La fiducia nelle Istituzioni ai tempi del Coronavirus

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Conte sapeva della gravità del virus, ma ci diceva che era tutto a posto. Ora sarebbe lecito che rispondesse ad alcune domande urgenti

Proviamo a metterci nei panni del “cittadino comune”, categoria un po’ sfuggente in verità, che merita di essere un minimo definita per non aggiungere equivoci in un’epoca in cui questi abbondano pericolosamente. L’identikit del cittadino comune di cui si parla ha almeno 4045 anni e mediamente è più maturo di questa età, ha fatto in tempo a conoscere modi differenti di espressione delle istituzioni dello Stato, nel bene e nel male, non crede in tesi complottiste a meno che non si portino evidenze a supporto delle stesse, non ha atteggiamenti antiscientifici preconcetti e non è attivista anti-vax e tantomeno perde tempo a fare l’odiatore seriale sui social network che, piuttosto, utilizza per cercare di informarsi, facendo lo slalom fra le tante notizie e fake news.

Qualcuno potrebbe dire che non è esattamente il ritratto di un “cittadino comune”, ma non sono d’accordo e l’esperienza “da strada” e di tanti rapporti quotidiani, che fa sostenere la tesi che questo profilo sia molto più diffuso di quanto possa sembrare. Semplicemente si parla del profilo di cittadini che normalmente non urlano, sono moderati, credono in generale nelle istituzioni, pur conservando mediamente il loro spirito critico, non si notano, potremmo dire che non “fanno notizia”. Si può affermare che questo profilo di cittadino, da qualunque mestiere o professione provenga, a qualunque ideologia o tendenza filosofica appartenga, rappresenta l’ossatura, la struttura portante di ciò che ancora funziona nella nostra amata Italia.

La domanda che nasce spontanea è che cosa dovrebbe pensare il cittadino di cui si scrive se leggesse laDelibera del Consiglio dei Ministri 31 gennaio 2020”? Agevoliamo la lettura della delibera a tutti e per comodità di seguito inseriamo il link del sito ufficiale da cui è stata presa, facendola conoscere meglio in modo da far capire di cosa si sta parlando: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/02/01/20A00737/sg. Si legge, come in un lontano racconto, che il Consiglio dei Ministri, alla data indicatagià sapeva”. Cosa sapeva? Questo:

“Vista la dichiarazione di emergenza internazionale di salute pubblica per il coronavirus (PHEIC) dell’Organizzazione mondiale della sanità del 30 gennaio 2020;  Viste le raccomandazioni alla comunità internazionale della Organizzazione mondiale della sanità circa la necessità di applicare misure adeguate;

Considerata l’attuale situazione di diffusa crisi internazionale determinata dalla insorgenza di rischi per la pubblica e privata incolumità connessi ad agenti virali trasmissibili, che stanno interessando anche l’Italia…”.

https://www.facebook.com/Eurocomunicazione/videos/580807479184848/

Il cittadino, anche quello più virtuoso, non ha la memoria troppo lunga e non gliene possiamo fare una colpa, perché ogni giorno lo vediamo ingolfato fra scartoffie, spesso inutili, procedure bizantine, scadenze fiscali (gli autonomi, i professionisti, le Patite IVA), regolamenti vari, trasporti pubblici che, salvo qualche isola felice, non funzionano, traffico bloccato eccetera. Vogliamo anche chiedere di collegarsi ogni giorno al sito della Gazzetta Ufficiale? Il nostro cittadino non lo farà. Perché ha fiducia nelle Istituzioni e sa che se ci fosse qualcosa di importante esse non mancherebbero di comunicarlo in modo sollecito e approfondito. Questi vede in queste ultime settimane, al tempo del Coronavirus, comunicazioni quasi continue del premier, da Grande Fratello, due eventi fissi al giorno, come dire “vengano, signori, vengano, uno alle 18:00 e uno spesso inprime time” alle 22:40 tramite Facebook ripreso televisivamente. Che bel bel palinsesto! Un palinsesto che per certi versi funziona, visto che l’esposizione mediatica del premier Conte è attualmente ai massimi livelli di sempre e tutti, compreso il “nostro” cittadino, sono portati a pensare che il Governo sia responsabile e stia facendo tutto il possibile per fronteggiare la situazione. Eppure il 31 gennaio non è successo niente, ma proprio niente, di tutto questo. E nemmeno il primo febbraio. E nemmeno nelle settimane successive. Si dirà che “la gravità ella situazione non era ancora del tutto chiara”. È questo il pensiero che viene a chi ha fiducia nelle Istituzioni, ma questo “non può essere”, guardiamo meglio! E guardando meglio si legge:

