timori dell’Italia “Terroristi nascosti sui barconi”.

[4] http://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2016/06/20-fac-eunavfor-med-sophia/.

[5] http://www.un.org/press/en/2016/sc12401.doc.htm].

[6] M. Conti, Il Messaggero del 15 agosto 2016, “Migranti passo indietro dell’Ue”.

[7] V. Errante, Il Messaggero del 15 agosto 2016, Jihadisti in fuga, allarme dei servizi ora può riaprirsi la rotta balcanica].

[8] M. Ventura, Il Messaggero del 14 agosto 2016, “Mogherini convochi subito un vertice Ue tra noi e la Francia ancora troppi equivoci”

 

 

 

 

 

 

 

 

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Roberto Scavizzi
Avvocato e docente universitario a contratto presso università private. L'attività accademica ha ad oggetto la materia dell'Informatica giuridica in ambito internazionale e la materia dei diritti d'autore. Come legale opera principalmente nel settore del diritto dell'impresa e svolge attività formativa professionale nel settore giuridico in ambito pubblico e privato. Inoltre è autore di pubblicazioni di diritto e articoli giornalistici per riviste d'arte e d'attualità.

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