Italia campione europeo dell’economia circolare

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La corsa verso i traguardi rischia però di arrestarsi, mentre gli altri Paesi avanzano più in fretta grazie al nuovo pacchetto di direttive approvato nel luglio scorso

Italia campione europeo dell’economia circolare: tra le altre grandi economie continentali nessuna mostra performance paragonabili a quelle italiana. Lo dice il Rapporto sull’Economia Circolare in Italia 2019 realizzato dal Circular Economy Network (CEN, la rete promossa da Fondazione per lo sviluppo sostenibile, sostenuta da imprese e organizzazioni di diversi settori economici, per promuovere lo sviluppo dell’economia circolare in Italia) ed ENEA. C’è però un neo, sottolinea il report: la nostra corsa verso i traguardi della circolarità rischia di arrestarsi, mentre quella degli altri grandi Paesi sta prendendo slancio anche grazie al nuovo pacchetto di direttive approvato nel luglio scorso.

PRIMI BEN DAVANTI ALLA GERMANIA

Con 103 punti l’Italia è prima tra i grandi Paesi europei (i soli che abbiano un sistema economico paragonabile a quello italiano) seguita a distanza da Regno Unito (90 punti), Germania (88), Francia (87) e Spagna (81).

Cosa rappresenti questo numero lo spiega Emmanuela Pettinao del CEN: «Partendo dai macro settori indicati dal Piano d’azione sull’economia circolare adottato dall’Ue (produzione, consumo, rifiuti, mercato delle materie prime seconde, innovazione, investimenti e occupazione) e utilizzando dati Eurostat, per ciascuna area tematica è stato creato un indice di sintesi attribuendo un punteggio ai risultati raggiunti dai singoli Paesi. Per dare un risultato complessivo è stato creato un Indice complessivo di circolarità, dato dalla somma dei punteggi raggiunti dagli indici di ogni area».

Primato sì ma attenzione, spiega Pettinao: «In Italia non ci sono slanci di miglioramento, soprattutto nel settore dell’eco-innovazione e nella riparazione e del leasing in cui abbiamo sì un numero di imprese maggiore di quello degli altri grandi Paesi Ue, ma con un numero di occupati e fatturato molto inferiore. Insomma mentre gli altri Paesi fanno passi avanti in Italia non c’è un miglioramento, e in alcuni settori addirittura si rallenta».

L’Italia, in confronto alle valutazioni 2018, ha infatti conquistato solo 1 punto in più, mentre ci sono Paesi che hanno fatto decisamente meglio: la Francia, per esempio, che aveva totalizzato 80 punti ne ha aggiunti 7; o la Spagna, che ha scalato la classifica partendo dai 68 punti dello scorso anno, guadagnandone ben 13. Chiarisce Pettinao: «Se non si recepiscono pienamente le politiche europee, facendo tra l’altro partire i decreti che tecnicamente regolano il trattamento e la destinazione di quelli che finora sono considerati rifiuti e che invece possono diventare una risorsa per la manifattura italiana, rischiamo di perdere non solo un primato ma un’occasione di rilancio economico fondamentale».

Ma vediamo nel dettaglio i singoli macro settori analizzati.

PRODUZIONE

Un’analisi complessiva dell’andamento della produzione in chiave di economia circolare è fornita dall’indice sulla produttività totale delle risorse (materiali, acqua, energia e intensità delle emissioni CO2) che mostra l’Italia al primo posto rispetto ai 5 principali Paesi europei e, con un indice pari a 180, ben al di sopra della media europea (100).

È evidente in questo comparto un netto vantaggio rispetto alle economie concorrenti, anche considerando il fatto che la seconda economia in questa particolare classifica risulta il Regno Unito, che tra i 5 Paesi presi in considerazione è quello con il minor tasso di economia manifatturiera, quindi, con il minor consumo di risorse durante i processi produttivi.

Analizziamo alcuni dei diversi aspetti che contribuiscono a determinare questo indice.