Tenuto conto che detta situazione di emergenza, per intensità ed estensione, non è fronteggiabile con mezzi e poteri ordinari;

Ritenuto, quindi, che ricorrano, nella fattispecie, i presupposti previsti dall’articolo 7, comma 1, lettera c), e dall’articolo 24, comma 1, del citato decreto legislativo n. 1 del 2018 [N.d.R.: Tipologia degli interventi emergenziali di protezione civile sulle emergenze di rilievo nazionale connesse ad eventi calamitosi…], per la dichiarazione dello stato di emergenza; Su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri; Delibera: 1) In considerazione di quanto esposto in premessa, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 7, comma 1, lettera c), e dell’articolo 24, comma 1, del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, è dichiarato, per 6 mesi dalla data del presente provvedimento, lo stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili.

La situazione sembra essere abbastanza chiara, parliamo di un documento governativo del 31 gennaio 2020 dove si fa riferimento ad un tempo di ben sei mesi, quindi fino a fine luglio 2020, già da questo primo decreto. E allora, perché nelle tre-quattro settimane successive si è comunicato solo per spegnere le preoccupazioni sull’insorgere di episodi di razzismo ai danni della comunità cinese italiana (da tutelare assolutamente, ma non è questo il problema) e niente si è fatto per potenziare le strutture sanitarie e le loro dotazioni? Perché si è continuato a diffondere minimizzazioni dopo che si era deliberato ai massimi livelli in senso esattamente opposto? Perché si è dovuto assistere ai tour di alcuni componenti della maggioranza, fatti di baci e abbracci, nelle zone in cui erano attivi i primi focolai, per poi assistere a confessioni imbarazzate sul fatto di aver contratto il virus, quando più responsabile sarebbe stato chiedere scusa a tutte le persone non solo “venute in contatto”, ma amabilmente cercate per profondere baci e abbracci amorevoli e politicamente corretti, ma inevitabilmente infetti? Perché non si è pensato, da subito, ad organizzare e agire per sciogliere i lacciuoli che hanno impedito non solo ai sanitari, ma a tutta la popolazione, di dotarsi di mascherine e altri strumenti che avrebbero senz’altro rallentato il contagio e tutte le conseguenze sociali ed economiche che ne conseguono e si è scelto di mandare in mondovisione, sulla CNN, un atto di accusa ingiusto e ingiustificabile nei confronti dei medici in quel momento, come adesso, già impegnati in prima linea a combattere – loro sì – una guerra contemporanea con sassi e bastoni? Perché signor presidente del Consiglio? È ancora lecito porre garbatamente queste domande al premier Conte o si viene tacciati di lesa maestà?

Non dovrebbe rispondere al Parlamento il premier Conte, come da più parti giustamente richiesto, sia nel mondo politico di opposizione (ma anche qualche voce della stessa maggioranza) che da qualche voce della società civile, oppure vale il dettonon disturbare il manovratore”? Ma è o non è lecito chiedersi di che “manovre” si tratti? Ci si sta impegnando al meglio per la salute dei cittadini? Benissimo: se sì, le domande sono: dove sono le mascherine? Dove sono i respiratori? Dove i disinfettanti? Dove sono i tamponi effettuati a tappeto come in Corea che hanno consentito di prendere decisioni competenti basate su numeri molto più solidi dei nostri? Tutto questo non c’è. E non è sufficiente richiamare le 100 mila mascherine cinesi (le abbiamo pagate, o no?): una goccia nel mare in una nazione da 60 milioni di abitanti, per le quali ci siamo profusi in salamelecchi e ringraziamenti ridicoli del tutto sproporzionati al supporto ridicolo ricevuto. Ma qui si tratta di geopolitica, non di tutela dei cittadini. E ancora: può il presidente Conte chiarire al Parlamento, e a noi cittadini, quando cesseranno i poteri straordinari a lui attribuiti?

https://www.facebook.com/Eurocomunicazione/videos/195313338455860/

Dopo la delibera citata, ci sono stati una serie di decreti, inclusi quelli della Protezione Civile (che dipende dallo stesso Presidente del Consiglio), che non hanno chiarito in modo esplicito questo aspetto, per cui possiamo solo formulare delle ipotesi. Possiamo ipotizzare che i poteri speciali attribuiti a Conte possano durare “al massimo” finché durerà lo stato di emergenza, ovvero, al massimo, 24 mesi. Ma noi non vogliamo formulare queste ipotesi, vorremmo sentirci dare delle risposte, o attraverso il Parlamento, che sarebbe la sede naturale, o anche (ormai siamo di bocca buona) attraverso i reality delle 22:40, naturalmente attraverso Facebook.

