Cosa può e deve fare l’Unione Europea per fronteggiare un’emergenza che appare infinita
Le circa settecento persone decedute in seguito all’ennesima tragedia della migrazione sono solo le ultime morti di un’emergenza infinita, che la retorica sfoderata dai politici non riuscirà certo ad arginare. Si continua a parlare di situazione inaccettabile, di eventi che non devono ripetersi mai più, ma se alle parole non seguiranno i fatti dovremo abituarci a quello che si sta trasformando in un vero e proprio bollettino di guerra. Si veda in merito anche un nostro vecchio articolo (link).
Il mar Mediterraneo, in passato fulcro degli scambi culturali e commerciali fra i Paesi che si affacciano sulle sue sponde, è oggi una barriera ostile, un cimitero nel quale sono sepolte le speranze di intere generazioni di migranti. Del resto era facilmente prevedibile che la sospensione dell’operazione Mare Nostrum, varata dall’Italia nel 2013 e molto efficace dal punto di vista dei salvataggi operati, avrebbe avuto come conseguenza l’aumento esponenziale delle vittime. L’operazione Triton, molto più limitata in termini di budget e ridotta ad un raggio d’azione di 30 miglia nautiche contro le 100 di Mare Nostrum, rivela inevitabilmente percentuali di successo di molto inferiori. Chi pensava che una minore tutela dal punto di vista del soccorso avrebbe agito da deterrente sulle persone decise a partire si sbagliava. I flussi migratori non sembrano arrestarsi, e con l’arrivo della bella stagione si può facilmente prevedere un aggravarsi della situazione. Un’emergenza direttamente proporzionale all’aumento dell’instabilità politica, al proliferare dei conflitti che agitano il Medio Oriente, l’Africa del Nord e non solo.
Due le sfide che attendono l’Unione europea: in primo luogo ridurre al massimo il numero delle vittime, contribuendo nel contempo a sviluppare una progettualità che contribuisca alla pacificazione dei conflitti che stanno infiammando l’area del Mediterraneo. Il primo obiettivo è facilmente raggiungibile ripristinando una missione umanitaria ispirata ai principi di Mare Nostrum, con il sostegno e la collaborazione dell’intera Europa.
Il secondo obiettivo risulta molto più complicato. In primo luogo ci troviamo di fronte alla questione libica. Dalle sue coste parte il maggior numero di barconi diretti verso il nostro Paese. In assenza di un’autorità centrale forte, le organizzazioni criminali hanno buon gioco nella gestione dei flussi migratori, alimentando la galassia jihadista che trae vantaggio da questa situazione di instabilità. Occorre comunque affrontare tutti gli scenari nei quali le crisi rischiano di minare in maniera irrecuperabile il tessuto sociale. Inevitabilmente si deve parlare della Siria, dello Yemen, della Somalia, della Nigeria e degli altri Stati africani abbandonati in massa dai propri cittadini i quali, dopo viaggi che si rivelano veri e propri calvari, approdano sulle coste del Mediterraneo per inseguire il miraggio dell’Europa. In quest’ottica fondamentale è l’appoggio di quegli Stati, come la Tunisia e l’Egitto, che gli estremisti vorrebbero precipitare in una spirale del terrore irreversibile, e che invece vanno coinvolti in una strategia comune.
Qualunque sia la scelta adottata per far fronte a queste situazioni emergenziali, certo è che la risposta deve giungere dall’intera Unione Europea, la quale deve finalmente parlare con una voce sola in materia di immigrazione, evitando i particolarismi e sfuggendo quegli interessi individuali che fino ad oggi hanno impedito l’avvio di una vera e propria politica comunitaria al riguardo.
Riccardo Cenci
Foto © 2015 European Parliament