La rivoluzione delle apps

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Le apps potrebbero seriamente rivoluzionare le nostre esistenze, e lo stanno già facendo. Ormai c’è un app per qualsiasi attività che vogliamo svolgere e per ogni ambito della nostra vita. Non solo, l’app economy sta sconvolgendo il mondo del lavoro e il futuro di intere generazioni.

Alzi la mano chi è dotato di uno smartphone e, tra questi, chi utilizza apps dal proprio dispositivo mobile. Se facessimo un sondaggio simile risulterebbe che la maggior parte di noi ha a disposizione una galassia di applicazioni per telefoni, PC o tablet compatibili con i diversi sistemi operativi (IOS, Android, Windows Phone ergo Microsoft), però il più delle volte scegliere all’interno di questo mare magnum sembra arduo. Allora, chi meglio di una app può aiutarci nella ricerca di un’altra app? Un esempio è App Hunter, vera e propria cacciatrice all’interno dello sconfinato mercato delle applicazioni. Ma grazie ad un’app possiamo fare tante altre cose, come: controllare il meteo; calcolare il percorso da un luogo all’altro e valutare le diverse opzioni proposte, magari scegliendo il tragitto più breve o le strade meno trafficate; cercare un locale, un cinema, un ristorante, un qualsiasi luogo di interesse o svago in base a filtri, recensioni e vari criteri di selezione; rintracciare il car sharing e il bike sharing più vicino a noi e noleggiare un mezzo oppure, se la macchina dovesse essere di nostra proprietà e abbiamo la fortuna di parcheggiarla, possiamo pagare il ticket senza perdere tempo; telefonare, videochiamare e messaggiare senza ulteriori costi utilizzando il nostro piano tariffario o collegandoci a una rete Wi-Fi; acquistare ogni genere di bene e prodotto (anche biglietti per concerti, musei, festival e persino dell’autobus); leggere gli articoli di giornale o le pagine di un libro e comprarlo; creare, modificare e condividere contenuti multimediali con i nostri contatti sui social networks e le piattaforme dedicate (un nuovo esempio è offerto dal live streaming di Periscope su Twitter); prenotare una vacanza tra le numerose offerte e poi (volendo) anche recensire la struttura che ci ha ospitato ed i luoghi visitati, e creare un intero itinerario turistico che ci accompagna per tutto il viaggio; controllare il nostro credito e l’utilizzo dei dati e contattare un operatore telefonico; scaricare musica e trovare quell’artista o quella canzone che tanto ci piace, ma di cui non ricordiamo il nome o il titolo, e creare la nostra play list di brani preferiti da ascoltare in piena libertà; possiamo riconoscere prodotti enogastronomici Made in Italy brevettati da quelli contraffatti, grazie a un chip che ci indica il cibo certificato; richiedere assistenza a Cortana, l’assistente vocale di Microsoft che mira a sfidare l’Apple Siri per I-Phone e Google Now (pare che stia già preparando il terreno per Android); accedere ai conti correnti e gestire i nostri soldi grazie al mobile banking a cui stanno aderendo sempre più numerose le banche e gli istituti di credito; ripassare l’inglese o imparare altre lingue straniere; e perché no prenotare una visita medica (sempre se il medico sia al passo coi tempi). Queste sono solo alcune, poche possibilità offerte dalle applicazioni a nostra disposizione. Molte le conosciamo e sono già scaricate sui nostri devices di ultima generazione. Che siano utilizzate per puro svago o per lavoro le apps sono sviluppate su misura, a seconda di ciò che richiedono le nostre vite sempre più frenetiche ed esigenti. La facilità d’uso e la funzionalità sono qualità indispensabili, specialmente quando il tempo per portare a termine tutti gli impegni della giornata è limitato e limitante.

grafico1Quella delle apps è una lotta portata avanti e sostenuta dall’Agenda Digitale Europea, una delle sette iniziative della strategia Europa 2020 che mira a stabilire il ruolo chiave delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. La crisi ha minato anni e anni di progressi economici e sociali, destabilizzando assetti politici e finanziari, nonché culturali agendo su credenze, valori e stili di vita. In pratica ha messo in luce le carenze strutturali dell’economia europea e anche, soprattutto, quelle sociali (disuguaglianze, scarse competenze e mancata integrazione, digital divide). Nella prospettiva di raggiungere alti livelli di occupazione, produttività e coesione sociale l’Agenda Digitale Europea e le iniziative annesse spingono a sfruttare al meglio il potenziale sociale ed economico delle ITC, in particolare di Internet che costituisce il supporto essenziale delle attività socioeconomiche, qualunque esse siano (creare relazioni d’affari, lavorare, giocare, comunicare o semplicemente esprimersi in libertà). Una maggiore diffusione e un uso più efficace delle tecnologie digitali stimolerebbero l’innovazione e la crescita economica per migliorare la vita quotidiana dei cittadini e delle imprese in ambiti come l’assistenza sanitaria, i trasporti, l’ambiente, la comunicazione e l’accesso più agevole ai servizi pubblici e ai contenuti culturali. Lo sviluppo di reti ad alta velocità oggi ha un impatto rivoluzionario fortissimo: grazie all’evoluzione in atto nel settore dell’elettronica di consumo i confini tra i diversi devices stanno scomparendo, i servizi convergono e si spostano dal mondo fisico a quello digitale che è universalmente accessibile su qualsiasi dispositivo (smartphone, PC, tablet, radio digitali, televisori in HD). Si prevede che entro il 2020 i contenuti e le applicazioni digitali saranno forniti quasi interamente online.