Sulla produttività delle risorse nel 2017 l’Italia si posiziona tra i primi Paesi europei con il maggiore valore economico generato per unità di consumo di materia: per ogni kg di risorsa consumata genera 3 € di PIL, contro una media europea di 2,24 e valori tra 2,3 e 3,6 in tutte le altre grandi economie europee. In questo settore però il nostro Paese non è ancora riuscito a recuperare le performance segnate nel 2014 (3,24 €/kg), rimanendo sostanzialmente fermo negli ultimi anni.

La stessa analisi va fatta per la produttività energetica: dal 2014 in poi il valore oscilla intorno ai 10,2 €/PIL, valore superiore alla media europea (8,5 €/PIL) che ci fa guadagnare il secondo posto tra i big Ue, ma rispetto alla prima il divario cresce.

La produzione complessiva dei rifiuti analizzata rispetto al consumo interno dei materiali (DMC) raggiunge per l’Italia il valore del 22,7%, contro una media europea ben più bassa (12,8%). Nel periodo 2004-2014 l’indicatore è cresciuto notevolmente in Italia, che nel decennio considerato incrementa il rapporto tra produzione complessiva dei rifiuti e DMC del 56%. L’Italia segna dunque la peggiore performance rispetto alle 5 maggiori economie europee.

CONSUMO

In questo settore, considerando gli andamenti dei diversi indicatori analizzati dal Rapporto sull’Economia Circolare in Italia, l’Italia si pone al terzo posto davanti alla Germania.

Il consumo interno di materia (DMC) per l’Italia nel 2017 è pari a 514 milioni di tonnellate e segna una riduzione del 36% in 9 anni. È importante evidenziare che, relativamente all’ultimo anno di analisi, Italia, Francia, Spagna e Regno Unito presentano un’inversione di andamento, registrando una leggera crescita dei consumi.

L’Italia nel consumo finale di energia è il quarto Paese in Europa con utilizzi annui pari a 116.000 TEP (tonnellate equivalenti di petrolio). Dal 2007 al 2016 l’indicatore è complessivamente decrescente per l’Italia con un – 14%.

Nel cammino verso l’economia circolare un ruolo importante lo hanno anche quelle forme innovative di consumo che promuovono l’utilizzo di prodotti e di servizi anziché il loro possesso: l’erogazione dei servizi di sharing economy, ad esempio, permette di aumentare il tasso di utilizzo dei prodotti e rende quindi più efficiente l’uso della materia che li compone. Relativamente al noleggio e leasing di apparecchiature per uffici, compresi i computer, spiega il report CEN e ENEA, il nostro Paese vanta la presenza più numerosa di imprese (599 nel 2016), ma queste imprese hanno un fatturato molto più basso (1.228,2 milioni €). A livello nazionale, cresce e si rafforza il settore della sharing mobility che nel triennio 2015-2017 vede incrementare del 17% il totale dei servizi di mobilità condivisa considerando tutti i principali settori di attività.

Nella raccolta di vestiti usati l’Italia ha un tasso più basso rispetto alle altre realtà europee: le quote di raccolta variano dall’11% in Italia a oltre il 70% in Germania.

Secondo Eurostat in Italia operano quasi 25.000 aziende che svolgono riparazione di beni elettronici e di altri beni personali (vestiario, calzature, orologi, gioielli, mobilia…), ponendo il nostro Paese al terzo posto tra le prime cinque economie d’Europa. Se consideriamo invece il valore della produzione, le 25.000 aziende italiane nel 2016 hanno generato a livello nazionale 2,2 miliardi di euro, con una riduzione di circa 800 milioni di euro rispetto al 2008. Mediamente in Italia un’impresa della riparazione genera un valore annuo di quasi € 92.000, più basso rispetto alle economie concorrenti. Gli addetti nelle imprese di riparazione attivi in Italia nel 2016 sono stati oltre 12.000, con un leggero calo rispetto al 2008, mentre Francia, Germania e Spagna riescono ad impiegare un numero di addetti pari al doppio di quello italiano.

GESTIONE DEI RIFIUTI

Dall’analisi complessiva delle performance di gestione dei rifiuti l’Italia si pone al 1° posto insieme alla Germania.

