In Spagna si va verso il terzo round di elezioni in un anno

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Dopo 8 mesi senza un governo è nuovamente paralisi: non c’è una maggioranza al Congresso. Ora si pensa di ripetere le votazioni nel periodo natalizio

Spagna ancora senza un governo, l’ex premier Mariano Rajoy non riesce a convincere la maggioranza dei 350 deputati e ottenere la fiducia al Congresso. La soluzione, ancora una volta, si spera arrivi da parte degli elettori, chiamati probabilmente prima di fine anno nuovamente a decidere sul futuro politico del Paese. Ora il re Felipe VI dovrà decidere se avviare nuove consultazioni con i leader politici oppure optare per un periodo lungo di riflessione.

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Mariano Rajoy

Dopo 8 mesi di paralisi istituzionale, con un esecutivo incaricato solo dell’ordinaria amministrazione, il Paese iberico non riesce ad avere nuova stabilità e rischia di prolungare il periodo di crisi. Il Congresso dei deputati di Madrid, come sentenziato dalla presidente del Congresso Ana Pastor, ha di nuovo negato ieri sera (per la seconda volta consecutiva in due giorni) la fiducia al premier uscente e incaricato Mariano Rajoy: 170 voti a favore, 180 contrari.

Dunque si ricomincia con il countdown verso nuove elezioni, le terze in un anno. Se non ci sarà una soluzione entro il 31 ottobre, con un nuovo premier, si tornerà a votare domenica 25 dicembre, giorno di Natale, come riporta l’agenzia Ansa. I quattro grandi partiti, consapevoli della crescente esasperazione del Paese verso l’incapacità a uscire dalla crisi, si sono detti pronti a una riforma della legge elettorale per anticipare il voto al 18 dicembre.

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Pedro Sánchez

Quella dell’ex premier Rajoy era una sconfitta annunciata. Già mercoledì, al primo turno, aveva ottenuto il massimo, ricevendo 170 voti: 137 del suo Partido popular (Pp), 32 di Ciudadanos e un deputato di Coalicion Canaria (Cc). Contro, il fronte del “no”: 85 Psoe (Partido Socialista Obrero Español), 71 di Unidos Podemos, 24 indipendentisti e nazionalisti catalani e baschi. La speranza di Rajoy era di convincere i socialisti Psoe dal diniego all’astensione, ma il loro leader Pedro Sanchez ha chiuso a qualsiasi ipotesi, condannando l’ex premier a un secondo smacco. Con lo stesso risultato.

Il Paese s’interroga sull’assurdità della situazione. Per El Mundo si tratterebbe della prima volta dal 1945 in un Paese dell’Europa democratica. A salvare la situazione, o a renderla ancora più ingarbugliata, potrebbero essere le prossime elezioni basche e galiziane del 25 settembre: se ci sarà una nuova sconfitta di Sanchez il Psoe dovrà necessariamente cambiare rotta e scenario politico. Oppure si potrebbero creare le condizioni per un avvicinamento dei nazionalisti baschi del Pnv (5 deputati) a Rajoy.

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Alberto Garzón e Pablo Iglesias (Unidos Podemos)

L’ex-premier socialista Felipe Gonzalez ha proposto ieri, dopo il voto, che il Pp presenti un altro candidato al posto di Rajoy. Ma sembra molto improbabile che ciò avvenga. Un’altra ipotesi, ma che per ora non ha i numeri, vedrebbe Psoe e Podemos tentare la costruzione di una coalizione con l’appoggio degli indipendentisti e di Ciudadanos. Una strada altrettanto (per ora) esclusa dal Psoe. Quindi la soluzione più probabile è, al momento, che si torni a votare.

Senza dubbio un’ulteriore spinta all’anti-politica anche in Spagna. E che mette in difficoltà il Paese davanti all’Unione europea. Se un nuovo governo legittimato non sarà possibile presentare bilancio e tetto di spesa 2017 entro il 15 ottobre, che costerebbero 6 miliardi di multa Ue. Non solo, se non sarà rinnovata la Commissione di controllo della borsa, sempre entro ottobre – come anticipava il ministro dell’economia Luis de Guindos – si rischia il blocco del mercato dei capitali. Insomma per la Spagna, come avvertiva la vicepremier Soraya de Santamaria, senza nuovo governo «il costo sarà alto per tutti».

 

Keiko Jiménez

Foto © Wikicommons

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