I benefici che le persone potrebbero trarre dall’uso delle tecnologie digitali, in quanto cittadini, consumatori o lavoratori, sono limitati da preoccupazioni inerenti la riservatezza e la sicurezza, dalla mancanza o carenza di accesso a Internet, dall’usabilità e da capacità adeguate. Molti europei sembrano delusi dalla mancata realizzazione da parte delle amministrazioni locali di servizi pubblici migliori promessi dalle ICT e, considerato che Internet ha accelerato la concorrenza a livello mondiale in termini di investimenti, posti di lavoro e influenza economica, temono che l’Europa non si sia dotata degli strumenti necessari per prosperare in questo settore in crescita dell’economia della conoscenza. Gli ostacoli alla piena realizzazione di un’Europa digitale sono ancora molti (da questo è nata la proposta lungimirante del Digital Single Market): la frammentazione dei mercati digitali; la mancanza di interoperabilità, le carenze in materia di definizione degli standard, di appalti pubblici e di coordinamento tra amministrazioni pubbliche; l’aumento della criminalità informatica (l’abuso di minori, il furto di identità, gli attacchi informatici) con conseguente calo di fiducia nelle reti (tema legato anche alla tutela dei diritti fondamentali, come i dati personali e la riservatezza); la mancanza di investimenti nelle reti, ossia l’adozione della banda larga per tutti a dispetto dei monopoli e di arbitrarie attribuzioni delle bande dello spettro; l’impegno insufficiente nella ricerca e nell’innovazione (la creatività delle PMI è sottoutilizzata e il vantaggio intellettuale della ricerca non si converte in vantaggio competitivo per le innovazioni basate sul mercato. A tal fine occorre mettere a punto standard, infrastrutture di ricerca comuni e piattaforme aperte per nuovi servizi e applicazioni); la mancanza di alfabetizzazione digitale e competenze informatiche, carenze che escludono molti cittadini dalla società e dall’economia digitale e limitano il forte effetto moltiplicatore sull’aumento della produttività che deriverebbe dall’adozione delle ICT; l’opportunità mancate nella risposta ai problemi della società, come i cambiamenti climatici e le altre pressioni sull’ambiente, l’invecchiamento demografico e i costi sanitari crescenti, lo sviluppo di servizi pubblici più efficienti e l’integrazione delle persone con disabilità, nonché la digitalizzazione del patrimonio culturale europeo per metterlo a disposizione della generazione attuale e di quelle future.

grafico2L’app economy potrebbe risolvere molti di questi problemi, diventati prioritari nell’agenda politica europea. Secondo le stime della Portio Research il mercato delle apps è in forte crescita e il trend sembra confermare le previsioni: entro la fine del 2017 gli utilizzatori nel mondo saranno 4,4 miliardi, numero ben 4 volte maggiore a quello attuale; nel solo 2012 ha fatturato 12 miliardi di dollari e la cifra aumenterà a 60 miliardi nel 2017. La maggior parte delle apps scaricate dagli utenti sono free (il 90%), dunque da dove derivino gli ingenti ricavi sopra menzionati se quasi nessuno è disposto a pagare? I conti sono semplici. Nel futuro prossimo aumenterà il numero di acquirenti di smartphone, al che aumenterà la richiesta di apps che verranno concesse gratuitamente, e il guadagno avrà due fonti: la “app-in purchase”, una strategia di business che permette di scaricare una app gratis e di acquistare contenuti a secondo delle esigenze; l’opzione “try-before-you buy purchasing“, che permette agli utenti di scaricare gratis la preview dell’app (ad esempio di un gioco), provarla e poi decidere se acquistarla o meno. Ulteriore alternativa è l’advertising network, ossia una forma di pubblicità online creata in sintonia con la pagina o i contenuti del sito sul quale è ospitata. Facebook e Twitter sono stati i precursori di questo nuovo modo di fare pubblicità e stanno ridefinendo le regole del gioco per l’intero mercato. Poi c’è il settore della messaggistica. Da quando nacquero gli SMS nel lontano 1994 molte cose sono cambiate: entro il 2017 i ricavi dal loro traffico diminuirà drasticamente a favore dell’instant messaging delle imprese OTT (over-the-top), che passerà dai 36 miliardi di dollari di ricavo del 2015 a 45 miliardi nel 2017. Queste nuove imprese hanno incrementato vertiginosamente i loro utilizzatori: da 1,7 miliardi attuali se ne ipotizzano 2,5 miliardi entro il 2017. Le più imponenti già nel 2013, poco dopo la loro diffusione, contavano introiti da capogiro: WhatsApp con 300 milioni di dollari, Viber con 200 milioni, WeChat con 300 milioni, iMessage con 250 milioni.