La produzione pro capite di tutti i rifiuti prodotti nel 2016 è pari a 2.706 kg/ab, la metà di quella media dei 28 Paesi dell’Ue, soprattutto non è però possibile osservare un disaccoppiamento rispetto al PIL.

La percentuale di riciclo di tutti i rifiuti è invece pari al 67%, nettamente superiore alla media europea (55%) che porta l’Italia al primo posto rispetto alle principali economie. Lo smaltimento in discarica per l’Italia è ridotto al 25%, in linea con la media europea, ma con valori ancora elevati rispetto ad altre realtà come la Germania, la Francia e il Regno Unito (anche a causa del fatto che in questi Paesi l’incenerimento è molto più diffuso).

MERCATO DELLE MATERIE PRIME SECONDE (MPS)

In questo settore l’Italia si pone al terzo posto tra i Big Ue, in calo di una posizione rispetto all’anno precedente. Il parametro che è stato utilizzato per valutare il comparto è il tasso di utilizzo circolare di materia che per l’Italia nel 2016 è pari a 17,1%. Nel periodo 2010-2016 il tasso però non ha mostrato un trend univoco: dopo una crescita fino al 2014, con un valore massimo di 18,5%, si è assistito ad una diminuzione nel biennio 2015-2016 dove ha perso 1,4 punti percentuali.

Nel report CEN-ENEA è stato valutato anche il bilancio tra l’export e l’import del materiale riciclato nel nostro Paese: l’Italia importa 700.000 tonnellate in di più di quante ne esporta. Il materiale riciclato e reimmesso nei cicli produttivi in Italia, infatti, nel 2017 è stato di 96,3 milioni di tonnellate, superiore al riciclo nazionale. «Questo dato fornisce due segnali» – spiega Pettinao – «uno positivo e l’altro negativo. Il primo ci dice che il sistema produttivo italiano è capace di valorizzare il materiale riciclato e che quindi ne esiste una domanda. Il secondo, invece, ci fa osservare che non siamo in grado di soddisfare appieno questa domanda mediante una maggiore valorizzazione dei rifiuti sul nostro territorio».

INVESTIMENTI E OCCUPAZIONE

Nella valutazione complessiva delle prestazioni relative a investimenti e occupazione nell’economia circolare l’Italia, con 27 punti, si pone al secondo posto, dopo la Germania (29).

Un dato decisamente poco brillante è quello del numero di brevetti depositati relativi al riciclo dei rifiuti: un dato che ci parla del presente ma anche del futuro dell’economia circolare in un sistema produttivo. L’Italia risulta scarsamente attiva su questo versante: nel 2015 sono stati depositati solo 15 brevetti, collocando il nostro Paese all’ultimo posto tra i competitor.

Pettinao sintetizza così: «Se l’Italia ha il primato europeo questo è perché utilizzare al meglio le scarse risorse destinate all’avanzamento tecnologico, permettendo così di recuperare un ritardo che altrimenti sarebbe pesante. Questa capacità esprime, dunque, una forza creativa capace di tradurre in solide realtà buone intuizioni». Ma questo non basta: «resta il dubbio che l’attivazione di un programma di politiche di sostegno allo sviluppo dell’eco innovazione sull’economia circolare riuscirebbero a offrire opportunità anche ad iniziative altrettanto valide, ma che non hanno eguale accesso a finanziamenti o altre forme di sostegno».

LE PROPOSTE CEN ED ENEA

A fronte di una situazione che, come abbiamo visto, manca di slancio, Circular Economy Network ed ENEA, contestualmente al Rapporto hanno presentato 10 proposte per non lasciar disperdere il capitale e i risultati raggiunti e accelerare il cammino verso l’economia circolare. «L’Italia vanta sicuramente grandi risultati vista la rilevanza che l’economia circolare ha avuto e ha nel nostro Paese» – ha commentato infatti Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile e del Circular Economy Network – «dobbiamo però impegnarci a tenere alto il livello delle nostre performance. Servono un piano e una strategia nazionale, una regolazione sull’end of waste che permetta ai numerosi progetti industriali in attesa di autorizzazione di partire. Ma serve anche una visione politica e amministrativa che manovri le leve della fiscalità, degli incentivi all’innovazione in favore dell’economia circolare, che va pensata non come un comparto, ma come un vero e proprio cambiamento profondo di modello economico».

