Il sociologo e psicoanalista Ivano Spano nel suo ultimo libro analizza le nuove forme di alienazione provocate dalla virtualità e propone delle “cure”
Viviamo in un mondo sempre più virtuale, in una continua oscillazione fra realtà e apparenza. Ma cosa implica tutto questo nella vita del singolo individuo? E come si riflette sulla società? E ancora quanto siamo consapevoli della “profonda ambiguità”nella quale viviamo? Su queste e molte altre questioni si interroga Ivano Spano nel suo ultimo libro, “La Malattia dell’Occidente. Marketing of life” (Guerini e Associati).
Sociologo, psicoanalista, docente all’Università di Padova, Spano si occupa in particolare di epistemologia delle Scienze sociali e delle Scienze della terapia ed è un critico del modello sociale ed economico capitalistico e dei processi di globalizzazione in atto. Nel suo ultimo lavoro analizza le nuove forme di alienazione provocate dal vivere nella virtualità, dove l’identità diventa «il riflesso di “stili di vita” strettamente associati ai marchi commerciali e ai prodotti che rappresentano».
Come spiega lo psicologo sociale Adriano Zamperini nella prefazione, per Spano «il termine “acting-out” esprime compiutamente il tentativo del soggetto umano rivolto a sbarazzarsi di sé» in modo tale che «l’agire finisce col prevalere sul pensare e il fare finisce per coincidere con l’essere. Il soggetto, allora, si realizza come “imprenditore di se stesso” portando a compimento il plagio sistematico che la società esercita su di lui».
Ne deriva una nuova forma di “normalità” che si presenta, a detta degli studiosi più raffinati, come la “nuova malattia” dell’Occidente, la “normopatia”. Questa forma di crisi dell’individuo contemporaneo si colloca in un contesto che, spiega Spano, è quello del capitalismo fallimentare che non regge ormai più la prova della storia. Una possibile via d’uscita sarebbe dunque costituita dal riappropriarsi della realtà e viverla, piuttosto che continuare a vivere la sua rappresentazione.
A questo fine appare necessario anche riconcettualizzare il ruolo della medicina contro la medicalizzazione della vita, della psicologia oggettivante e astratta dalla soggettività, nonché della politica che deve approdare a una “nuova visione del mondo” per una sua rifondazione come antropo-politica che vede nella partitocrazia la vera anti-politica, al fine di un rinnovamento radicale del sistema sociale adeguato alle esigenze di ogni gruppo umano, per liberare le potenzialità espressive, creative e relazionali che rimandano a quell’unità mitica tra uomo e natura, tra uomo e uomo, al punto che il mondo sia veramente il nostro mondo.
Valentina Ferraro