Non si formalizzi, presidente Conte, ci faccia sapere. Ci faccia sapere se intende andare avanti con i suoi D.P.C.M. ad oltranza, per 24 mesi o per tempi sufficientemente lunghi da consentire di classificare meglio e in modo più cristallino il periodo che stiamo vivendo, in cui di cristallino c’è solo il frontone della scrivania della cosiddetta conferenza stampa, con le bandiere e il logo della Sua presidenza, logo al quale gli affezionati delle istituzioni sono peraltro molto legati. Vada avanti così, presidente: si capirà meglio che il problema si chiamaDemocrazia”. È lecito a questo punto domandarsi se non si stia assistendo ad un uso strumentale delle Istituzioni e presto, o tardi, sarà il cittadino stesso a chiederselo. Quello stesso cittadino che è stato descritto all’inizio, quello calmo e moderato. Quello che, credendo nelle Istituzioni, ha delegato il Parlamento, e non un autoproclamato “avvocato degli Italiani”, a rappresentarlo.

 

Alessandro Cicero

Foto e video © Palazzo Chigi, Agenzia Vista, Eurocomunicazione

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Alessandro Cicero
Alessandro Cicero è nato in Africa settentrionale, da genitori italiani di origine siciliana, si è trasferito da piccolo nella città di Salerno, oggi vive a Roma, svolge la sua attività tra la capitale e Londra. Scrive su alcune testate giornalistiche nazionali e su un organo di informazione europeo ed internazionale incentrato su tematiche politiche, economiche, industriali e su argomenti sociali e del lavoro inerenti il Parlamento Europeo e i rapporti con gli Stati membri ed esteri. È, inoltre, impegnato nella cura di rapporti istituzionali internazionali e di interfaccia con i media, creando campagne di stampa e cura dell’immagine istituzionale. Ha maturato esperienze nell’ambito del public relations, relations intelligence, crisis management e strategie digitali, corporate communication & public affair. È stato impegnato nello sviluppo e nella cura della comunicazione e delle relazioni esterne, anche in campagne di comunicazione elettorali internazionali. È stato consulente per l’elezione a Presidente della Repubblica di un importante Stato africano conseguendo la nomina, nell’ambito di quella specifica coalizione, di Consigliere per le Pubbliche Relazioni, Relazioni Istituzionali, Commerciali, Economiche per la Comunicazione in Italia e presso le Istituzioni Europee a Bruxelles. Ha fondato e diretto, come direttore editoriale, un settimanale nazionale sia cartaceo che online, ha scritto su alcune testate nazionali ed europee, ha partecipato come commentatore in alcune trasmissioni televisive come RaiNews24, Uno Mattina Rai, Rai Radio 1, Rai 2, intervistato su TG1 economia Rai. Tra le varie esperienze è stato osservatore per le elezioni presidenziali in Ucraina, nelle quali fu eletto Viktor Yushchenko e alcuni anni prima osservatore e corrispondente per le elezioni presidenziali in Albania, che portarono all’elezione di Sali Ram Berisha. Ha operato nel settore mass media, editoria e comunicazione in joint venture con la tedesco-romena Roumanainvest, il primo gruppo televisivo privato in Romania. Ha svolto incarichi nell’ambito del settore Ambiente ed Energia È stato cofirmatario, assieme all’amministratore delegato dell’Enel dell’epoca, Alfonso Limbruno e al Direttore Generale, Claudio Poggi, del Contratto Nazionale di Lavoro del Settore Elettrico nell’ambito delle relazioni industriali. Come editorialista e appassionato della materia, ha scritto e rilasciato anche interviste su organi nazionali d’informazione su temi di energia, ambiente, industria e riorganizzazione aziendale e di settori industriali, in particolare su aziende come ENI, Enel e Sogin.

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