Ecco le proposte Cen-ENEA in sintesi:

* Diffondere e arricchire la visione, le conoscenze, la ricerca e le buone pratiche dell’economia circolare: il risparmio e l’uso più efficiente delle materie prime e dell’energia; l’utilizzo di materiali e di energia rinnovabile; prodotti di più lunga durata, riparabili e riutilizzabili, più basati sugli utilizzi condivisi; una riduzione della produzione e dello smaltimento di rifiuti e lo sviluppo del loro riciclo.

* Implementare una Strategia nazionale e un Piano d’azione per l’economia circolare per affrontare carenze e ritardi, con un ampio processo di partecipazione che coinvolga tutti gli stakeholder interessati.

* Migliorare l’utilizzo degli strumenti economici per l’economia circolare attraverso la responsabilità estesa dei produttori per il ciclo di vita dei prodotti e quella condivisa dei diversi soggetti coinvolti nel consumo; valutare gli incentivi pubblici esistenti e riallocare quelli che producono effetti in contrasto con l’economia circolare. E serve un riequilibrio del prelievo fiscale.

* Promuovere la bioeconomia rigenerativa. Tutelando e valorizzando il capitale naturale e la fertilità dei suoli, l’Italia deve puntare di più sullo sviluppo di una bioeconomia rigenerativa che assicuri prioritariamente la sicurezza alimentare e l’agricoltura di qualità e che alimenti anche le filiere innovative, integrate nei territori, dei biomateriali, nonché la restituzione di sostanza organica ai suoli e la produzione di energie rinnovabili.

* Estendere l’economia circolare negli acquisti pubblici con l’utilizzo dei Green Public Procurement (GPP).

* Promuovere l’iniziativa delle città per l’economia circolare puntando sul rilancio della qualità delle città con programmi integrati di rigenerazione urbana, secondo il modello europeo delle green cities.

* Realizzare un rapido ed efficace recepimento del nuovo pacchetto di direttive europee per i rifiuti e l’economia circolare, che deve puntare a migliorare la prevenzione, ad aumentare il riciclo superando tutti i nuovi target europei, a utilizzare il recupero energetico a supporto del riciclo e rendere residuale lo smaltimento in discarica. Ai consorzi, punti di forza del sistema italiano, pensati per le diverse tipologie di rifiuto, non si può applicare un unico modello.

* Attivare rapidamente le pratiche di End of Waste. Per sviluppare il riciclo dei rifiuti, urbani e speciali, è indispensabile disporre di una efficace e tempestiva regolazione della cessazione della qualifica di rifiuto dopo un adeguato trattamento, rendendo molto più rapida la procedura per i decreti ministeriali e non ostacolando il riciclo che coinvolge oltre 7 mila impianti industriali in Italia.

* Assicurare le infrastrutture necessarie per l’economia circolare. La progettazione circolare dei prodotti, l’utilizzo di beni condivisi – come con la sharing mobility -, la vendita dei servizi forniti dai prodotti, il funzionamento dei mercati del riutilizzo e dell’usato in coordinamento con attività di verifica e di riparazione, lo sviluppo del riciclo e dei mercati delle materie prime seconde: sono tutte attività dell’economia circolare che richiedono adeguate dotazioni di infrastrutture. La diffusione e l’implementazione dell’innovazione e delle buone pratiche, in particolare per le piccole e medie imprese, va supportata con l’istituzione di un’Agenzia per l’uso efficiente delle risorse.

* Estendere l’economia circolare anche al commercio on line. I prezzi convenienti, la facilità dell’acquisto e la consegna a domicilio stanno alimentando una forte crescita del commercio on line anche di prodotti usa e getta, di breve durata, non riparabili, difficilmente riciclabili, distribuiti con imballaggi voluminosi. Questo tipo di commercio tende così ad alimentare un modello di economia lineare che aumenta gli sprechi di risorse.

 

Daniele Di Stefano e Alessandro Magini

Immagini tratte dal Rapporto sull’Economia Circolare in Italia 2019

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