Inoltre, per rispondere alla questione della security e della privacy esistono oggi una serie di start-up che stanno cercando di offrire soluzioni per proteggere non solo gli utenti, ma gli stessi sviluppatori attraverso software di sicurezza per le apps relativi a contenuti, dati sensibili del cliente-utente e codici che proteggono dall’intrusione di hacker. Tale sistema ha doppi benefici: consente agli sviluppatori di conquistarsi la fiducia dei consumatori, e gli garantisce la possibilità di sperimentare e provare le proprie creazioni in modo trasparente.

Dove è possibile scorgere i vantaggi in termini di occupazione e di crescita economica? Lo studio “Sizing the EU app economy” del febbraio 2014 condotto dal GIGAOM Research per la Commissione europea stima che entro il 2018 il mondo delle apps impiegherà 5 milioni di persone nei settori del marketing, della comunicazione e dell’amministrazione. La app economy aprirà nuovi sbocchi occupazionali, oltre a dare un forte sostegno all’economia con un contributo ipotizzato di circa 63 miliardi di euro. L’Europa è al vertice nella produttività degli sviluppatori di app: secondo le stime, ben 28 società europee (di cui l’86% sono grandi compagnie, il 9% sono piccoli sviluppatori indipendenti) hanno realizzato il 40 % delle migliori applicazioni anche per gli Stati Uniti. Dunque, le apps non avranno solo la funzione di agevolare le vite delle persone, ma apporteranno benefici all’interno dei processi produttivi delle imprese: una piccola impresa su quattro, infatti, utilizza le applicazioni per gestire le sue attività, dalla fidelizzazione del cliente all’ottimizzazione delle risorse di magazzino, e ogni fase organizzativa viene condotta via web.

grafico3I livelli occupazionali che saranno raggiunti dall’app economy vedono aumentare il numero di piccoli sviluppatori indipendenti, in parallelo con i ricavi percepibili da questo tipo di impiego. I profili professionali attivati, oltre agli sviluppatori, saranno i testers, i designers e gli esperi di UI (User Interface) e UX (User Experience). In aggiunta a questi, le nuove professioni generate proprio dall’app economy prevedono tutte quelle attività collaterali e aggiuntive: per le piccole imprese indipendenti serviranno sales executive, per le imprese più grandi saranno rilevanti settori come Human Resources, management e IT support. La forza lavoro nel mercato europeo delle apps nel 2013 era di 1,8 milioni, che includeva 0,8 milioni di lavori di supporto in aggiunta agli sviluppatori. Nel 2018 le sole figure professionali addizionali di supporto arriveranno a 2,1 milioni per un totale di forza lavoro nell’app economy di 4,8 milioni. Sono in aumento le piccole società indipendenti e gli sviluppatori singoli che arriveranno al 24% della forza lavoro.

L’app economy, dunque, sembra incoraggiare la piccola imprenditoria, le idee innovative, la creatività, l’intelligenza, la tenacia e la sostenibilità. Imprenditori di se stessi, ecco cosa chiede di essere. Sembra offrire i mezzi e le risorse per uscire dai bui anni della crisi, per risollevare l’economia europea, per accelerare il processo d’integrazione dei mercati digitali, per sostenere le vite dei cittadini in qualità di consumatori e di lavoratori, garantendo loro una maggiore inclusività a patto che ne accolgano benevolmente i cambiamenti, senza subirne passivamente le conseguenze. Questo vuol dire saper sfruttare appieno i vantaggi promessi dall’innovazione tecnologica attraverso, anche, lo sviluppo di nuove figure professionali e il rinnovamento di altre, in concomitanza con la nascita di nuovi skills e di competenze sempre più specialistiche. Farsi cogliere preparati, allora, servirà ad essere attori protagonisti di questa rivoluzione in atto.

 

Fonti:

Un’agenda digitale europea – Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni – COM/2010/0245.

Portio Research – Mobile Applications Futures 2013-2017.

GIGAOM Research – Sizing the EU app economy (February 2014).

 

Piera Feduzi

Grafici © GIGAOM Research 2014

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Piera Feduzi
Nata a Roma, classe 1989. Formazione classica, poi una laurea triennale in Comunicazione pubblica e d'impresa presso il Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale della Sapienza. Iscritta alla magistrale in Professioni dell'editoria e del giornalismo, prosegue il percorso di studi per approfondire quella che è da sempre la sua passione, scrivere. Attualmente internship in Tia Formazione (www.tiaformazione.org). Segue tematiche legate alle politiche europee e all'imprenditorialità.

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