La globalizzazione, i fenomeni migratori e il moltiplicarsi delle frontiere

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La costruzione del muro ungherese al confine con la Serbia rappresenta il materializzarsi di un fallimento culturale e politico

Se l’utopia di un mondo senza frontiere è destinata a restare una chimera, i percorsi della globalizzazione avevano perlomeno fatto presagire realtà meno divise. La caduta del muro di Berlino sembrava rappresentare un momento epocale, una svolta nella storia della vecchia Europa e forse dell’intero pianeta. La contrazione delle barriere spaziali dovuta alle nuove tecnologie di comunicazione, unitamente a politiche commerciali sempre meno protezioniste, avevano additato realtà in cui la circolazione delle persone e delle idee fosse più libera. Invece le cose sono andate in maniera diversa.

Il radicalizzarsi dei conflitti, l’estensione sempre maggiore delle aree di crisi hanno dato vita a fenomeni migratori massicci per arginare i quali l’Europa, e non solo, ha pensato bene di mettere in campo politiche di contenimento perlomeno discutibili. Recente è la notizia del muro che il governo ungherese vorrebbe erigere ai confini con la Serbia. Un’altra barriera che andrebbe ad aggiungersi a quelle già esistenti, si pensi alle distese di filo spinato che dividono la Spagna dal Marocco, la materializzazione di un fallimento culturale e politico.

1024px-Berlin_1989,_Fall_der_Mauer,_Chute_du_mur_08Bisognerebbe invece cercare soluzioni, lavorare per uno sviluppo il più possibile omogeneo del nostro pianeta. Dopo aver sfruttato sino in fondo le aree del terzo mondo, abbiamo pensato bene di abbandonarle a se stesse. La crescente chiusura delle frontiere non fa altro che incrementare i percorsi migratori e le violenze che le persone in fuga da guerre e persecuzioni sono costrette a subire. Le mafie prosperano sulle disgrazie dei più deboli e sfortunati.

Antiche controversie territoriali, frantumazioni di realtà esistenti, rivendicazioni di etnie minoritarie ad avere un proprio territorio conducono verso un moltiplicarsi delle barriere frontaliere. In presenza di tali limiti aumenta il numero di coloro i quali intendono valicarli, e con questo i problemi con i quali confrontarsi.

In tale ambito l’Europa è chiamata a fare la propria parte. Se prevarrà la logica della paura e della chiusura nei confronti dell’altro, il progetto comunitario sarà fallito. Se invece si riusciranno ad arginare gli estremismi interni, se si riuscirà a costruire un’Europa veramente unita, non solo dal punto di vista economico, ma soprattutto politico e culturale, pur nel rispetto delle specificità territoriali, si sarà dato un contributo essenziale alla crescita del nostro pianeta.

Costruire barriere non è mai servito a nulla. L’Europa deve in primo luogo eliminare le divisioni interne, trovare un’ottica comune, porsi come un faro di civiltà e un punto di riferimento in un mondo che, forse mai come oggi, propone sfide estremamente ardue da affrontare.

Riccardo Cenci

foto © wikicommons

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Riccardo Cenci
Riccardo Cenci. Laureato in Lingue e letterature straniere moderne ed in Lettere presso l’Università La Sapienza. Giornalista pubblicista, ha iniziato come critico nel campo della musica classica, per estendere in seguito la propria attività all’intero ambito culturale. Ha collaborato con numerosi quotidiani, periodici, radio e siti web. All’intensa attività giornalistica ha affiancato quella di docente e di scrittore. Ha pubblicato vari libri (raccolte di racconti e romanzi). Attualmente lavora come Dirigente presso l’Enpam.

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